Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.8040 del 21/03/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4510-2015 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Gianfilippo Passante;

– ricorrente –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Patrizia Pino;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 114/2014 della Corte di appello di Catania depositata il 23/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 4 luglio 2018 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il restante;

udito l’Avv.to Patrizia Pino, per parte resistente.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 21 marzo 2012 S.G. evocava dinnanzi il Tribunale di Caltagirone – Sezione distaccata di Grammichele, M.M. chiedendo il trasferimento dell’immobile sito in *****, ai sensi dell’art. 2932 c.c., oggetto di contratto preliminare concluso fra le parti il 31.07.2003 con riduzione del prezzo.

Con sentenza n. 15/2012 il giudice adito accoglieva la domanda, rigettate quelle riconvenzionali di risoluzione del contratto per inadempimento e di risarcimento dei danni proposte dal convenuto.

Il M. interponeva appello avverso la sentenza e la Corte d’Appello di Catania respingeva il gravame per non specificità delle doglianze, oltre a non essere pertinenti rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata.

Avverso detta sentenza il M. propone ricorso per cassazione formulando due motivi, cui resiste il S. con controricorso.

Il ricorso – previa relazione stilata dal nominato consigliere delegato – è stato inizialmente avviato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380-bis c.p.c., avanti alla sesta sezione civile – 2. All’esito dell’adunanza camerale tenuta in data 05.12.2016, con ordinanza interlocutoria n. 18158 del 2017 depositata il 21.07.2017, è stato rimesso alla pubblica udienza dinanzi alla seconda sezione per carenza dell’elemento dell’evidenza decisionale.

Il controricorrente ha depositato memoria illustrativa in prossimità della pubblica udienza, presentata dal ricorrente per l’adunanza camerale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo il ricorrente lamenta che nel giudizio, promosso ex art. 2932 c.c. nei confronti di uno solo dei coniugi in regime di comunione legale ex art. 177 c.c., non sia stato evocato anche l’altro coniuge, litisconsorte necessario ex artt. 102 c.p.c., per cui sia il giudice di primo grado che quello di appello avrebbero dovuto integrare il contraddittorio nei confronti del coniuge pretermesso.

Il motivo è fondato.

Le sezioni unite di questa Corte, risolvendo un contrasto insorto tra le sezioni semplici, hanno affermato che in caso di contratto preliminare stipulato senza il consenso dell’altro coniuge, quest’ultimo deve considerarsi litisconsorte necessario del giudizio per l’esecuzione specifica del contratto (Cass. Sez. Un. 24 agosto 2007 n. 17952) proprio perchè detto coniuge è ancora titolare di una situazione giuridica inscindibile, che lo rende litisconsorte necessario nel giudizio di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre e l’eventuale decisione, in assenza di contraddittorio, sarebbe inidonea a spiegare i propri effetti, cioè a produrre un risultato utile e pratico, anche nei riguardi delle sole parti presenti, stante la natura plurisoggettiva e concettualmente unica ed inscindibile del rapporto. Infatti l’essere ciascun coniuge titolare del bene per l’intero, e dell’intero poter disporre, non può implicare, di per sè, che debba escludersi la necessaria partecipazione dell’altro coniuge al giudizio nel quale sì discuta della traslazione del bene stesso, evento rispetto al quale non può negarsi l’interesse ad interloquire del detto altro coniuge, pur sempre comproprietario del bene stesso; al momento dell’introduzione del giudizio ex art. 2932 c.c., il coniuge promittente venditore non ha già efficacemente alienato il bene, così che il coniuge rimasto estraneo al negozio non ha perso, contestualmente alla stipulazione del preliminare, la propria contitolarità sul bene, non potendosi attribuire a tale tipo di contratto l’effetto traslativo, estraneo alla sua funzione ed alla sua natura.

Nel momento in cui il coniuge promittente venditore si rende inadempiente e costringe il promissario acquirente all’azione d’esecuzione specifica, l’altro coniuge, che non abbia partecipato al negozio nè vi abbia prestato altrimenti il proprio consenso, è ancora contitolare del bene e su di esso legittimato ad esercitare i suoi poteri di amministrazione congiunta, atteso l’effetto solo obbligatorio del preliminare, per cui l’attività negoziale posta in essere dal coniuge promittente con l’impegnarsi ad alienare non ha prodotto ancora l’effetto di sottrarre il bene al patrimonio comune ed alla contitolarità su di esso di entrambi i comproprietari, onde il coniuge rimasto estraneo al preliminare è ancora titolare di una situazione giuridica inscindibile che lo rende litisconsorte necessario nel giudizio di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre.

Ciò premesso, si deve osservare che la domanda di esecuzione in forma specifica del contratto è stata formulata dal M., ed accolta dai giudici di merito, rispetto ad un bene immobile in riferimento al quale non è stato effettuato alcun accertamento quanto al regime patrimoniale coniugale del promittente venditore, esistente al momento del perfezionamento dell’attività negoziale ovvero dell’introduzione del giudizio, omettendo così di rilevare il difetto di integrità del contraddittorio per mancata evocazione in giudizio anche dell’altro coniuge comproprietario.

Pur vero che nei rapporti con i terzi ciascun coniuge, mentre non può disporre della propria quota, ben può disporre dell’intero bene comune, tuttavia il consenso del coniuge pretermesso, che non è atto autorizzativo nel senso di atto attributivo di un potere, ma piuttosto nel senso di atto che rimuove un limite all’esercizio di un potere e requisito di regolarità del procedimento di formazione dell’atto di disposizione, diviene requisito necessario per l’esecuzione in forma specifica di un preliminare di vendita immobiliare, per il quale non vi è stata la sottoscrizione di entrambi i coniugi in comunione legale (si ribadisce, non necessaria), atteso che la posizione giuridica del coniuge non promittente, quale comproprietario “ex lege” del bene, è inevitabilmente coinvolta nella suddetta controversia, con la conseguenza che ove, come nella specie, non sia parte del giudizio, si avrà l’impossibilità che gli effetti del contratto non concluso si producano nei confronti di siffatto soggetto.

La mancata rilevazione, anche di ufficio, del vizio di difetto di contraddittorio in primo grado da parte del giudice di appello, vizia l’intero procedimento. Entro questi confini il primo motivo deve essere accolto.

Con la seconda censura il ricorrente lamenta l’omesso esame da parte del giudice, rispetto alla domanda relativa alla riduzione del prezzo, di circostanza decisiva, quale la presenza di vizi della cosa oggetto di promessa di vendita già in epoca anteriore alla stipula del preliminare.

Il motivo è assorbito dall’assoluta pregiudizialità della questione posta con la prima censura.

In conclusione, l’accoglimento del primo mezzo, per essere stata incontestabilmente pretermessa la coniuge del promittente venditore, impone in sede di cassazione l’annullamento di entrambe le pronunce ed il rinvio della causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 383 c.p.c., penultimo comma (cfr Cass. 11 ottobre 2005 n. 19757; Cass. 11 febbraio 1997 n. 1258).

Il giudice del rinvio provvederà anche al governo delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

cassa la sentenza impugnata, dichiara la nullità della sentenza del Tribunale di Caltagirone (Sezione distaccata di Grammichele) n. 15 del 2012 e degli atti successivi, e rimette la causa a quest’ultimo, anche per le spese giudiziali.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda civile, il 4 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472