LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16520/2015 proposto da:
RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., P.IVA *****, (già FERROVIE DELLO STATO S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA BENEDETTO CAIROLI 2, presso lo studio dell’avvocato ANGELO ABIGNENTE, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAVOUR 221, presso lo studio dell’avvocato FABIO FABBRINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LEOPOLDO SPEDALIERE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 9306/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 19/12/2014, R.G.N. 797/2014.
RILEVATO
che:
1. con sentenza n. 9306 pubblicata il 19.12.2014, la Corte d’appello di Napoli ha respinto l’appello proposto da Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. confermando la pronuncia di primo grado di condanna della predetta società al pagamento, in favore di D.M., della somma di Euro 42.626,59 a titolo di differenze retributive, nonchè alla costituzione della riserva matematica presso l’Inps per i contributi non versati e prescritti e alla regolarizzazione della posizione contributiva;
2. la Corte territoriale ha dato atto che con sentenza del Tribunale di Napoli n. 17885/1998, confermata in appello e in cassazione, era stata accertata la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a far data dal 10.7.1995, con diritto del sig. D. all’inquadramento nella qualifica professionale di ausiliario di stazione e condanna generica della società al pagamento delle differenze retributive;
3. ha escluso che il lavoratore avesse illegittimamente frazionato il credito per differenze retributive ritenendo che la pluralità di procedimenti instaurati fosse conseguenza della condotta datoriale;
4. ha precisato come i conteggi fossero stati effettuati in base alle ore di lavoro contabilizzate nei prospetti paga;
5. ha confermato il capo di sentenza sulla costituzione della riserva matematica sul rilievo della intervenuta prescrizione quinquennale dei contributi relativi al periodo 10.7.1995 – 10.9.2005;
6. avverso tale sentenza Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso il sig. D.;
7. Rete Ferroviaria Italiana ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c..
CONSIDERATO
che:
8. col primo motivo di ricorso Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per omessa motivazione circa un punto decisivo che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e nullità della sentenza per motivazione apparente;
9. ha evidenziato una contraddizione tra la pronuncia d’appello e la documentazione dalla stessa richiamata; in particolare, per non avere la Corte d’appello detratto dal conteggio delle differenze retributive relative al periodo 1995 – 1997 le somme percepite dal lavoratore come dipendente part time della SO.G.A.F. s.r.l.;
10. col secondo motivo di ricorso la società datoriale ha sollevato analoga censura relativamente alle somme riconosciute al D. per il periodo dal luglio 1997 (data di risoluzione del rapporto con SO.G.A.F. s.r.l.) al febbraio 2000 (data di ricostituzione del rapporto ad opera di F.S.), durante il quale nessuna prestazione era stata eseguita dal lavoratore;
11. col terzo motivo la ricorrente ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1175 c.c. e dell’art. 111 Cost., per l’illegittimo frazionamento della domanda proposta dal D.;
12. col quarto motivo di ricorso Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, omessa motivazione circa un punto decisivo che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e nullità della sentenza per motivazione apparente, quanto all’erronea determinazione delle somme necessarie per la costituzione della rendita a seguito di omissione contributiva;
13. i primi due motivi di ricorso, che propongono analoghe censure in riferimento a due distinti periodi del rapporto di lavoro, presentano plurimi profili di inammissibilità;
14. la società ricorrente ha denunciato una contraddizione della sentenza rispetto alla “realtà documentale” (e alla c.t.u. svolta in primo grado) che, anzitutto, ha del tutto omesso di trascrivere nel corpo del ricorso; nè ha allegato e riportato di aver contestato le conclusioni del c.t.u. e proposto specifici motivi di appello sui conteggi elaborati e sui dati presi a base del calcolo delle differenze retributive;
15. occorre inoltre considerare come, in base il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis (sentenza d’appello del 2014), il sindacato di legittimità sulla motivazione debba intendersi limitato al minimo costituzionale, con la conseguenza che l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di qualsiasi rilievo del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. S.U. n. 8053 del 2014);
16. si è ulteriormente precisato che di “motivazione apparente” o di “motivazione perplessa e incomprensibile” può parlarsi laddove essa non renda “percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass. S.U. n. 22232 del 2016);
17. tali caratteristiche non si rinvengono nella sentenza impugnata la cui motivazione consente di percepire il percorso logico seguito dalla Corte territoriale, che ha confermato la statuizione di primo grado resa in conformità ai calcoli eseguiti dal c.t.u. sulla base della documentazione rappresentata dai fogli paga;
18. peraltro, l’esame di qualsiasi vizio motivazionale risulta precluso dall’operatività della disciplina c.d. della doppia conforme di cui all’art. 348 ter c.p.c. (ricorso in appello del 13.3.2014), non avendo la società ricorrente neanche dedotto la diversità la diversità tra le ragioni di fatto poste a base delle decisioni di primo e secondo grado (cfr. Cass. n. 26774 del 2016; n. 5528 del 2014);
19. inammissibile è anche il terzo motivo di ricorso atteso che la società ha omesso di riportare specificamente le domande proposte dal lavoratore nei distinti procedimenti (procedimento monitorio e procedimento definito con sentenza del Tribunale di Napoli del 15.7.05), con indicazione di petitum e causa petendi e del destinatario della pretesa azionata, nonchè le pronunce singolarmente ottenute; dati tutti necessari al fine di evidenziare i presupposti del dedotto frazionamento del credito;
20. per il quarto motivo valgono i rilievi di inammissibili già esposti sui primi due motivi di ricorso; la società ha censurato la motivazione della sentenza quanto al calcolo della riserva matematica relativa al periodo di omissione contributiva senza trascrivere, neanche per estratto, i tratti salienti della c.t.u. i cui conteggi sono stati recepiti nella sentenza d’appello, senza allegare di aver sollevato obiezioni e rilievi ai criteri di calcolo utilizzati dal c.t.u.;
21. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
22. la regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo;
23. si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie al 15% e accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avv. L. Spedaliere e dell’avv. F. Fabbrini, antistatari.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13 comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 6 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2019