LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19070/2015 proposto da:
C.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO 32, presso lo studio dell’avvocato GUIDO BRUNO CRASTOLLA, rappresentata e difesa dall’avvocato PIERO MONGELLI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di LECCE, depositata il 10/12/2014, procedimento R.G.n. 7416/2013, Rep. 2097/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/06/2019 dal Consigliere Dott. GRASSO.
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che la vicenda sottoposta al vaglio di legittimità può riassumersi nei termini seguenti:
a fronte della liquidazione, operata con decreto dal Tribunale di Lecce, in favore dell’avv. C.L., a titolo di onorario per l’assistenza di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato in un giudizio civile, con il decreto di cui in epigrafe il Giudice delegato dal Presidente, parzialmente accogliendo l’opposizione liquidava in favore della professionista la complessiva somma di Euro 1.500,00, corrispondente alla metà di quanto posto in favore dell’Erario con la sentenza che aveva definito il giudizio;
C.L. ricorre avverso la statuizione di cui sopra sulla base di unitaria censura, nel mentre l’Amministrazione è rimasta intimata;
ritenuto che il motivo, con il quale la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82, 130 e 133, nonchè dell’art. 91, c.p.c., anche in relazione al combinato disposto del D.L. n. 1 del 2012, convertito nella L. n. 27 del 2012 e del D.M. n. 149 del 2012 e D.M. n. 55 del 2014, lamentando che in siffatta maniera lo Stato si era ingiustamente arricchito avendo incamerato un rimborso di Euro 3.000,00, posto a carico dell’altra parte (quella non difesa dalla ricorrente), soccombente nel giudizio, a fronte di un esborso, che, pur aumentato col provvedimento che aveva definito l’opposizione, era solo di Euro 1.500,00, predicandosi la necessità che “l’importo determinato in sentenza D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 133 e quello che successivamente è liquidato al professionista tramite decreto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 82, devono necessariamente coincidere”, è infondato per le ragioni già enunciate da questa Sezione con la decisione n. 22017, 11/9/2018, alla quale ha fatto seguito la sentenza n. 11590/2019;
che, in particolare si è chiarito che, qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 133 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo D.P.R., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato art. 130; in tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità;
considerato che non deve farsi luogo a regolamento delle spese, non avendo l’intimata svolto in questa sede difese;
considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte della ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2020