Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.15698 del 23/07/2020

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Il proprietario non può opporsi, ai sensi dell’art. 840 c.c., comma 2, ad attività di terzi (quale, ad esempio, l’immissione di sporti) che si svolgano a profondità od altezza tali che egli non abbia interesse ad escluderle e, pertanto, ove ritenga di contestarle, è suo onere dimostrare che dette attività gli arrechino un pregiudizio economicamente apprezzabile, da intendere non in astratto, ma in concreto, avuto riguardo alle caratteristiche ed alla normale destinazione, eventualmente anche futura, del fondo, ovvero alla possibile utilizzazione di tale spazio a scopo di sopraelevazione.

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36760-2018 proposto da:

CONDOMINIO *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN NICOLA DE’ CESARINI, 3, presso lo studio dell’avvocato VIANELLO LUCA, rappresentato e difeso dagli avvocati SMEDILE ROBERTO, GHELFI ANNELISE;

– ricorrente –

contro

F.R., F.S.C., rappresentati e difesi dall’avvocato CLERICI ALESSANDRA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2759/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 05/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2020 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Condominio ***** propone ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 2759/2018 pronunciata il 5 giugno 2018 dalla Corte d’Appello di Milano.

F.R. e F.S.C. resistono con controricorso.

Con citazione del 5 settembre 2013, F.R. e F.S.C. convennero il Condominio *****, per sentir accertare l’illegittimo sconfinamento nella terrazza dell’immobile degli attori, sito in *****, per circa 10 cm ed all’altezza di un metro dal piano di calpestio, del cappotto termico realizzato sulla facciata dell’adiacente edificio condominiale, a seguito di lavori che avevano altresì comportato la temporanea occupazione della proprietà Ferro, regolamentata con convenzione inter partes del 18 giugno 2012.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 19 marzo 2017, respinse le domande dell’attore, escludendo la sussistenza di un interesse dei signori F. a negare l’utilizzazione dello spazio aereo sovrastante il loro terrazzo.

La Corte d’appello di Milano ha invece accolto in parte il gravame di F.R. e F.S.C., condannando il Condominio ***** alla rimozione del cappotto termico. Per i giudici di secondo grado, alla stregua dell’insegnamento della Corte di cassazione, non è necessaria la dimostrazione di alcun attuale e concreto interesse del proprietario del suolo ad escludere l’attività di terzi nello spazio sovrastante il suolo stesso, dovendosi tener conto anche di “future e non individuabili ex ante esigenze di utilizzazione del suolo”.

Il primo motivo di ricorso del Condominio ***** deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 840 c.c., evidenziando come il piano di calpestio del terrazzo dei signori F. rimanesse libero, in quanto il cappotto termico è posto a circa 1 m di altezza dal medesimo piano di calpestio. Il ricorrente sottolinea pure come sulla facciata dell’edificio condominiale corresse in precedenza una tubazione del gas. Era perciò onere del proprietario, ex art. 840 c.c., comma 2, dimostrare il concreto pregiudizio subito dalla sporgenza del manufatto.

Il secondo motivo di ricorso allega la violazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., nonchè l’omesso esame di fatto decisivo, quanto alla possibilità di spostamento o di “integrazione” della preesistente tubazione del gas, ritenuta dalla Corte d’appello. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il ricorrente ed i controricorrenti hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

I. Sono da rigettare le eccezioni di inammissibilità e di improcedibilità del ricorso (ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) avanzate dai controricorrenti, in quanto le censure non attengono all’omessa od erronea valutazione di documenti da parte del giudice del merito, dei quali occorresse perciò indicare il contenuto rilevante e specificarne l’avvenuta produzione. Neppure sussiste l’omessa impugnazione di una autonoma ratio decidendi, come sostengono i controricorrenti quanto al richiamo del principio giurisprudenziale sulla violazione della distanza tra costruzioni, che la Corte d’appello svolge a pagina 14 di sentenza, in quanto la causa in esame consiste unicamente in una actio negatoria servitutis per la parziale occupazione dello spazio aereo sovrastante il fondo F. e la conseguente violazione delle facoltà dominicali ex art. 840 c.c., comma 2, restando perciò un mero “obiter dictum” il riferimento fatto dalla Corte di Milano alla distanza tra costruzioni.

II I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, per la loro connessione, e si rivelano fondati. Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, che la Corte d’appello di Milano ha disatteso senza fornire elementi argomentativi idonei a giustificarne il superamento, il proprietario non può opporsi, ai sensi dell’art. 840 c.c., comma 2, ad attività di terzi (quale, ad esempio, l’immissione di sporti) che si svolgano a profondità od altezza tali che egli non abbia interesse ad escluderle e, pertanto, ove ritenga di contestarle, è suo onere dimostrare che dette attività gli arrechino un pregiudizio economicamente apprezzabile, da intendere non in astratto, ma in concreto, avuto riguardo alle caratteristiche ed alla normale destinazione, eventualmente anche futura, del fondo, ovvero alla possibile utilizzazione di tale spazio a scopo di sopraelevazione (cfr. Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4664, relativa ad un cornicione sporgente per circa 60 cm. sulla colonna aerea della proprietà confinante; Cass. Sez. 2, 05/06/2012, n. 9047, relativa all’occupazione dello spazio sovrastante un terrazzo ed una tettoia mediante installazione di una caldaia e dei relativi tubi di alimentazione; Cass. Sez. 2, 11/08/2011, n. 17207; Cass. Sez. 2, 11/10/2004, n. 20129; Cass. Sez. 2, 20/08/2002, n. 12258; Cass. Sez. 2, 09/11/2001, n. 13852; Cass. Sez. 2, 26/02/1996, n. 1484). Alla luce di tale costante interpretazione giurisprudenziale, ha errato la Corte d’appello di Milano ad affermare che, a norma dell’art. 840 c.c., comma 2, l’occupazione, pari a circa 10 cm ed all’altezza di un metro dal piano di calpestio, dello spazio aereo sovrastante un terrazzo, mediante installazione di un cappotto termico sulla facciata dell’adiacente edificio condominiale, esoneri il giudice dal valutare se, ed in che misura, sussista un concreto interesse del proprietario sottostante ad opporsi a tale, pur limitata, invasione della colonna d’aria.

III. Il ricorso va perciò accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano, la quale procederà a nuovo esame della causa uniformandosi ai richiamati principi e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2020

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