LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGLIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 33706-2018 proposto da:
D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO RIZZATO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI *****;
– intimato –
avverso la sentenza n. 610/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 13/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 08/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO VALITUTTI.
RILEVATO
che:
D.M., cittadino del Mali, ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, avverso la sentenza n. 610/2018, emessa dalla Corte d’appello di Venezia, depositata il 13 marzo 2018, con la quale è stata rigettata la domanda di protezione internazionale proposta dallo straniero;
il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,7 e 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia ritenuto di denegare al medesimo sia lo status di rifugiato che la protezione sussidiaria, sebbene sussistessero i presupposti di legge per la concessione di tali misure;
Ritenuto che:
la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisca un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), (Cass. 05/02/2019, n. 3340), escludendosi, in mancanza, la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti;
Rilevato che:
nel caso concreto, il Tribunale ha adeguatamente motivato in ordine alle ragioni per le quali la narrazione dell’istante, circa il motivo che lo avrebbe indotto ad abbandonare il Paese di origine – consistito, nella versione fornita alla Commissione territoriale, nel timore di essere ucciso, a sua volta, dai ribelli che avevano già ucciso i suoi fratelli-, è generica ed inattendibile, e comunque non idonea a supportare il riconoscimento della protezione internazionale;
il giudice di merito, ha, difatti, accertato che il ricorrente ha fornito in giudizio una diversa versione dei fatti, rispetto a quella di cui sopra, resa in sede amministrativa, e cioè che sarebbe andato via dal Mali esclusivamente per ragioni di carattere economico, connesse al possesso dei pascoli ed a furti di bestiame subiti;
a fronte di tali motivate argomentazioni, le censure in esame si traducono, oltre che in un’astratta disamina dei principi giuridici in materia, in una richiesta di rivisitazione del merito della vicenda peraltro operata in maniera del tutto generica – improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758).
Ritenuto che:
tale rilievo, effettuato dal giudice di merito, escluda in radice la possibilità di concessione all’immigrato dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b);
Ritenuto che:
per quanto concerne la protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’attenuazione del principio dispositivo derivante dalla “cooperazione istruttoria”, cui il giudice del merito è tenuto, non riguardi il versante dell’allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata, bensì quello della prova, con la conseguenza che l’osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda;
di conseguenza, in relazione alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), debba essere allegata quantomeno l’esistenza di un conflitto armato o di una situazione di violenza indiscriminata così come descritti dalla norma (Cass., 31/01/2019, n. 3016);
Rilevato che:
nel caso concreto, il Tribunale ha accertato che il richiedente, nella narrazione dei fatti che lo hanno indotto ad abbandonare il luogo di origine, ha allegato una vicenda inidonea a fondare siffatta forma di protezione e, nondimeno, il giudice di merito ha accertato, con riferimento a fonti internazionali citate nella motivazione del decreto, che la regione di provenienza del ricorrente è immune da situazioni di violenza indiscriminata, derivanti da conflitti interni o internazionali;
la censura si traduce, per contro, in una sostanziale, inammissibile, rivisitazione del merito (Cass., 04/04/2017, n. 8758);
Ritenuto che:
per tutte le ragioni esposte, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020