LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3513-2019 proposto da:
A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO SASSI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SALERNO SEZIONE DI CAMPOBASSO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
e contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI CAMPOBASSO;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il 07/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 08/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO VALITUTTI.
RILEVATO
che:
A.S., cittadino del Bangladesh, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso il decreto n. 2539/2018, emessa dal Tribunale di Campobasso, depositato il 7 dicembre 2018, con il quale è stata rigettata la domanda di protezione internazionale proposta dallo straniero;
il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO
che:
con i primi due motivi di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 1, 3, 14 e 16, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia ritenuto di denegare al medesimo sia lo status di rifugiato, sia la protezione sussidiaria, sia il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, sebbene sussistessero i presupposti di legge per la concessione di tali misure, e senza, peraltro, effettuare alcun approfondimento istruttorio d’ufficio;
Ritenuto che:
la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisca un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) (Cass. 05/02/2019, n. 3340), escludendosi, in mancanza, la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti;
Rilevato che:
nel caso concreto, il Tribunale ha ampiamente ed adeguatamente motivato in ordine alle ragioni per le quali la narrazione dell’istante, circa il motivo che lo avrebbe indotto ad abbandonare il Paese di origine – consistito in due sequestri a scopo estorsivo, asseritamente subiti da appartenenti al Bangladesh Awomi League -, deve ritenersi non attendibile, dal momento che in ordine a tali sequestri il richiedente non è stato in grado di fornire il benchè minimo dettaglio specifico, e considerato che il medesimo “non appartiene ad una famiglia benestante e non si è mai interessato di politica, per cui risulta difficile rinvenire una ratio plausibile nell’accanimento nei suoi confronti da parte dei sequestratori”;
ancora più inverosimile si rivela, poi, a giudizio del Tribunale, l’omessa denuncia dei sequestratori, in quanto l’istante non sarebbe stato in grado di pagare una somma di denaro, pari a 20.000 taka alla polizia, a suo dire corrotta – ma senza che su tale evenienza siano stati forniti elementi di riscontro – “salvo poi pagare 50.000 taka (quindi, più del doppio) ai trafficanti per fuggire dal Bangladesh);
a fronte di tali motivate argomentazioni, le censure in esame si traducono, in concreto, oltre che in una astratta disamina dei principi giuridici in materia, in una richiesta di rivisitazione del merito della vicenda – peraltro operata in maniera del tutto generica, mediante il riferimento ad una, non meglio precisata, documentazione, che sarebbe stata disattesa dal Tribunale – improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758).
Ritenuto che:
il suesposto rilievo, operato dal giudice di merito, escluda in radice come correttamente affermato dal Tribunale – la possibilità di concessione all’immigrato dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b);
Ritenuto che:
per quanto concerne la protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’attenuazione del principio dispositivo derivante dalla “cooperazione istruttoria”, cui il giudice del merito è tenuto, non riguardi il versante dell’allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata, bensì quello della prova, con la conseguenza che l’osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda;
di conseguenza, in relazione alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), debba essere allegata quantomeno l’esistenza di un conflitto armato o di una situazione di violenza indiscriminata così come descritti dalla norma (Cass., 31/01/2019, n. 3016);
Rilevato che:
nel caso concreto, il Tribunale ha accertato che il richiedente, nella narrazione dei fatti che lo hanno indotto ad abbandonare il luogo di origine, ha allegato genericamente la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata del Paese, e tuttavia il giudice di merito ha comunque accertato, con riferimento a fonti internazionali citate nella motivazione del decreto, che il Bangladesh è immune da situazioni di violenza indiscriminata, derivanti da conflitti interni o internazionali;
la censura si traduce, per contro, in una sostanziale, inammissibile, rivisitazione del merito (Cass., 04/04/2017, n. 8758);
Rilevato che:
del pari, per quanto attiene alla protezione umanitaria, il Tribunale ha accertato che nella narrazione dei fatti operata dallo straniero non sono rinvenibili situazioni di particolare vulnerabilità, e la doglianza si traduce in un tentativo di sovvertire – peraltro mediante allegazioni del tutto generiche ed astratte – tale valutazione, con l’allegazione di circostanze di merito inammissibili in questa sede;
Considerato che:
con il terzo motivo di ricorso – denunciando la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente si duole del fatto che il Tribunale abbia erroneamente revocato l’ammissione del medesimo al patrocinio a spese dello Stato;
Ritenuto che:
la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata come nella specie – con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non comporti mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ai sensi della stesso D.P.R., ex art. 170, dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanta adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dal D.P.R. cit., art. 113 (Cass., 06/12/2017, n. 29228; Cass., 08/02/2018, n. 3028; Cass., 11/11/2018, 32028);
Ritenuto che:
per tutte le ragioni esposte, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente, in favore del controricorrente, alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.100,00, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020