Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.150 del 08/01/2020

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30149/2014 proposto da:

A.F., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ARCHIMEDE 10, presso lo studio dell’avvocato VIVIANA CALLINI, rappresentati e difesi dagli avvocati GIORGIO LESTI, ROBERTO FERRARI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4193/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 17/06/2014 R.G.N. 131/2011.

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 4193, resa in data 17 giugno 2014, la Corte di appello di Napoli, nel giudizio di impugnazione proposto dal Ministero della Difesa nei confronti dei sopra indicati odierni ricorrenti, in riforma della decisione del Tribunale della stessa sede – che aveva riconosciuto il diritto degli appellati, dipendenti civili del Ministero della Difesa in servizio presso il CE.RI.MANT. (Centro Rifornimenti e Mantenimento di Napoli ubicato all’interno della Caserma *****), all’indennità di cui al D.P.R. n. 394 del 1995, art. 5, comma 9, come rideterminata dal D.P.R. n. 360 del 1996, art. 4 e dal D.P.R. n. 163 del 2002, art. 5, comma 12, respingeva le azionate domande;

rilevava la Corte territoriale che l’indennità in questione, istituita dalla L. n. 78 del 1983, art. 3, nell’ambito del trattamento economico dei militari, fosse stata poi prevista, dal D.P.R. n. 395 del 1995, art. 5, comma 9, per il personale “militare” che, nella posizione di “forza amministrata”, fosse impiegato in maniera continuativa nelle stesse condizioni dei soggetti “in forza effettiva organica” presso determinati Enti e Reparti;

nulla autorizzava a ritenere che il legislatore avesse inteso estendere la previsione dell’indennità in questione anche in favore di tutto il personale “civile”;

in sostanza, l’estensione prevista dal D.P.R. n. 394 del 1995, art. 5, comma 9, avrebbe operato, secondo i giudici di appello, solo in favore di quei soggetti che, ai sensi dell’art. 1, appartengono alla carriera militare, sono in posizione di forza amministrata, ovvero forza effettiva, aggregata e potenziale, nella sua diversificata composizione ex D.P.R. n. 167 del 2006, e operano con le stesse modalità dei soggetti in forza effettiva organica (personale, dunque, pur sempre militare, ma non in forza effettiva organica);

nè risultava ipotizzabile che la suddetta indennità potesse essere compresa tra le altre indennità previste da specifiche disposizioni di legge ai sensi dell’art. 28, lett. h), del c.c.n.l. del Comparto ministeri 1998-2001, non costituendo la indennità di campagna voce retributiva attinente al rapporto di lavoro dei dipendenti appartenenti al Comparto Ministeri;

2. per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso i lavoratori, prospettando tre motivi di ricorso;

3. il Ministero della Difesa ha resistito con controricorso;

4. non sono state depositate memorie.

CONSIDERATO

che:

1. con i tre motivi di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione della L. n. 78 del 1983, art. 3,D.P.R. n. 163 del 2002, art. 5, comma 9, D.P.R. n. 394 del 1995, art. 5, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 28 del c.c.n.l. Comparto ministeri 1998/2001, in relazione al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, ed ancora contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta insussistenza della violazione del principio di parità di trattamento tra i lavoratori;

si dolgono i ricorrenti dell’interpretazione restrittiva del D.P.R. n. 354 del 1995, art. 5, comma 9, offerta dalla Corte territoriale ed assumono che il riconoscimento nei loro confronti dell’indennità di campagna in questione trovi fondamento nell’estensione della medesima, sancita propria dal D.P.R. n. 354 del 1995, citato art. 5, comma 9, alla “forza amministrata” che ricomprende sia il personale militare che quello civile, come si evince dal D.P.R. n. 1076 del 1976, art. 65;

sostengono, inoltre, che la contrattazione del Compatto ministeri, all’art. 28, rubricato “struttura della retribuzione”, indica quali componenti oltre allo stipendio tabellare (lett. a), anche altre indennità previste da specifiche disposizioni di legge (lett. h), con fonte e predeterminazione legale (tra le quali rientra, appunto, l’indennità di campagna);

pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, sarebbe proprio l’art. 28, lett. h) a prevedere che nella struttura della retribuzione possa essere inserita l’indennità operativa di campagna di cui si controverte;

nè sarebbe pertinente il richiamo al Fondo unico amministrazione per compenso eventuali prestazioni in situazione disagiate, dato che detto Fondo avrebbe una ratio diversa dall’indennità di campagna ed avrebbe la funzione di incentivare una serie di attività proprie dello status di impiegato ministeriale;

2. i rilievi non sono fondati alla luce delle plurime decisioni di questa Corte intervenute in vicende del tutto analoghe (cfr. Cass. 28 luglio 2017, n. 18898; Cass. 6 dicembre 2016, n. 25022; Cass. 26, aprile 2016, n. 8254; Cass. 27 aprile 2016, n. 8392; Cass. 28 aprile 2016, n. 8445; Cass. 2 maggio 2016, nn. 8608, 8609, 8610);

2.1. la citata L. n. 78 del 1983, art. 1, che disciplina le indennità operative del personale militare (l’evoluzione del quadro normativo deve tener conto anche della L. 6 marzo 1958, n. 192 e della L. 5 maggio 1976n. 187, oggi abrogate), prevede che a quest’ultimo personale militare dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica – compete un particolare trattamento economico in relazione alla peculiarità dei doveri che distinguono la condizione militare nelle sue varie articolazioni, determinando uno speciale stato giuridico, di carriera e di impiego contrassegnato da particolari requisiti di idoneità psico-fisica, dalla assoluta e permanente disponibilità al servizio ed alla mobilità di lavoro e di sede, dalla specialità della disciplina, dalla selettività dell’avanzamento e dalla configurazione dei limiti di età;

2.2. in particolare, quale compenso per il rischio, per i disagi e per le responsabilità connessi alle diverse situazioni di impiego derivanti dal servizio sono istituite le indennità di impiego operativo di cui alla medesima legge, tra le quali l’indennità di impiego operativo per i reparti campagna, per cui è causa.

2.3. può, in proposito, ricordarsi la ratio delle indennità, nelle quali rientra l’indennità di campagna, della cui estensione si discute, come chiarita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 278 del 1995, che ha affermato: “Le indennità di impiego operativo disciplinate dalla L. 23 marzo 1983, n. 78 (radicalmente modificativa del previgente regime) si atteggiano, secondo la stessa definizione legislativa, come un peculiare trattamento economico da porsi in relazione col particolare status dei militari, quale compenso per il rischio, per i disagi e per le responsabilità connesse alle diverse situazioni di impiego; queste ultime sono valutate, in una molteplicità di previsioni normative, con riguardo alle specializzazioni ed alle attività dei militari, e comportano l’erogazione di svariati incrementi percentuali dell’indennità operativa di base nonchè l’eventuale attribuzione di alcune indennità supplementari, nonchè una serie di maggiorazioni percentuali in connessione con l’espletamento di specifiche e più gravose mansioni”;

2.4. l’indennità in questione è, dunque, attribuita in relazione alla peculiarità dei doveri che distinguono la condizione militare nelle sue varie articolazioni, determinando uno speciale stato giuridico contrassegnato da particolari requisiti;

2.5. come è stato da questa Corte precisato nelle decisioni sopra citate, l’attribuzione della indennità di campagna D.P.R. n. 394 del 1995, ex art. 5, comma 9, ha come presupposto lo status di militare del dipendente (Esercito, Marina, Aeronautica), e proprio perchè in presenza di tale medesimo status giuridico, il legislatore ha inteso parificare il trattamento retributivo di coloro che operano nelle stesse condizioni ambientali, addestrative e operative, come specificato nella disposizione da ultimo richiamata;

il D.P.R. n. 394 del 1995, art. 5, comma 9, opera pur sempre con riguardo al personale militare e, dunque, non attribuisce ai ricorrenti, personale civile, il diritto a percepire l’indennità in esame, nè detta norma sollecita dubbi di costituzionalità, nè si presta ad una interpretazione estensiva o evolutiva;

2.6. va rilevato che il D.P.R. n. 394 del 1995, che recepisce il provvedimento di concertazione del 20 luglio 1995, riguardante il personale delle Forze armate, si applica, come espressamente previsto dall’art. 1, al personale militare dell’Esercito (esclusa l’Arma dei Carabinieri), della Marina e dell’Aeronautica, con esclusione dei dirigenti e del personale di leva;

la presenza nelle Forze armate di personale civile e di personale militare non esclude la distinta disciplina dei rapporti di impiego e del trattamento economico;

2.7. il significato che, nel D.P.R. n. 394 del 1995, art. 5, comma 9, assume il riferimento alla forza amministrata non può essere determinato solo con riguardo alla nozione generale della stessa, che si rinveniva già nel D.P.R. n. 167 del 2006, art. 18 e, ora, nel D.P.R. n. 90 del 2010, art. 455: “La forza amministrata è composta dal personale militare e civile amministrato dagli organismi”, ma tenendo presente la nozione di forza effettiva organica nell’ambito della forza amministrata;

2.8. l’indennità di campagna è stata estesa al personale militare nella posizione di forza amministrata impiegato in maniera continuativa nelle stesse condizioni ambientali, addestrative ed operative del personale militare della forza amministrata in forza effettiva organica presso gli Enti ed i Reparti elencati nella L. n. 78 del 1983, medesimo art. 3;

quindi il rilievo del citato art. 5, comma 9, ai fini del riconoscimento del diritto all’indennità di campagna, è nell’equiparazione, in presenza di determinate condizioni, del personale militare della FOAM – forza amministrativa, al personale militare della FOAM che costituisce FEO forza effettiva organica, e non all’equiparazione tra personale civile e personale militare della FOAM;

2.9. il giudice amministrativo ha così letto il D.P.R. n. 394 del 1995, art. 5, comma 9, nel senso che lo stesso ha esteso il beneficio anche al personale militare in servizio presso le strutture di supporto necessarie al funzionamento di quelle menzionate nella L. n. 78, art. 3 (cfr. C.d.S., decisione n. 2046 del 2011; T.A.R. Piemonte, sentenza n. 1218 del 2012; T.A.R. Campania, sentenza n. 7735 del 2009);

2.10. in ragione del tenore e della ratio della norma, non può procedersi all’interpretazione evolutiva chiesta dai ricorrenti o ad una interpretazione estensiva;

ciò, considerato che l’interpretazione estensiva tende a comprendere nella portata concreta della norma tutti i casi da essa anche implicitamente considerati, quali risultanti non solo dalla lettera ma anche dalla ratio della disposizione (v. Cass., S.U., n. 11930 del 2010), e l’interpretazione evolutiva, tende ad adeguare la formula legislativa ai mutamenti economico-sociali o tecnici intervenuti nel tempo;

nella sostanza l’estensione in questione, non ha mutato la ratio per cui l’indennità di campagna veniva riconosciuta al personale militare;

2.11. nè l’art. 5, comma 9, si presta a dubbi di costituzionalità sia pure sotto il profilo della non manifesta infondatezza, con riguardo ai principi di uguaglianza e parità di trattamento;

occorre ricordare che la Corte costituzionale ha, infatti, affermato che “il parametro della eguaglianza non esprime la concettualizzazione di una categoria astratta, staticamente elaborata in funzione di un valore immanente dal quale l’ordinamento non può prescindere, ma definisce l’essenza di un giudizio di relazione che, come tale, assume un risalto necessariamente dinamico” (sentenza n. 89 del 1996);

pertanto, poichè “il principio di eguaglianza esprime un giudizio di relazione in virtù del quale a situazioni eguali deve corrispondere l’identica disciplina e, all’inverso, discipline differenziate andranno coniugate a situazioni differenti, ciò equivale a postulare che la disamina della conformità di una norma a quel principio deve svilupparsi secondo un modello dinamico, incentrandosi sui “perchè” una determinata disciplina operi, all’interno del tessuto egualitario dell’ordinamento, quella specifica distinzione, e quindi trarne le debite conclusioni in punto di corretto uso del potere normativo” (sentenza n. 241 del 2014);

la giurisprudenza costituzionale ha, altresì, affermato (Corte Cost. n. 155 del 2014) che la violazione del principio di uguaglianza sussiste qualora situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso e non quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non assimilabili (ex plurimis: sentenza n. 108 del 2006, n. 340 e n. 136 del 2004);

particolarmente significativa, nell’applicare tali principi con riguardo al lavoro pubblico contrattualizzato e non (come nella specie) è la sentenza n. 178 del 2015, che nell’escludere una disparità di trattamento afferma: “Il lavoro pubblico e il lavoro privato non possono essere in tutto e per tutto assimilati (sentenze n. 120 del 2012 e n. 146 del 2008) e le differenze, pur attenuate, permangono anche in seguito all’estensione della contrattazione collettiva a una vasta area del lavoro prestato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni; la medesima eterogeneità dei termini posti a raffronto connota l’area del lavoro pubblico contrattualizzato e l’area del lavoro pubblico estraneo alla regolamentazione contrattuale; tale eterogeneità preclude ogni plausibile valutazione comparativa sul versante dell’art. 3 Cost., comma 1 e risalta ancor più netta in ragione dell’irriducibile specificità di taluni settori (forze armate, personale della magistratura), non governati dalla logica del contratto”;

la Corte costituzionale ha, altresì, escluso “la possibilità di istituire un utile raffronto, a causa della mancanza di omogeneità, tra le categorie degli appartenenti a Corpi diversi, anche se caratterizzati dalla comune appartenenza all’ordinamento militare” (ordinanza n. 83 del 2009), e che “non è configurabile una violazione dell’art. 3 Cost., in relazione al principio di uguaglianza invocato dal giudice rimettente in quanto, in ragione della specialità degli ordinamenti posti a confronto in relazione alle funzioni assolte dalle singole Armi, le posizioni poste in comparazione non sono tra loro omogenee, così che la scelta compiuta dal legislatore con la norma censurata non può considerarsi arbitraria”;

nella specie, quindi, il diverso status del personale militare e di quello civile, che determina l’attribuzione dell’indennità in questione solo al primo, in ragione della ratio della medesima, esclude che il differente trattamento dia luogo a dubbi di legittimità costituzionale;

2.12. le considerazioni che precedono consentono altresì di escludere che sussista il presupposto – indennità prevista da specifiche disposizioni di legge – posto dai ricorrenti a fondamento dell’operatività della disposizione convenzionale richiamata, e il riferimento al Fondo unico esula dalla ratio decidendi della sentenza di appello, nei termini sopra precisati, ed integra un mero obiter dictum;

3. conclusivamente il ricorso deve essere respinto;

4. la regolamentazione delle spese segue la soccombenza;

5. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del Ministero controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 8.000,00 per compensi professionali oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello prescritto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2020

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472