Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.21335 del 06/10/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16700-2018 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 24, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE VALVO, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCA PALUMBI;

– ricorrente –

contro

VITTORIA ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI SANTA TERESA 23, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO HAZAN, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO TAURINI;

– controricorrente –

contro

Z.N.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 21026/2017 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata il 22/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

FATTI DI CAUSA

1. G.M., rimasta vittima di un sinistro stradale, nel 2013 convenne dinanzi al Giudice di pace di Bologna il responsabile del sinistro ( Z.N.) e l’assicuratore della responsabilità civile di questi (la società Vittoria Assicurazioni s.p.a.), chiedendone la condanna al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.

2. Nel corso dell’istruttoria il Giudice di pace dispose una consulenza tecnica d’ufficio medico-legale, all’esito della quale il consulente concluse nel senso che l’attrice:

-) in conseguenza del sinistro aveva patito un evento biologico consistito in una distorsione del rachide cervicale;

-) l’esame obiettivo evidenziava un rachide cervicale contratto e dolente alla pressione sulle masse paravertebrali e al passaggio cervico-dorsale; nonchè una limitazione dell’articolazione limitata di un quarto in estensione, e di un quinto negli altri movimenti;

-) dal trauma causato dal sinistro erano derivati attendibilmente postumi permanenti consistenti in una sindrome cefalalgico-vertiginosa con lieve limitazione funzionale del rachide cervicale in soggetto artrosico;

-) tali postumi comportavano una riduzione della complessiva validità dell’individuo nella misura del 2%.

3. Con sentenza 10.2.2016 n. 318 il Giudice di pace ritenne di non condividere la suddetta consulenza.

Rigettò, di conseguenza, la domanda di risarcimento del danno biologico permanente e del danno morale, accogliendo le altre.

Ritenne il Giudice di pace che il consulente aveva “offerto una interpretazione difforme dallo spirito delle norme imposte dalla L. 27 del 2012, infatti le eventuali lesioni lamentate da cui sarebbero derivati gli scarsi postumi invalidanti reliquati, non hanno avuto riscontro strumentale oggettivo e/ o visivo e quindi il c.t.u. pare abbia basato la valutazione sui presupposti soggettivi indicati dalla G.M.”.

La sentenza venne impugnata dalla parte soccombente.

3. Il Tribunale di Bologna con sentenza 22 novembre 2017 n. 21026 rigettò il gravame.

Il Tribunale, dopo aver rilevato in punto di fatto che secondo il consulente tecnico d’ufficio le lesioni patite dalla vittima erano accertabili “solo clinicamente ma non strumentalmente”, rigettò il gravame, sul presupposto che l’art. 139 codice delle assicurazioni, (D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209), come modificato dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 32, (convertito nella L. 24 marzo 2012, n. 27), esclude la risarcibilità (non già dei danni non potuti oggettivamente accertare, ma) dei danni esistenti, ma non strumentalmente o visivamente accertabili.

Ha osservato il Tribunale che la irrisarcibilità del danno permanente alla persona che non sia strumentalmente o visivamente accertabile non è contraria alla Costituzione; che in tal senso si è espressa la stessa corte costituzionale con l’ordinanza n. 242 del 2015; che per “accertamento visivo” deve intendersi solo quello che sia possibile compiere semplicemente guardando il paziente, senza ricorrere a palpazioni, auscultazioni, manovre articolari et similia; che nel caso di specie l’esistenza dei postumi permanenti non era dimostrata nemmeno dalle indagini strumentali cui la danneggiata si era sottoposta.

Infine, il Tribunale ha confermato la sentenza di primo grado anche nella parte in cui quest’ultima aveva rigettato la domanda di risarcimento del “danno morale”, osservando che correttamente il Giudice di pace bene aveva esclusa l’esistenza argomentando dalla tenuità delle conseguenze lesive causate dal sinistro; che tale pregiudizio deve essere allegato e provato, che esso non possa presumersi sol perchè sia accertata l’esistenza d’un danno alla salute.

4. La sentenza è stata impugnata da G.M. con ricorso fondato su tre motivi.

Ha resistito con controricorso la Vittoria s.p.a..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ superfluo dar conto dei motivi posti dalla ricorrente a fondamento del proprio ricorso, in quanto quest’ultimo va dichiarato inammissibile per mancanza di una valida procura speciale.

L’avvocato P.F., infatti, ha proposto la propria impugnazione in virtù di una procura nella quale si legge che la persona conferente, G.M., dichiara di voler delegare l’avvocato P.F. “a rappresentarmi e difendermi in ogni grado del presente giudizio, nei conseguenti processi esecutivi ed eventuali giudizi di opposizione e chiamata in garanzia”.

La procura prosegue affermando di voler conferire al difensore la facoltà di “transigere, conciliare, rinunziare agli atti del presente giudizio, farsi sostituire”, nonchè di “presentare istanza di mediazione, D.Lgs. n. 28 del 2010, ex artt. 4 e 5, nonchè a comparire agli incontri che verranno all’uopo fissati, con promessa di rato e valido del suo operato. Dichiaro altresì di essere stato informato della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione”.

2. Una procura di questo tipo, quando – come nella specie – sia estesa su un foglio separato e materialmente congiunto al ricorso (e non al margine o in calce di quello), non è una procura speciale.

Infatti la delega conferita da G.M. all’avv. P. affinchè sia rappresentata e difesa “in ogni grado del presente giudizio” potrebbe teoricamente essere stata conferita per qualsiasi tipo di iniziativa giudiziaria; e per di più vanamente si cercherebbe nella suddetta procura un riferimento anche minimo, anche indiretto, anche tenue, all’impugnazione della sentenza pronunciata dal Tribunale di Bologna. Dinanzi a procure siffatte la giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che “è inammissibile il ricorso per cassazione allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso, contenga espressioni incompatibili con la proposizione dell’impugnazione ed univocamente dirette ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali” (Cass. 23 gennaio 2020, n. 1525; 2 luglio 2019, n. 17708; 5 novembre 2018, n. 28146; 11 ottobre 2018, n. 25177; 30 marzo 2018, n. 7940; 24 luglio 2017, n. 18257; 21 marzo 2005, n. 6070; 16 dicembre 2004, n. 23381).

3. In caso di ricorso per cassazione dichiarato inammissibile per difetto di una valida procura rilasciata al difensore, deve provvedersi alla dichiarazione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come novellato dalla L. n. 228 del 2012, sicchè, trattandosi di attività processuale della quale il legale assume esclusivamente la responsabilità, su di lui e non sulla parte grava la pronuncia relativa alle spese del giudizio, compreso il raddoppio dell’importo dovuto a titolo di contributo unificato (Cass. 9 dicembre 2019, n. 32008; 10 ottobre 2019, n. 25435; 20 giugno 2006, n. 14281).

P.Q.M.

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) condanna l’avv. P.F. in proprio alla rifusione in favore di Vittoria Assicurazioni s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 5.400, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie, D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte dell’avv. P.F. in proprio di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

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