Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.172 del 09/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4884-2019 proposto da:

N.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROSARIA TASSINARI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, – COMMISSIONE TERRITORIALI PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ***** –

SEZIONE *****;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 5103/2018 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il 21/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 02/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA MELONI.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Bologna sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 24/12/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di ***** in ordine alle istanze avanzate da N.F. nato in *****, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dalla Nigeria aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese a causa delle condizioni di estrema povertà in cui viveva.

Avverso la sentenza del Tribunale di Bologna il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, ed art. 5, per aver ritenuto non credibile il ricorrente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La censura è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi. Infatti il Tribunale ha considerato credibili le affermazioni del ricorrente nella parte in cui riferisce di essere partito dal suo paese a causa delle condizioni di estrema povertà ma ha ritenuto che la vicenda come narrata non rientri tra quelle che prevedono il riconoscimento della protezione internazionale.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C), perchè il Tribunale non ha riconosciuto il pericolo di un danno grave ed una situazione di violenza indiscriminata nell’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

In riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), il Giudice ha correttamente ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva che l’assenza di situazioni di violenza generalizzata ed indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine, ed in particolare nella zona di provenienza del ricorrente, escludano il diritto alla protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. c).

Il Tribunale, basandosi su fonti di informazione internazionale puntualmente indicate, ha appurato che la zona di provenienza dell’odierno istante non è teatro di un “conflitto diffuso” e di una “violenza generalizzata”: tale apprezzamento, che sfugge al sindacato di legittimità, porta ovviamente a disconoscere che nel presente giudizio di cassazione si possa far questione della “minaccia, grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1988, art. 5, comma 6, riguardo alla mancata concessione della protezione per motivi umanitari in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rileva inammissibile, a prescindere da ogni questione concernente l’applicazione al caso di specie della normativa recentemente introdotta dal D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla L. n. 132 del 2018, in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dal Tribunale (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

Per quanto sopra si impone il rigetto del ricorso. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva del Ministero.

Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta-1 sezione della Corte di Cassazione, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020

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