LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13074-2017 proposto da:
D.P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CARMINE LATTARULO;
– ricorrente –
contro
DONAU VERSICHERUNG INSURANCE GROUP, in persona dei rappresentanti, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO VOLANTI, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA PANARELLI;
– controricorrente –
e contro
D.P.C., F.M.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 3419/2016 del TRIBUNALE di TARANTO, depositata il 06/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott. RUBINO LINA.
RILEVATO
che:
D.P.G. chiede, affidandosi ad un ricorso articolato su cinque motivi e notificato il 18-19/05/2017, la cassazione della sentenza n. 3419 del 06/12/2016 del Tribunale di Taranto, di rigetto, in riforma della sentenza di primo grado del Giudice di pace di San Giorgio Ionico, della sua domanda di risarcimento dei danni patiti alla persona quale trasportato sul veicolo di proprietà di D.P.C., condotto da F.M. ed assicurato da Donau Versicherung Insurance Group (di seguito anche solo Donau),che tamponava altro veicolo di proprietà di D.S.. In particolare, il giudice di primo grado condannava la Donau a risarcire i danni all’odierno ricorrente, ma il giudice di appello accoglieva l’appello della Donau. Nessuna indicazione vi è nel ricorso, nella parte dedicata alla sommaria esposizione dei fatti di causa, sul contenuto della motivazione della sentenza impugnata.
2. Resiste la Donau con controricorso.
3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta infondatezza dello stesso.
4. Il decreto di fissazione dell’adunanza camerale e la proposta sono stati comunicati alle parti costituite.
5. Non sono state depositate memorie.
CONSIDERATO
che:
1. Ritiene il collegio di condividere le conclusioni cui è pervenuto il relatore nel senso della manifesta infondatezza del ricorso.
2. Il ricorrente si duole, col primo motivo, di “violazione degli artt. 331,307,338,153,324,325 e 327 c.p.c., dell’art. 2909 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”, reputando irrimediabilmente viziato l’appello da Donau proposto deliberatamente pretermettendo, fin dall’impostazione del relativo atto introduttivo, i litisconsorti necessari F. e d.P.: ma il motivo è manifestamente infondato, visto che il meccanismo processuale disciplinato dall’art. 331 c.p.c. sana, se applicato in modo corretto, ogni eventuale vizio di instaurazione del contraddittorio nei confronti di tutte le parti delle cause inscindibili, a prescindere da come abbia strutturato l’atto introduttivo del gravame, poichè anche la giurisprudenza citata dal ricorrente non commina l’inammissibilità del mezzo di impugnazione quale conseguenza della consapevole pretermissione dei litisconsorte nell’atto indicato, non distinguendo ormai più tra queste ipotesi e quelle di indicazione del pretermesso tra i destinatari del gravame (v., fra molte: Cass. 27/05/2015, n. 10934); infatti, l’omessa notifica dell’impugnazione ad un litisconsorte necessario non si riflette sull’ammissibilità o sulla tempestività del gravame, che conserva, così, l’effetto di impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, ma determina solo l’esigenza dell’integrazione del contraddittorio, iussu iudicis (Cass. 31/07/2013, n. 18364): tanto che è reiterata l’affermazione della nullità – rilevabile anche ex officio iudicis – della sentenza di gravame pronunciata a contraddittorio non integro (da ultimo: Cass. ord. 09/05/2018, n. 11156); del resto, le esigenze del processo litisconsortile vanno interpretate, a tutela del diritto di difesa proprio del litisconsorte pretermesso, nel senso della recuperabilità del processo anche nei suoi confronti, perfino ove sia stato del tutto trascurato nella formazione del relativo atto introduttivo: e, nella specie, espressamente il giudice di appello dà atto, oltretutto con passaggio motivazionale non attinto da valida censura, dell’impartito ordine di integrazione e della sua ottemperanza da parte dell’appellante, sicchè validamente è stata applicata la norma richiamata, in coerenza col seguente principio di diritto: “poichè l’omessa notifica dell’impugnazione ad un litisconsorte necessario non si riflette sull’ammissibilità o sulla tempestività del gravame, che conserva, così, l’effetto di impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, al fine di evitare una nullità rilevabile anche di ufficio nei gradi successivi il giudice dell’impugnazione deve ordinare l’integrazione del contraddittorio anche quando il litisconsorte necessario pretermesso non sia stato neppure indicato o presupposto nell’atto di gravame”.
Alla disamina degli altri motivi va premessa: da un lato, la riaffermazione della necessità che, per consentire a questa Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, nel ricorso si rinvengano sia l’indicazione della sede processuale di produzione dei documenti o di adduzione delle tesi su cui si fondano ed in cui si articolano le doglianze stesse, sia la trascrizione dei primi e dei passaggi argomentativi sulle seconde (tra le innumerevoli, v.: Cass. ord. 01/12/2017, n. 28908; Cass. ord. 26/08/2014, n. 18218; Cass. ord. 16/03/2012, n. 4220; Cass. Ric 2017 n. 12323 sez. M3 – ud 27-06-2018 01/02/1995, n. 1161; Cass. 12/06/2002, n. 8388; Cass. 21/10/2003, n. 15751; Cass. 24/03/2006, n. 6679; Cass.17/05/2006, n. 11501; Cass. 31/05/2006, n. 12984; Cass. ord.3t/07/2010, n. 1715, resa anche ai sensi dell’art. 160-bis c.p.c., n. 1; Cass. 31/07/2012, n. 13677; tra le altre del solo 2014: Cass. 11/02/2014, nn. 3018, 3026 e 3038; Cass. 06/02/2014, n. 2712, anche per gli errores in procedendo; Cass.05/02/2014, n. 2608; ancora: Cass. Sez. U. 04/04/2016, n. 6451; Cass. Sez. U. 01/07/2016, n. 13532; Cass. Sez. U. 04/02/2016, n. 2198); dall’altro lato, la manifesta inammissibilità di qualunque censura basata su pretesa erroneità della valutazione degli elementi documentali: ove non vi siano i soli gravissimi vizi motivazionali oramai rilevanti dopo la novella del 2012 dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (di cui a Cass. Sez. U. nn. 8053, 8054 e 19881 del 2014), gli apprezzamenti di fatto restano istituzionalmente riservati al giudice del merito (per consolidato insegnamento, su cui, per tutte, Cass. Sez. U. 12/10/2015, n. 20412).
Tanto premesso, si osserva come il D.P. denunci, col secondo motivo, “violazione degli artt. 324,115,116 c.p.c., dell’art. 2909 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, per non avere il giudice di appello tenuto in considerazione una sentenza, del 30/09/2014, del medesimo giudice di primo grado sullo stesso sinistro, basata sulla stessa ricostruzione dei fatti addotta da esso ricorrente e prodotta in udienza con invocazione dell’efficacia riflessa del relativo giudicato. Ma la redazione del motivo non rispetta il primo requisito preliminare appena indicato, visto che la sua scarna enunciazione (piè di pag. 6 e pag. 7) non dà modo di apprezzare le circostanze indicate come decisive; e tutto ciò rende inammissibile la doglianza, a prescindere da ogni dubbio sulla novità dell’elemento istruttorio, che non si deduce di non avere potuto produrre, benchè successivo all’instaurazione del giudizio di appello, prima dell’ud. 30/09/2015.
Il D.P. si duole poi: col terzo motivo, di “violazione degli artt. 324,329 e 346 c.p.c. e conseguente violazione del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 143, degli artt. 115,116,215 e 229 c.p.c., degli artt. 2702 e 2735 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 “; col quarto motivo, di “violazione degli artt. 115,116,228 e 229 c.p.c., nonchè degli artt. 2730 e 2733 c.c.; col quinto motivo, di “omessa motivazione in punto di valutazione delle prove orali, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.
I motivi, congiuntamente esaminati, si risolvono in una pretesa di riconsiderare una finale e complessiva valutazione del materiale probatorio, sempre riservata al giudice del merito, ove – come nella specie – scevra dai soli gravissimi vizi motivazionali sopra ricordati come ammessi dopo la novella dell’art. 360 c.p.c., n. 5: mentre l’apprezzamento della singolare circostanza del coinvolgimento degli stessi soggetti in altri sinistri, tutti ai danni della stessa compagnia assicuratrice nel medesimo torno di tempo, rimane un elemento di contorno ed un parametro di riscontro del complessivo materiale, di cui permane insindacabile la così globalmente effettuata loro qualificazione come inidonei ed inattendibili, anche in relazione alla non puntualità – non smentita, del resto, da un’adeguata riproduzione in ricorso dei relativi passaggi testuali, ma assunta anch’essa come parametro e quindi non in violazione di norme processuali sui poteri del giudice – delle descrizioni della dinamica date in precedenza.
La manifesta infondatezza del primo motivo e l’inammissibilità degli altri comporta il rigetto del ricorso, con condanna del soccombente ricorrente alle spese del presente giudizio, di cui disporre l’attribuzione al suo difensore per essersene quegli dichiarato antistatario.
Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.
PQM
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente e con attribuzione al suo difensore per dichiaratone anticipo, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso da lui proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019
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