Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.179 del 09/01/2020

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3487-2019 proposto da:

D.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO SASSI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SALERNO SEZIONE DI CAMPOBASSO, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI CAMPOBASSO;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il 11/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 08/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO VALITUTTI.

RILEVATO

che:

D.D., cittadino della Guinea, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso il decreto n. 2558/2018, emessa dal Tribunale di Campobasso, depositato l’11 dicembre 2018, con il quale è stata rigettata la domanda di protezione internazionale proposta dallo straniero;

il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

CONSIDERATO

che:

con i primi due motivi di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 1, 3, 14 e 16, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia ritenuto di denegare al medesimo sia lo status di rifugiato, sia la protezione sussidiaria, sia il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, sebbene sussistessero i presupposti di legge per la concessione di tali misure, e senza, peraltro, effettuare alcun approfondimento istruttorio d’ufficio;

Ritenuto che:

la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisca un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) (Cass. 05/02/2019, n. 3340), escludendosi, in mancanza, la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti;

Rilevato che:

nel caso concreto, il Tribunale ha adeguatamente motivato in ordine alle ragioni per le quali la narrazione dell’istante, circa il motivo che lo avrebbe indotto ad abbandonare il Paese di origine – consistito nel timore di essere arrestato, non essendo riuscito ad estinguere il debito contratto nei confronti di alcuni fornitori -, è generica ed inattendibile, e comunque non idonea a supportare il riconoscimento della protezione internazionale, trattandosi di fatti di natura privata e di rilievo meramente economico;

a fronte di tali motivate argomentazioni, le censure in esame si traducono, oltre che in un’astratta disamina dei principi giuridici in materia, in una richiesta di rivisitazione del merito della vicenda peraltro operata in maniera del tutto generica, mediante il riferimento ad una, non meglio precisata, documentazione, che sarebbe stata disattesa dal Tribunale – improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758).

Ritenuto che:

tale rilievo, effettuato dal giudice di merito, escluda in radice la possibilità di concessione all’immigrato dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b);

Ritenuto che:

per quanto concerne la protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’attenuazione del principio dispositivo derivante dalla “cooperazione istruttoria”, cui il giudice del merito è tenuto, non riguardi il versante dell’allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata, bensì quello della prova, con la conseguenza che l’osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda;

di conseguenza, in relazione alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), debba essere allegata quantomeno l’esistenza di un conflitto armato o di una situazione di violenza indiscriminata così come descritti dalla norma (Cass., 31/01/2019, n. 3016);

Rilevato che:

nel caso concreto, il Tribunale ha accertato che il richiedente, nella narrazione dei fatti che lo hanno indotto ad abbandonare il luogo di origine, ha allegato una vicenda inidonea a fondare siffatta forma di protezione, e tuttavia il giudice di merito ha altresì accertato, con riferimento a fonti citate nella motivazione del decreto, che la Guinea è immune da situazioni di violenza indiscriminata, derivanti da conflitti interni o internazionali;

la censura si traduce, per contro, in una sostanziale, inammissibile, rivisitazione del merito (Cass., 04/04/2017, n. 8758);

Rilevato che:

del pari, per quanto attiene alla protezione umanitaria, il Tribunale ha accertato che nella narrazione dei fatti operata dallo straniero non sono rinvenibili situazioni di particolare vulnerabilità, e la doglianza si traduce in un tentativo di sovvertire – peraltro mediante allegazioni del tutto generiche ed astratte – tale valutazione, con l’allegazione di circostanze di merito inammissibili in questa sede;

Considerato che:

con il terzo motivo di ricorso – denunciando la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, erroneamente revocato l’ammissione del medesimo al patrocinio a spese dello Stato;

Ritenuto che:

la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata come nella specie – con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 – non comporti mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ai sensi dello stesso D.P.R., ex art. 170, dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanta adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dal D.P.R. cit., art. 113 (Cass., 06/12/2017, n. 29228; Cass., 08/02/2018, n. 3028; Cass., 11/11/2018, 32028);

Ritenuto che:

per tutte le ragioni esposte, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto che non sussistono – allo stato – i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472