LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 25821/2014 R.G. proposto da:
P.J., rappresentato e difeso dall’Avv. Paolo Pulze e dall’avv. Domenico Battista, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, Via Trionfale n. 5637;
– ricorrente –
contro
B.O., rappresentata e difesa dall’avv. Giampaolo Pacini, con domicilio eletto in Roma, Via Flavio Stilicone 169, presso lo studio dell’avv. Antonio Mercuri;
– ricorrente in via incidentale –
e P.R.C., rappresentato e difeso dall’avv. Anna Maria Buzzoni Zoccola, con domicilio eletto in Roma, Via Attilio Regolo, presso lo studio dell’avv. Zosima Vecchio.
– ricorrente in via incidentale –
e P.A.A., P.C.D., PI.CH., P.R.C., P.I.I..
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2105/2014, depositata in data 6.6.2014;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17.5.2018, dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato;
Udito il Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Capasso Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale di P.R.C.
nonchè per la dichiarazione di assorbimento del ricorso incidentale di B.O..
Uditi l’avv. Domenico Battista, l’avv. Anna Maria Buzzoni Zoccola, e l’avv. Giampaolo Pacini.
FATTI DI CAUSA
Con citazione notificata in data 6.2.2001, B.O. ha convenuto in giudizio Ch., C.D., I., A.A., R., J. e P.R.C., sostenendo di aver contratto matrimonio con P.O.A., padre dei convenuti, cittadino inglese deceduto a *****, due mesi dopo le nozze; che il defunto, con testamento del 29.10.1997, le aveva assegnato un legato di 50.000 sterline, attribuendo i restanti suoi beni ai figli Ch., C.D., I., A.A., P.R., nati dal primo matrimonio; che, essendo il de cuius di nazionalità inglese ed applicandosi la normativa successoria inglese, il testamento doveva considerarsi revocato per effetto del secondo matrimonio (con B.O.), in base alla section 46 del Will Act del 1837, e pertanto la successione doveva ritenersi ab intestato. Ha chiesto di riconoscerle la piena proprietà di tutti i beni mobili rientranti nell’asse, in aggiunta al legato contemplato nel testamento (incrementato fino a 125.000 sterline), oltre alla quota di un terzo degli immobili siti in Italia, in applicazione della legge successoria italiana.
In via subordinata ha chiesto, per l’ipotesi che il testamento fosse ritenuto efficace, di ridurre le disposizioni testamentarie lesive della sua quota di legittimità e di ordinare ai coeredi il rendimento del conto.
R. e P.J. hanno resistito alla domanda, dichiarando inoltre di aver acquistato in corso di causa le quote degli altri fratelli.
Hanno dedotto che il testamento, essendo regolato dalla legge italiana, non poteva dichiararsi inefficace e che alla B. competeva un terzo o, qualora il testamento fosse ritenuto efficace, un quarto dell’asse.
P.J. ha chiesto l’assegnazione del podere denominato il *****.
Il Tribunale di Milano – con sentenza n. 5175/2009 – ha accolto le domande di B.O., attribuendole la sola quota di 1/3 degli immobili, beni che ha assegnato, in sede di divisione, a J. e P.R., con condanna di questi ultimi al pagamento di un conguaglio in favore dell’attrice, pari ad Euro 2.288.521,24.
La pronuncia è stata confermata in appello.
La Corte di Milano ha ritenuto – anzitutto – che la successione fosse regolata dal diritto inglese, avendo il de cuius mantenuto il domicilio di origine, ed ha inoltre stabilito che, in applicazione del Will Acts del 1946, il testamento doveva ritenersi revocato per effetto del matrimonio con B.O., ritenendo che l’intera successione fosse quindi ab intestato.
Preso atto che il diritto internazionale privato inglese prevede un rinvio alla legge dell’ultimo domicilio del defunto per la successione relativa ai beni mobili e alla legge di situazione per la successione relativa agli immobili, ha dichiarato che la B. aveva titolo ad un terzo dei cespiti situati in Italia, in applicazione della lex rei sitae. Ha respinto la domanda di attribuzione del legato di 125.000 sterline, rilevando che il patrimonio relitto era incapiente e che detta attribuzione non poteva gravare sugli immobili, venendo altrimenti lese le quote di legittima contemplate dalla legge italiana.
Per la cassazione di questa sentenza P.J. ha proposto ricorso per cassazione in cinque motivi, illustrati con memoria, nonchè controricorso in replica al ricorso incidentale di B.O.. B.O. ha proposto ricorso incidentale in due motivi ed ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
P.R.C. ha proposto ricorso incidentale in cinque motivi e ha depositato memoria illustrativa e controricorso in replica al ricorso incidentale di B.O..
Con ordinanza interlocutoria n. 3304/2019, è stata ordinata la notifica dei ricorsi agli altri coeredi, già parti del giudizio di merito. P.R.C., Pi.Cr., P.C.D., P.I.I. e P.A.A. non hanno svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo del ricorso principale censura la violazione della L. n. 218 del 1995, art. 13, comma 1 e art. 15, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che la sentenza, nel disporre che il testamento doveva ritenersi revocato a seguito del matrimonio del de cuius, avrebbe violato i criteri di individuazione delle norme sostanziali applicabili alla successione. Il giudice di merito avrebbe dovuto, anzitutto, tener conto del rinvio alla lex rei sitae contemplato dall’ordinamento inglese ed avrebbe dovuto assoggettare il testamento alla normativa italiana, che non contempla affatto la revoca testamentaria per susseguente matrimonio.
Di conseguenza, la successione non poteva ritenersi ab intestato e ad B.O. competevano i soli diritti di legittima, pari ad un quarto dell’asse.
Il secondo motivo censura la violazione della L. n. 218 del 1995, art. 13, comma 1 e art. 15, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza erroneamente ritenuto che la revoca del testamento fosse regolata dalla legge inglese sia in base allo statuto successorio, che alla disciplina dei rapporti tra coniugi. Per contro, essendo applicabile la lex rei sitae per gli immobili situati in Italia, il testamento del 1997 aveva conservato effetto per il diritto italiano almeno riguardo a detti cespiti, ed inoltre, secondo il diritto inglese, la revoca testamentaria per successivo matrimonio rientra nella materia matrimoniale e non in quella successoria.
Il terzo motivo censura la violazione e la falsa applicazione della L. n. 218 del 1995, artt. 13 e 46, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza ritenuto che P.O. potesse optare solo per l’applicazione della legge italiana ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 46 e che non operasse la preclusione prevista dall’art. 13, comma 2.
A parere del ricorrente, l’art. 13 concederebbe al testatore la possibilità di scegliere tra l’applicazione della legge nazionale o di quella di residenza, per cui “la non scelta della legge di residenza equivaleva alla scelta della legge nazionale”. L’operatività del rinvio sarebbe quindi esclusa sia nell’ipotesi contemplata dall’art. 46, comma 2 (professio iuris), che nel caso in cui si ritenga applicabile la legge nazionale in base al comma 1 della suddetta disposizione.
Si assume inoltre che il tribunale, con statuizione passata in giudicato, aveva stabilito che P.O. aveva inteso assoggettare la successione alla legge inglese, il che ostava alla possibilità di tener conto delle disposizioni di rinvio oggetto delle norme di diritto internazionale privato inglese.
Il quarto motivo censura – testualmente – la violazione del giudicato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per aver la sentenza escluso che il de cuius avesse optato per la legge inglese, in contrasto con il diverso accertamento compiuto in primo grado, oggetto di una statuizione non appellata e quindi passata in giudicato.
Il quinto motivo di ricorso censura la violazione della L. n. 218 del 1995, art. 46, comma 1, artt. 13 e 15, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la Corte distrettuale ritenuto che la successione fosse disciplinata dalla legge nazionale per i beni mobili e dalla legge di situazione per gli immobili, non avvedendosi che l’art. 13 non può derogare al principio di unitarietà ed universalità della legge successoria sancito dall’art. 46, comma 1 ed inoltre ammette il cd. rinvio all’indietro o altrove ma non anche il rinvio parziale.
1.1 I primo motivo del ricorso incidentale di P.R.C. censura la violazione della L. n. 218 del 1994, art. 46 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza omesso di considerare che il rinvio alla lex rei sitae concerne la sola disciplina delle modalità di acquisto dei beni immobili ereditari, mentre la delazione resta sottoposta alla legge nazionale del de cuius, dovendosi coordinare la scissione dello statuto successorio, effetto delle norme di diritto privato internazionale inglese, con il principio dell’universalità della successione sancito dall’art. 46, comma 1.
Di conseguenza la legge italiana era applicabile per i soli aspetti connessi alla localizzazione degli immobili e perciò pertinenti alle relative formalità di acquisto, mentre il titolo della successione, inclusa l’attribuzione della qualità di erede e la devoluzione dei beni, andava disciplinato secondo la norma sostanziale inglese.
La B. aveva – quindi – diritto ai soli beni mobili rientranti nell’asse ereditario, non potendo vantare alcun diritto sugli immobili in applicazione della disciplina italiana sulla successione legittima o necessaria.
Il secondo motivo censura la violazione della L. n. 218 del 1995, art. 46, comma 2 e art. 13, comma 2, per aver la sentenza escluso erroneamente che il de cuius avesse optato per la propria legge nazionale, non considerando che egli si era recato espressamente in Inghilterra nel 1997 (ove aveva collocato il proprio centro di interessi), per fare testamento, manifestando implicitamente la volontà di assoggettare la successione alla legge inglese, non rilevando che il testamento fosse stato revocato.
Il terzo motivo censura la violazione della L. n. 218 del 1995, artt. 13 e 48, e del diritto consuetudinario inglese, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver il giudice distrettuale ritenuto che la revoca del testamento fosse disciplinata dal diritto inglese e per aver applicato agli immobili la lex rei sitae, non considerando che quest’ultima vale anche per le deposizioni testamentarie e che l’ordinamento italiano non contempla la revoca per successivo matrimonio.
Di conseguenza, le disposizioni di ultima volontà di P.O. potevano – al più – essere ridotte per salvaguardare la quota di legittima spettante alla resistente, che però era pari ad un quarto dell’asse e non ad un terzo.
Il quarto motivo censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 581 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per aver la sentenza attribuito alla B. tutti i beni mobili e un terzo degli immobili caduti in successione, senza tener conto del valore dei titoli e dell’ammontare delle somme facenti parte dell’asse, utilizzate per pagare i debiti ereditari, e senza detrarre tali somme dall’importo riconosciuto alla resistente a titolo di conguaglio.
2. Per il corretto inquadramento delle questioni dibattute nel presente giudizio, occorre porre in rilievo – in punto di fatto – che P.O. ha mantenuto fino alla morte la cittadinanza inglese e per quanto stabilito dal tribunale, con statuizione non oggetto di contestazioni in appello – anche il domicilio (cd. domicile of origin). Nel 1997 ha redatto testamento, istituendo eredi i figli avuti dal primo matrimonio e attribuendo un legato di 50.000 sterline ad B.O., con cui ha contratto matrimonio due mesi prima di morire.
Non vi è alcuna menzione nella sentenza del tribunale circa il fatto che il testatore avesse optato per la legge inglese per disciplinare l’intera successione, opzione che avrebbe escluso l’operatività del rinvio ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 13, comma 2.
In realtà, il primo giudice ha tenuto conto del contenuto del testamento al solo fine di accertare se il de cuius avesse mantenuto il domicilio di origine e al fine di stabilire l’eventuale operatività della revoca delle disposizioni di ultima volontà per successivo matrimonio, in quanto non contratto “in contemplation of marriage”, riguardo alla successione nei beni mobili (cfr. sentenza di primo grado, pag. 9; sentenza di appello, pagg. 3 e ss.).
La sussistenza di una professio iuris L. n. 218 del 1995, ex art. 13, comma 2, lett. a), non è menzionata neppure nella sentenza di secondo grado appello, nè i ricorsi specificano se la questione sia stata oggetto dei motivi di appello.
La novità della questione ne preclude il riesame in sede di legittimità, richiedendo nuovi accertamenti in ordine al contenuto della volontà del testatore.
In ogni caso, l’assunto secondo cui la mancata opzione per la legge di residenza implicherebbe necessariamente la scelta del testatore in favore della legge inglese è in contrasto con il disposto della L. n. 218 del 1995, art. 46, comma 2, secondo cui la professio iuris richiede una dichiarazione espressa in forma testamentaria che, quindi, non consente equipollenti e che non è ricavabile per esclusione o dalla mancanza di una diversa opzione da parte del testatore.
2.1. Si è detto che l’asse ereditario comprendeva anche taluni immobili siti in Italia.
Il giudice di merito ha ritenuto che, in applicazione della L. n. 281 del 1995, art. 46, comma 1, la successione fosse regolata dal diritto inglese in base alla nazionalità del defunto al momento del decesso e, contestualmente, che il testamento redatto a Londra il 29.10.1997 fosse stato revocato per effetto del matrimonio contratto con B.O. (in base alla section 46 del WILLS ACT del 1837), essendo quindi l’intera successione ab intestato.
Di seguito, la Corte distrettuale, in applicazione del diritto internazionale inglese, ha assoggettato la successione relativa ai beni mobili alla legge del domicilio del testatore e quella relativa agli immobili alla legge di situazione dei beni e quindi al diritto italiano, attribuendo ad B.O. la quota di un terzo del patrimonio immobiliare relitto.
2.2. Per individuare la disciplina della successione, occorreva dunque far riferimento alle norme di diritto internazionale privato introdotte con L. n. 218 del 1995, dato che la successione si è aperta nel 2000.
Com’è noto, i tentativi di pervenire – in materia – ad una disciplina internazionale uniforme non hanno sortito effetto: la Convenzione dell’Aja del 1.8.1989 sulla legge applicabile alle successioni per causa di morte è stata ratificata da un numero limitato di Stati, tra cui non figura l’Italia.
Il Regolamento UE del Parlamento e del Consiglio n. 650/2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio Europeo, si applica alle successioni delle persone decedute alla dota o dopo il 17 agosto 2015 (art. 83) e, comunque, il Regno Unito non ha esercitato il diritto di opt-in, ai sensi del protocollo 21, allegato ai Trattati istitutivi dell’Unione Europea.
2.3. la L. n. 218 del 1995, art. 46, comma 1, dispone che la successione è regolata dalla legge nazionale del soggetto della cui eredità si tratta, al momento della morte.
Per opinione pressochè unanime, la disposizione, in sostanziale continuità con il sistema delle preleggi (art. 23), ha riconfermato il cd. principio di unitarietà ed universalità della successione (recepito anche nel Regolamento 650/201), da intendersi nel senso che la successione di un soggetto deceduto è (e deve essere) disciplinata in tutti i suoi aspetti da un’unica legge, in coerenza con la concezione tradizionale dell’istituto successorio diffusa in un gran numero di ordinamenti continentali secondo cui, con la morte del soggetto, l’intero patrimonio si trasmette agli eredi a prescindere dalla localizzazione dei singoli cespiti nel territorio nazionale o in uno o più stati esteri.
Analogo principio di universalità era stato, peraltro, accolto nell’art. 7, paragrafo 1 dalla Convenzione dell’Aja del 1989 ed è contemplato dall’art. 21 del Reg. UE 650/2012.
Alla legge nazionale del de cuius si ritiene devoluta la disciplina della successione legittima e testamentaria (Cass. 2215/1984), l’individuazione dei successibili, la capacità a succedere (Cass. 921/1965), le questioni che attengono alla validità e all’efficacia del testamento, le quote spettanti ai successori, l’ampiezza dei poteri dispositivi del de cuius, eventuali facoltà di nomina di esecutori o curatori dell’eredità giacente (Cass. s.u. 2836/1971; Cass. 5984/1984; Cass. s.u. 4477/1994).
2.4. Nei sistemi di common law la successione non investe l’intero patrimonio del defunto: la delazione riguarda individualmente i singoli beni facenti parte dell’asse ereditario.
I diritti successori non si trasmettono agli eredi in via automatica già alla morte del de cuius, essendo prevista una fase di amministrazione conferita ad un organo terzo (executor o administrator), che ha il compito di procedere alla ricognizione dell’attivo e del passivo, alla liquidazione dei beni, ove occorra, al pagamento dei debiti e alla successiva attribuzione del residuo agli aventi titolo.
A differenza dei sistemi continentali, che generalmente contemplano limiti più o meno ampi alla liberta del testatore di disporre dei beni per il tempo in cui avrà cessato di esistere, l’ordinamento inglese assicura la massima libertà testamentaria, non garantendo diritti di legittima.
In detti ordinamenti è – inoltre – scissa la disciplina applicabile alla materia successoria: l’ordinamento inglese dispone, in particolare con norma di diritto internazionale non scritta – che la successione relativamente ai beni mobili è disciplinata dalla legge del domicilio del de cuius, mentre per gli immobili si applica la legge di situazione dei beni (lex rei sitae), ossia quella vigente nel luogo ove essi si trovano.
Secondo le soluzioni più accreditate, nel concorso tra leggi diverse (riguardo ai mobili e agli immobili) in relazione alla medesima successione, il sistema della scissione comporta la creazione di due distinte masse ereditarie, rette dalla legge applicabile a ciascuna di esse.
Nell’ambito di ciascuna massa andrebbero risolti i problemi di validità ed efficacia del titolo successorio, andrebbero stabilite l’entità delle quote spettanti ai successori, le modalità della delazione, l’accettazione e la pubblicità degli atti, l’eventuale tutela dei legittimari, etc..
Nella successione dei beni immobili, ciascun cespite resterebbe quindi assoggettato alla legge vigente nei luoghi di situazione (giustificandosi in tal modo la pratica – diffusa negli ordinamenti di common law – di predisporre più testamenti per ciascuno degli immobili situati all’estero – cd. separate or multiple wills – per temperare gli effetti, eventualmente non conformi alla volontà del disponente, derivanti dalle diversità delle norme applicabili ai singoli cespiti immobiliari).
2.5. A norma dell’art. 13, comma 1, quando nelle successive disposizioni della L. n. 218 del 1995 è richiamata la legge straniera si tiene conto del rinvio operato dal diritto internazionale privato straniero alla legge di un altro Stato, se: a) il diritto di tale Stato accetta il rinvio; b) si tratti di rinvio alla legge italiana.
La norma non si applica, tra l’altro, nel caso in cui la legge straniera sia oggetto di una scelta effettuata in tal senso dalle parti (cd. professio iuris), scelta che, in materia di successione, è consentita al de cuius solo a favore della legge di residenza, sempre che quest’ultima sia stata mantenuta fino al momento della morte (art. 46, comma 2).
In tal caso, se a succedere è chiamato un soggetto residente in Italia, sono fatti salvi i diritti di legittima.
L’art. 13 va – infine – letto in relazione al successivo art. 15, secondo cui la legge straniera si applica secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel tempo.
L’individuazione della norma regolatrice di una specifica materia, riguardo alla quale si configuri un conflitto di leggi, spesso propone un problema preliminare di coordinamento delle (eventualmente divergenti) qualificazioni dei singoli istituti operate dagli ordinamenti in conflitto (cd. rinvio di qualificazione).
La sentenza impugnata ha ad es. stabilito che la revoca testamentaria ricade nella materia successoria ed è regolata dalla legge nazionale del de cuius in base ad una qualificazione effettuata alla stregua del diritto italiano, benchè, nel diritto inglese, detta revoca sia ricompresa nella materia matrimoniale. Come è noto, le norme di diritto internazionale italiano devolvono, invece, la disciplina dei rapporti patrimoniali e personali alla legge nazionale dei coniugi, se comune, o, in mancanza, a quella dello Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata (L. n. 218 del 1995, artt. 29 e 30).
2.6. La portata fortemente innovativa dell’art. 13 è generalmente riconosciuta: nel nuovo contesto l’art. 46, comma 1, pur riproducendo il precedente testo dell’art. 23 preleggi (con la sola soppressione dell’inciso “ovunque i beni si trovino”), appare calato in un contesto normativo profondamente mutato.
L’art. 30 preleggi escludeva difatti la possibilità di tener conto del rinvio contenuto nella legge straniera.
Si è osservato in dottrina che – nell’assetto risultante dalla riforma del 1995 – il criterio della cd. localizzazione diretta della legge applicabile in astratto (art. 46, comma 1), è temperato dalla cd. localizzazione condizionata: il riferimento spaziale è corretto mediante l’impiego dei criteri di rinvio a loro volta contenuti nella norma di diritto internazionale privato dell’ordinamento cui la fattispecie sarebbe altrimenti integralmente assoggettata.
E’ utile inoltre evidenziare come sia generalmente ammesso, ai sensi dell’art. 13, sia il cd. rinvio all’indietro (nel caso, alla legge italiana), sia il cd. rinvio altrove, ossia ad un terzo ordinamento, e come, nello specifico, non sia in discussione nè che l’ordinamento inglese contenga un rinvio all’indietro alla legge italiana in base alla situazione dei beni, nè che tale rinvio sia accettato dall’ordinamento interno ai sensi del citato art. 13.
2.7. La soluzione del caso concreto propone una pluralità di questioni di massima di particolare rilevanza ai sensi dell’art. 374 c.p.c..
In primo luogo, occorre stabilire se, in base al combinato disposto della L. n. 218 del 1995, art. 13, comma 1, art. 15 e art. 46, comma 1, l’inquadramento della revoca del testamento – nell’ambito della materia successoria o in quella matrimoniale – andava effettuata in base ai criteri di qualificazione della lex fori (italiana) o a quelli del diritto inglese.
La sentenza impugnata (pagg. 7 e 8) ha osservato che, secondo il diritto inglese, i rapporti matrimoniali sono comunque disciplinati dalla legge (inglese) del domicilio del testatore, ma tale assunto non sembra escludere che, pur discutendosi della successione di P.O. che, al momento del decesso, era cittadino inglese, occorreva preliminarmente stabilire quali istituti rientrassero nella materia successoria (in modo da assoggettarli alla norma individuata ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 46, comma 1) e in base a quale legge un tale dubbio andasse risolto, venendo a dipendere da tale soluzione l’efficacia del testamento per l’intera successione.
2.8. Dovendosi, inoltre, tener conto della L. n. 218 del 1995, art. 13, comma 1, occorre stabilire se l’applicabilità del diritto inglese era esclusa dal criterio della scissione dello statuto successorio adottato in quell’ordinamento, siccome contrastante con il principio di universalità ed unitarietà della successione implicito già nelle preleggi e poi recepito dalla legge di riforma del diritto internazionale privato italiano.
Nella giurisprudenza straniera si rinvengono sia decisioni che negano l’operatività del rinvio che comporti deroghe al principio di unitarietà ed universalità della lex successoria recepito nella lex fori (cfr., Tribunale Supremo spagnolo, sentenza del 15.11.1996, caso Lowenthal e sentenza del 21.5.1999, caso Denney; Corte di Cassazione francese, sentenza del 21.3.2000, caso Moussard e sentenza 20.6.2006, caso Wildenstein), sia pronunce di segno opposto, favorevoli all’integrale recepimento degli effetti del rinvio. Non constano invece precedenti specifici di questa Corte, specie con riferimento alla disciplina del diritto internazionale privato introdotta dalla L. n. 218 del 1995.
In proposito può osservarsi che, nell’ordinamento interno, il principio di universalità appare assistito da un limitato favor legis (così ad es. al testatore è consentita la scelta della legge successoria della residenza a condizione che essa sia destinata ad operare per l’intera successione: cfr. art. 46, comma 2), e che, tuttavia, in mancanza di più esplicite indicazioni normative, non sembra munito dal carattere di inderogabilità: la possibilità del concorso di norme appartenenti ad ordinamenti diversi in rapporto della natura dei beni facenti parte dell’asse ereditario è difatti contemplata in convenzioni internazionali che impegnano l’Italia (cfr., art. 21 della Convenzione consolare italo-turca del 9.9.1929, che prevede l’applicabilità della legge di nazionalità del de cuius per i mobili e di quella del luogo di situazione per i beni immobili).
Inoltre, l’art. 46, comma 2, nel regolare la professio iuris, dispone che la scelta del de cuius in favore della legge di residenza non pregiudica i diritti dei legittimari solo se residenti in Italia, consentendo che la medesima successione sia sottoposta a discipline eterogenee.
Le ragioni dell’adozione della tecnica del rinvio nel sistema italiano di diritto internazionale privato paiono attualmente dirette a garantire l’effettività delle decisioni, richiedendo una, sia pur parziale, relativizzazione dei valori ordinamentali della normativa interna, rendendola permeabile a principi apparentemente in contrasto con quelli che conformano l’assetto dei singoli istituti, fatto salvo il limite dell’ordine pubblico (e delle norme ad applicazione necessaria L. n. 218 del 1995, ex art. 17).
E’ in tale ottica che, ad es., in caso di professio iuris, le quote di riserva sono preservate – come già detto – non incondizionatamente ma solo a favore dei successori residenti in Italia (art. 46, comma 2).
2.9. In non minori difficoltà pare incorrere lo sforzo di attrarre il principio di unitarietà nell’ambito della nozione di ordine pubblico richiamata dalla L. n. 218 del 1995, art. 16.
Già con riferimento al precedente art. 31 preleggi questa Corte ha affermato che detto limite va ricercato non nel contenuto delle norme interne (anche se di carattere imperativo), ma alla stregua del complesso dei principi fondamentali – desumibili anzitutto dalla Costituzione, dai Trattati istitutivi dell’Unione Europea, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE e dalla Convezione Europea dei diritti dell’uomo – caratterizzanti l’ordinamento in un determinato periodo storico o fondati sull’esigenza di garantire la tutela dei diritti fondamentali (Cass. 19599/2016; Cass. 19405/2013; Cass. 16017/2007; Cass. 4040/2006; Cass. 22332/2004; Cass. 13928/1999).
Alla stregua di tali parametri è stata ritenuta non in contrasto con l’art. 31 preleggi la normativa straniera che non contempli la tutela dei legittimari (Cass. 5832/2002) come pure le previsioni che consentono le disposizioni fedecommissarie a condizioni meno restrittive di quelle imposte dall’art. 692 c.c. (Cass. 2215/1984).
2.10. La decisione della lite richiede inoltre di valutare gli effetti che discendono dal combinato disposto della L. n. 218 del 1995, art. 46, comma 1 e art. 13, comma 1.
La Corte distrettuale di Milano, nel ritenere che la successione fosse disciplinata dalla legge per effetto della revoca del testamento per successivo matrimonio, ha anteposto l’applicazione immediata della norma sostanziale inglese (riguardante detta revoca) alla legge successoria individuata in base alla norma di diritto internazionale che rinvia, riguardo agli immobili, alla lex rei sitae.
Tale soluzione postula che, in virtù dell’art. 46, comma 1, una volta stabilito che la successione è regolata dal diritto straniero, non sarebbe preclusa l’applicabilità della norma sostanziale successoria dell’ordinamento richiamato anche quando esso contenga anche un rinvio parziale all’indietro (in virtù del quale la regolazione della fattispecie è rimessa ad una diversa disposizione), potendosi in tal modo estendere gli effetti della revoca delle disposizioni di ultima volontà all’intera successione.
Secondo il giudice di merito, la legge di situazione dei beni verrebbe dunque in considerazione in seconda battuta, per stabilire, nel concreto, le quote spettanti ex lege agli eredi, sul presupposto dell’inefficacia delle disposizioni di volontà.
In siffatta interpretazione si annida, a parere del Collegio, un ulteriore quesito.
Pare indubbio che il rinvio non sia tecnica di diretta individuazione della norma materiale regolante le singole fattispecie, ma – secondo le più accreditate interpretazioni dottrinali – strumento di soluzione del conflitto esplicito di leggi, che viene in essere allorquando vi sia divergenza tra il criterio di collegamento adottato dalla norma di diritto internazionale interno (la nazionalità del defunto) e il criterio adottato dall’ordinamento straniero richiamato (nella specie, la legge del domicilio per i mobili e la lex rei sitae per gli immobili).
L’art. 13, stabilendo che deve tenersi conto della norma straniera di rinvio, sembra escludere che la materia possa essere disciplinata dall’ordinamento richiamato ove quest’ultimo – in base alle proprie norme di diritto internazionale privato – non voglia invece regolarla, ciò in funzione di una più accurata uniformità delle soluzioni, facendo sì che il giudice nazionale decida il singolo caso esattamente come l’avrebbe deciso il giudice straniero.
Su tali premesse, si profila il dubbio se la possibilità di applicare la legge materiale inglese (riguardante la revoca del testamento per susseguente matrimonio) all’intera successione – ritenuta, perciò, ab intestato – richiedesse (e richieda) la preliminare considerazione della norma di rinvio contenuta nella legge di diritto internazionale privato inglese e quindi di prender atto che l’ordinamento straniero non intendeva disciplinare la successione relativamente agli immobili situati in Italia, eventualmente anche riguardo alle questioni concernenti l’efficacia del titolo (testamentario) rispetto a detti cespiti.
Difatti, se il testamento fosse stato ritenuto almeno parzialmente efficace (riguardo agli immobili), B.O. avrebbe avuto titolo alla quota di legittima (1/4), ove lesa, e non a quella (1/3) prevista dall’art. 581.
2.11. Deve infine valutarsi il rilievo che può assumere la lex rei sitae nel contesto della L. n. 218 del 1955, in forza, in particolare, della previsione dell’art. 13.
Nel vigore delle preleggi, le profonde divergenze nella regolazione dei fenomeni successori e la mancanza di una disposizione analoga all’attuale L. n. 218 del 1995, art. 13 erano all’origine di un deficit di effettività del sistema di diritto internazionale privato unanimemente denunciato: non era difatti escluso che gli effetti delle decisioni del giudice nazionale fossero limitati dalle norme dell’ordinamento straniero che diversamente disciplinassero la fase di amministrazione o le modalità di attribuzione dei beni ereditari situati in territorio straniero.
La lex rei sitae era, a tale scopo, chiamata ad intervenire a valle della individuazione della legge applicabile, per regolare, secondo la norma operante in base alla situazione, le concrete modalità di acquisto dei beni compresi nell’asse.
Anche nell’attuale vigore della L. n. 218 del 1995, art. 46 continua a sostenersi in dottrina che se la successione è regolata da una legge nazionale diversa da quella del luogo in cui i beni sono ubicati, quest’ultima è competente a regolare gli adempimenti necessari per dare concretezza, anche nell’ordinamento straniero, all’assetto della successione regolata da altra legge e perciò a stabilire le modalità e le formalità di acquisto dei beni stessi, l’eventuale amministrazione temporanea, etc. etc..
All’origine di tale impostazione è la distinzione tra la disciplina del titolo della successione, soggetta alla legge individuata ai sensi dell’art. 46, comma 1 e quella regolante il modo di acquisto, rimesso alla lex rei sitae.
Tuttavia, in virtù dell’art. 13, che impone di considerare il rinvio contenuto nell’ordinamento straniero già allo scopo di individuare la norma materiale applicabile alla successione, occorre stabilire se:
a) la lex rei sitae, oltre ad integrare, nei limiti di cui si è detto, la lex successoria già individuata in base all’art. 46, comma 1 possa costituire essa stessa la fonte di regolazione del titolo successorio per effetto del rinvio contenuto nelle norme di diritto internazionale privato straniero che contemplano il sistema della scissione.
b) se – al contrario – detta legge venga sempre in rilievo, anche nel sistema della L. n. 218 del 1995 – ai soli fini della regolazione delle modalità di acquisto dei beni ereditari.
Per concludere, si profilano le seguenti questioni di massima di particolare rilevanza:
a) se, in virtù del combinato disposto della L. n. 218 del 1995, art. 13, comma 1, art. 15 e art. 46, comma 1, la qualificazione degli istituti e delle materie, ai fini dell’individuazione delle norme sostanziali applicabili nei singoli casi, debba operarsi in base all’inquadramento effettuato dall’ordinamento straniero o in base alle norme e alle qualificazioni della lex fori;
b) se l’operatività del rinvio L. n. 218 del 1995, ex art. 13, comma 1, sia escluso allorquando la legge straniera richiamata sia in contrasto con il principio di universalità e unitarietà della successione recepito nella L. n. 1218 del 1995, art. 46;
c) qualora debba tenersi conto delle norme di rinvio contenute nella legge straniera e queste ultime contemplino il sistema della scissione, se, in quali limiti e con quali modalità, detto rinvio investa anche la validità ed efficacia del titolo successorio, e se quindi possa operare in modo parziale (relativamente a taluni soltanto dei cespiti inclusi nell’asse);
d) se il rinvio alla lex rei sitae, oggetto della norma straniera richiamata, comporti – invece – unicamente l’applicabilità delle norme concernenti le modalità di acquisto dei beni ereditari. Poichè su tali questioni di massima di particolare rilevanza non constano precedenti di questa Corte, nè indicazioni dottrinali uniformi, si ritiene opportuno rimettere gli atti al Presidente della Corte di Cassazione per l’eventuale rimessione alle sezioni unite.
PQM
ordina la trasmissione degli atti al Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione affinchè valuti l’opportunità di rimettere la causa alle Sezioni unite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2020
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