Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.176 del 09/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGLIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27953-2018 proposto da:

O.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 435/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 20/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 08/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO VALITUTTI.

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Brescia, O.J., cittadino della Nigeria, chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con sentenza del 26 ottobre 2016, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Avverso la decisione di primo grado proponeva appello lo straniero, che veniva, a sua volta, disatteso dalla Corte d’appello di Brescia, con sentenza n. 435/2018, depositata il 20 marzo 2018. Il giudice di appello escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesima specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso O.J. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a quattro motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo, secondo e terzo motivo di ricorso O.J., denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, nonchè l’omesso o erroneo esame di un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

1.1. L’istante lamenta che il Tribunale abbia ritenuto – ai fini della concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), – non credibile la narrazione dei fatti che lo avrebbe determinata a lasciare il Paese di origine, consistiti in pretese aggressioni da parte del gruppo terroristico *****, per effetto delle quali avrebbe riportato lesioni che avrebbero comportato il suo ricovero in ospedale.

1.2. Il ricorrente si duole, altresì, del fatto che il giudice di merito non abbia concesso al medesima neanche la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), senza tenere adeguatamente conto, sulla base di dati attinti da fonti internazionali aggiornate, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, della situazione socio-politica del Paese di origine. A tale decisione il Tribunale sarebbe, peraltro, pervenuto, sebbene lo stesso giudice adito abbia accertato, sulla base del ricorso a fonti internazionali citate nel provvedimento, tra le quali il rapporto di Amnesty International del 2017, che “la regione del nord est è epicentro delle violenze del gruppo terroristico ***** estremamente attivo”, e che “gravi abusi dei diritti umani vengono commessi anche da milizie governative e paramilitari”. La pronuncia sarebbe, pertanto, del tutto illogica e contraddittoria sul punto.

1.3. I motivi sono inammissibili.

1.3.1. Ai fini della concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), è invero indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, peraltro, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), costituente un parametro di attendibilità della narrazione (Cass. 05/02/2019, n. 3340).

In mancanza di credibilità dell’istante deve, di conseguenza, escludersi la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.

1.3.2. Nel caso di specie, il giudice adito ha ampiamente motivato circa le ragioni per le quali ha ritenuto non credibili le dichiarazioni del richiedente, per la loro “genericità ed intrinseca inverosimiglianza”, essendo poco credibile che un gruppo jihadista come ***** – peraltro neppure menzionato in sede di audizione – possa essersi limitato a picchiarlo e poi a ferirlo con armi da fuoco, poichè stava ricostruendo una chiesa cristiana distrutta da un attentato dinamitardo, senza palesare i motivi ideologico-religiosi di tale azione, e lasciando al medesimo la possibilità di fuggire. Inoltre, assolutamente non credibile – secondo la Corte territoriale – è la circostanza che, dopo il ferimento, l’istante si sia recato in ospedale e che abbia, poi, atteso tre mesi, prima di lasciare il Paese, dando modo ai suoi persecutori di raggiungerlo e di portare a compimento il proposito criminoso. Infine, del tutto inverosimile – ad avviso della Corte d’appello – è il fatto che la polizia si sarebbe disinteressata del tentato omicidio, atteso l’atteggiamento repressivo assunto dalle forze dell’ordine nei confronti del gruppo *****.

A fronte di tali motivate argomentazioni, le censure in esame si traducono, in concreto, oltre che in una astratta disamina dei principi giuridici in materia, in una richiesta di rivisitazione del merito della vicenda, improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758). Va, pertanto, esclusa in radice attesa la non credibilità dello straniero – la concessione al medesima dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

1.3.3. Per quanto concerne, poi, la protezione sussidiaria del decreto succitato, ex art. 14, lett. c), va rilevato che la Corte d’appello ha accertato – sulla base di fonti internazionali aggiornate citate nel provvedimento, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, – che la regione di provenienza dell’istante (Edo State) non è interessata da una situazione di violenza indiscriminata, derivante da un conflitto armato interno o internazionale, essendo anche la presenza del gruppo armato *****, ed i conseguenti, eventuali, eccessi di repressione da parte delle forze governative chiamate alla repressione del fenomeno jihadista, limitata agli Stati del nord est, senza interessare l’Edo State. A fronte di tali motivati accertamenti in fatto, il motivo di ricorso si sostanzia, per contro, in generiche deduzioni circa il regime giuridico della forma di protezione in esame, nonchè nell’allegazione di circostanze fattuali e di accertamenti e valutazioni di merito.

1.4. Per tutte le ragioni esposte, le censure, poichè inammissibili, non possono trovare accoglimento.

2. Con il quarto motivo di ricorso, O.J., denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. Lamenta l’istante che il Tribunale non abbia inteso concedere alla richiedente neppure la misura del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, nonostante che nei fatti allegati fossero ravvisabili evidenti ragioni di vulnerabilità.

2.2. Il motivo è inammissibile.

2.2.1. Il giudice territoriale ha motivato il diniego di protezione umanitaria, in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte della richiedente non evidenziano situazione alcuna di vulnerabilità personale. Del resto l’accertata non credibilità della narrazione dei fatti operata dall’istante, ed il mancato rilievo di una generale situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza, correttamente hanno indotto il Tribunale a denegare la misura in esame (cfr. Cass., 23/02/2018, n. 4455). Nè il ricorrente – al di là di generiche dissertazioni relative ai principi giuridici in materia, ed alla riproposizione dei temi di indagine già sottoposti al giudice di merito – ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.

2.2.2. Il mezzo deve essere, di conseguenza, dichiarato inammissibile.

3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020

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