Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.197 del 09/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28314-2015 proposto da:

P.F., rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO FERRI e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

G.E., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO A.

PONCHIELLI n. 6, presso lo studio dell’avvocato MARIO PECORARO, rappresentato e difeso dall’avvocato G.E.;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di COSENZA, depositata il 25/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/09/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi l’Avvocato VINCENZO FERRI per parte ricorrente, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso, e l’avvocato ERNESTO GIARDINO per parte contro ricorrente, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. depositato il 7.10.2014 e ritualmente notificato in uno al relativo decreto di fissazione dell’udienza, l’avv. G.E. evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Cosenza P.F., invocandone la condanna al pagamento dei compensi relativi all’opera professionale da egli svolta in favore del resistente in relazione a due giudizi civili celebrati dinanzi il medesimo Tribunale.

Si costituiva in giudizio il P. invocando l’inammissibilità e comunque il rigetto della domanda, nonchè in subordine la riduzione delle somme richieste dal ricorrente.

Con l’ordinanza del 25.9.2015, oggi impugnata, il Tribunale liquidava in favore del ricorrente la somma di Euro 14.640 in relazione al procedimento civile distinto dal numero R.G. 4069/2009 e la somma di Euro 4.487 in relazione al giudizio civile distinto dal numero R.G.5589/2009.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione P.F. affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso G.E..

La parte controricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, perchè il Tribunale avrebbe omesso di motivare le ragioni poste a sostegno della decisione assunta dal giudice di merito.

La censura è infondata, poichè il Tribunale dà atto, nell’ordinanza impugnata, che il G. aveva documentato l’attività svolta nell’interesse e su incarico del P. mediante la produzione della copia degli atti e dei verbali relativi ai due giudizi, rispettivamente distinti dai numeri R.G. 4069/09 e 5589/2009. Tanto basta a giustificare l’accoglimento della domanda di pagamento del compenso spettante al difensore.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente determinato il compenso dell’avv. G. tenendo conto del criterio del disputatum anzichè di quello del decisum. Poichè nei due giudizi seguiti dal controricorrente il P. era risultato vincitore, in quanto era stata accertata l’assenza del suo obbligo di pagamento nei confronti della controparte, il decisum sarebbe stato pari a zero e su questo valore avrebbe dovuto essere liquidato il compenso spettante al professionista.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione ed erronea applicazione del D.M. n. 140 del 2012, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il Tribunale avrebbe liquidato il compenso spettante al G. senza considerare che, in ragione del criterio del decisum di cui anzidetto, lo scaglione della tariffa da prendere in esame era quello compreso tra O ed Euro 5.000, e senza operare le riduzioni previste dalla norma sopra richiamata in relazione all’oggetto e alla complessità della controversia.

Le due censure, che per la loro intima connessione meritano un esame congiunto, sono a loro volta infondate.

Va premesso che il Tribunale ha applicato, ratione temporis, il D.M. n. 140 del 2012 al primo giudizio (R.G.4069/09) in quanto lo stesso si era definito con sentenza n. 377 del 2014; ed il D.M. n. 55 del 2014 al secondo giudizio (R.G. 5589/09), in relazione al quale l’attività professionale si era conclusa con atto di rinuncia al mandato comunicato dal G. al cliente in data 30.7.2014 e depositato in via telematica in data 26.9.2014. Il giudice di merito ha quindi individuato il valore delle due controversie, facendo riferimento per il primo giudizio al valore del disputatum in ragione del fatto che il primo giudizio si era concluso con il rigetto della domanda spiegata nei confronti del P., che pertanto era risultato totalmente vittorioso. Ed invece, per il secondo giudizio, al compenso spettante al P. che era stato determinato in esito alla C.T.U. a tal fine disposta dal giudice della causa presupposta. Ambedue i criteri di valutazione appaiono corretti e coerenti con il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “Il valore della controversia al fine del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente va fissato in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato all’opera professionale effettivamente prestata… – sulla base del criterio del disputatum (ossia di quanto richiesto dalla parte attrice nell’atto introduttivo del giudizio), tenendo però conto che, in caso di accoglimento solo parziale della domanda, il giudice deve considerare il contenuto effettivo della sua decisione (criterio del decisum), salvo che la riduzione della somma o del bene attribuito non consegua ad un adempimento intervenuto, nel corso del processo, ad opera della parte debitrice, convenuta in giudizio, nel qual caso il giudice, richiestone dalla parte interessata, terrà conto non di meno del disputatum, ove riconosca la fondatezza dell’intera domanda. Analogamente nel caso in cui, ove una parte impugni la decisione resa dal giudice soltanto in parte, il valore della controversia nel suo successivo sviluppo nel grado di impugnazione è limitato a quanto richiesto dalla parte impugnante secondo il criterio del disputatum, integrato dal criterio del decisum in caso di accoglimento parziale dell’impugnazione” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 19014 del 11/09/2007, Rv.598766, pagg.31 e s.).

Il criterio del decisum, pertanto, opera soltanto quale correttivo del principale criterio del disputatum, nei soli casi in cui, o in ragione dell’esagerata prospettazione iniziale della parte, o per effetto di fatti sopravvenuti nel corso del giudizio, quali ad esempio la determinazione in esito all’istruttoria svolta di quanto effettivamente dovuto dall’una parte all’altra, l’adozione del parametro del disputatum conduca ad una quantificazione delle spese che la parte soccombente è tenuta a rimborsare alla parte vittoriosa che appaia non coerente con l’esito finale della controversia. In tali ipotesi, infatti, l’importanza della causa e l’attività del difensore vanno apprezzate con riferimento all’effettivo valore del disputatum.

Nel caso invece in cui la parte risulti totalmente vittoriosa, va applicato il criterio del disputatum, in quanto la pretesa iniziale è stata totalmente riconosciuta all’esito del giudizio di merito. Nè ha alcun valore il fatto che una delle parti invocasse l’assenza del debito preteso dall’altra parte, poichè in ogni caso il disputatum va parametrato alla somma che era stata richiesta nei confronti della parte risultata poi totalmente vittoriosa all’esito della causa.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020

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