Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.133 del 08/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17550/2015 R.G. proposto da:

T.B., rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Brandimarti, con studio legale in Offida, c.so S. Aureo, n. 42, presso il quale elegge domicilio;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE CASTIGNANESE s.d.f., in persona del socio amministratore p.t. A.V.F., rappresentata e difesa dall’avv. Cristiano Annibali, elettivamente domiciliata in Roma, via F.

Civinini, n. 12, presso lo studio dell’avv. Luca Spingardi;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona n. 649/2014, depositata in data 12/08/2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 aprile 2019 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO Ritenuto che:

– il Tribunale di Ascoli Piceno, con sentenza del 25.5.2005, rigettava la domanda proposta da T.B., volta ad ottenere la risoluzione del contratto di appalto stipulato il 28.01.1995 con la Immobiliare Castignanese s.d.f. per inadempimento della convenuta all’obbligazione di realizzazione dei muri di sostegno come contrattualmente previsto e, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dalla ditta appaltatrice, condannava l’attore al pagamento del corrispettivo per i lavori extra contratto effettuati dalla medesima Immobiliare. A fondamento della decisione il giudice di primo grado rilevava che nessuna obbligazione di realizzazione dei muri di sostegno poteva ritenersi sorta in capo all’Immobiliare per non essere l’oggetto del contratto sul punto fornito del necessario requisito della determinatezza e/o determinabilità, giacchè dalla lettura del contratto non veniva individuata nè la collocazione nè la conformazione di siffatte pareti;

– in virtù di appello interposto dal T., la Corte di appello di Ancona, con sentenza n. 649/2015, rigettava il gravame, confermando la sentenza di primo grado, condividendo le medesime argomentazioni;

– per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Ancona ricorre il T. sulla base di tre motivi;

– l’Immobiliare Castignanese resiste con controricorso.

Atteso che:

– con il primo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1655,1362 e 1363 c.c., per avere la sentenza impugnata ravvisato la nullità del contratto di appalto del 28.01.1995 per indeterminatezza dell’oggetto, nonostante fossero state, nella scrittura intercorsa tra le parti, precisate le zone e l’ambito in cui dovevano essere costruiti i muri di sostegno. A detta del ricorrente, l’oggetto del contratto doveva ritenersi sufficientemente definito, senza necessità di alcun progetto di dettaglio o successivo accordo per la sua realizzazione.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e art. 112 c.p.c., nonchè dell’art. 1218 c.c. A detta del ricorrente, la motivazione della Corte di merito sarebbe illogica assumendo, da un lato, l’indeterminatezza dell’obbligo di costruzione dei muri da parte dell’Immobiliare e affermando, dall’altro, che le variazioni richieste in corso d’opera dal committente avrebbero reso impossibile l’esecuzione dell’opera da parte della ditta appaltatrice, non avendo peraltro la ditta dedotto, nel corso del giudizio, alcuna impossibilità sopravvenuta della prestazione.

La censure, che possono essere trattate congiuntamente vertendo entrambe sulla medesima questione della determinatezza (o meno) dell’oggetto della prestazione, meritano accoglimento per le ragioni di seguito illustrate.

I giudici di appello hanno respinto la domanda di risoluzione del contratto di appalto proposta dal ricorrente sull’essenziale rilievo che dal contratto non emergerebbero le caratteristiche della conformazione e della collocazione dei muri di sostegno oggetto dell’obbligazione. Da ciò discenderebbe l’indeterminatezza dell’oggetto dell’appalto, per cui nessuna obbligazione di realizzazione dei muri de quibus poteva rinvenirsi in capo all’Immobiliare Castignanese.

Orbene, l’interpretazione di un atto negoziale rimane un accertamento in fatto riservato al giudice di merito, fintantochè la motivazione non sia inadeguata ovvero violi i canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e ss. e deve essere volta a far sì che il contratto o le singole clausole possano avere qualche effetto, anzichè in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno. A tal fine, in mancanza di una norma di legge che stabilisca in che modo deve essere identificato o reso identificabile l’oggetto del contratto, ogni mezzo può essere utilizzato dal giudice, non essendo escluso che l’identificazione possa avvenire mediante elementi acquisiti aliunde, con riferimento ad altri atti e documenti collegati a quello oggetto di valutazione ovvero con i criteri che il contratto stesso e la pratica delle cose possono suggerire (Cass. n. 2665 del 1987).

Nella specie, come emerge peraltro dalla lettura della sentenza, il contratto di appalto prevedeva “la realizzazione dei muri contro terra sui lati nord ed est del fabbricato” con il superamento “in qualsiasi punto di cm 30 del piano di campagna”.

E’, pertanto, possibile identificare, sulla scorta dei dati fissati in contratto, con sufficiente precisione l’oggetto dell’obbligazione posta in capo alla ditta appaltatrice, consistente nella costruzione dei muri sui confini nord ed est del fabbricato, precisandosi che sui muri “sarà posta in opera una recinzione con rete e paletti in ferro plastificati dell’altezza di mt 1,20”. Del resto si trattava di muri in funzione di contenimento.

L’oggetto del contratto non poteva, dunque, considerarsi indeterminato, laddove, sulla base delle espressioni contenute nella scrittura del 28.01.1995, era possibile pervenire alla sua individuazione.

Per la determinazione dell’oggetto del contratto di appalto non è, infatti, necessario che l’opera sia specificata in tutti i suoi particolari, ma è sufficiente che ne siano fissati gli elementi fondamentali. Ne consegue che le eventuali deficienze ed inesattezze riguardanti taluni elementi costruttivi non costituiscono causa di nullità del contratto quando non siano rilevanti ai fini della realizzazione dell’opera e consentano una agevole individuazione della stessa, nella sua consistenza qualitativa e quantitativa, mediante il ricorso ai criteri generali della buona tecnica costruttiva e alle cosiddette regole d’arte, le quali devono adeguarsi alle esigenze e agli scopi cui l’opera e destinata (Cass. n. 1588 del 1979).

Alla stregua di tali principi, nella specie, ai fini dell’identificazione dell’oggetto della prestazione non era indispensabile che le parti indicassero, in modo completo e dettagliato, la distanza dal fabbricato dei muri e l’entità dello sbancamento del terreno, risultando sufficiente l’accordo delle parti sugli elementi essenziali in merito alla collocazione (confini nord ed est del fabbricato) e alla conformazione dei muri di sostegno, idonei a consentire in modo inequivoco l’identificazione dell’obbligazione.

A fronte di detti oggettivi rilievi, la Corte di merito ha affermato che i suddetti muri avrebbero potuto avere diverse collocazioni e ha richiamato la necessità di un successivo accordo sul punto, non previsto dalle parti, data la possibile variazione del costo dell’opera.

Così statuendo, i giudici si sono posti in contrasto con il tenore letterale della pattuizione, discostandosi dai canoni legali d’interpretazione previsti dagli artt. 1362 c.c. e ss., non potendo la variazione del costo dell’opera incidere sulla determinabilità dell’oggetto del contratto;

– con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 116 c.p.c., nonchè dell’art. 2702 c.c.. A detta del ricorrente, l’importo riconosciuto come ricevuto dalla ditta appaltatrice, pari a Lire 315.946.571,00, sarebbe minore di quello da lui effettivamente corrisposto, pari a Lire 336.526.571,00. Tale importo risulterebbe dalla corretta addizione dei 10 documenti contabili prodotti in giudizio, con conseguente riduzione dell’ammontare del debito, previa detrazione dei costi dei due muri non realizzati dall’Immobiliare.

Il motivo deve ritenersi assorbito dall’accoglimento delle prime due censure.

Conclusivamente, vanno accolti i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo.

La sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione, che procederà all’esame del contratto di appalto concluso fra le parti alla luce dei principi sopra illustrati.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità, a norma dell’art. 385 c.p.c., u.p..

P.Q.M.

La Corte, accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbito il terzo;

cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte di Cassazione, il 8 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2020

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