LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11419/2016 proposto da:
Tema Tecnologia Manutenzioni Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale G. Mazzini 131, presso lo studio dell’avvocato Zaccaria Rosa, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Zaccaria Giuseppe Egidio, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Sifin Società Immobiliare Finanziaria Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma V. Leopoldo Ruspoli 45, presso lo studio dell’avvocato Mei Cristiana, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Baldassini Rocco, giusta procura in atti;
– ricorrente –
e contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, V. Del Tempio Di Giove 21, presso lo studio dell’avvocato Rossi Domenico, Avvocatura di Roma Capitale, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, V. Del Tempio Di Giove 21, presso lo studio dell’avvocato Rossi Domenico, Avvocatura di Roma Capitale, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3270/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/11/2019 da Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi;
udito l’Avvocato Rosa Zaccaria per la ricorrente Tema Srl, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Rocco Baldassini per la ricorrente Sifin Srl, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Domenico Rossi per il controricorrente, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
RILEVATO
CHE:
Con decreto n. 31 del 9 maggio 2008, il Comune di Roma ha espropriato otto particelle catastali, di proprietà della Sifin Società Immobiliare Finanziaria, di incontestata natura edificabile, in vista della realizzazione dei lavori di “Completamento del Piano di zona B 37 *****”, ed ha chiesto la determinazione giudiziale delle indennità di esproprio e di occupazione legittima, avendo contestato l’indennità provvisoria di esproprio determinata in Euro 276878,42.
Nel corso del giudizio è intervenuta la Te.ma. Tecnologia Manutenzioni, quale cessionaria del 50% dei crediti vantati dalla Sifin nei confronti del Comune di Roma.
La Corte d’appello di Roma, con ordinanza del 28 maggio 2015, ha determinato l’indennità di esproprio, con riferimento ad una superficie complessiva di mq. 15516, in complessivi Euro 2.403.773,10, e quella di occupazione legittima in complessivi Euro 337.133,78, avendo stimato il valore di mercato in base al criterio analitico-ricostruttivo, correlato a quello sintetico-comparativo, avuto riguardo alle caratteristiche dell’edilizia in concreto realizzabile e ai vincoli di commerciabilità degli immobili di edilizia residenziale pubblica.
Avverso questa sentenza hanno proposto separati ricorsi per cassazione la Sifin e la Te.ma., cui si è opposta Roma Capitale con controricorsi. La Sifin ha depositato una memoria.
CONSIDERATO
CHE:
Le predette società a sostegno dei ricorsi hanno proposto due motivi speculari che devono essere esaminati congiuntamente:
il primo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 165,166,183,184,342,345,347,194 c.p.c. e art. 87 disp. att. c.p.c. e nullità del supplemento di c.t.u. in data 26 maggio 2014, per avere la Corte di merito utilizzato, ai fini della determinazione delle indennità, un atto di comparazione illegittimamente acquisito dal consulente tecnico d’ufficio, in quanto tardivamente prodotto in giudizio dal Comune di Roma tramite il consulente di parte in sede di supplemento peritale, in base al quale il valore di mercato era stato arbitrariamente ridotto da Euro 293,63 a Euro 153,94 a mq.;
il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39 per avere determinato l’indennità sulla base di una stima del valore dell’immobile non corrispondente alla media dei prezzi di mercato, avendo fatto riferimento al prezzo massimo di cessione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (espresso in una convenzione tra il Comune di Roma e la CEP Costruzioni Edilizie Polifunzionali spa del 17 maggio 2002) ad una data risalente (il 1 ottobre 1982) rispetto a quella dell’esproprio, impropriamente rivalutato, nonchè con riferimento ad un unico atto di comparazione privo dei requisiti di rappresentatività, tanto più che il prezzo di cessione degli alloggi pubblici indicato nella suddetta convenzione era suscettibile di maggiorazione ed espressione solo del diritto di superficie e non del diritto di proprietà.
I motivi sono infondati.
Il primo profilo, riguardante l’utilizzazione di un atto illegittimamente acquisito dal c.t.u., trascura il principio (enunciato da Cass. n. 14577 del 2012) secondo cui il consulente tecnico d’ufficio, ai sensi dell’art. 194 c.p.c., può acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori, rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza – come nel caso degli atti di comparazione rilevanti ai fini della stima del valore di mercato di immobili espropriati -, e non di fatti e situazioni che debbano necessariamente essere provati dalle parti quando posti direttamente a fondamento delle loro domande ed eccezioni.
Inoltre, l’ipotizzata illegittimità della relazione del consulente tecnico d’ufficio, e in via derivata della sentenza, per avere tenuto conto di documenti non ritualmente prodotti in causa, sarebbe fonte di nullità relativa soggetta al regime di cui all’art. 157 c.p.c., al pari di ogni altro vizio della consulenza tecnica, ma il vizio avrebbe dovuto essere fatto valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito del supplemento della relazione (cfr. Cass. n. 12231 del 2002; in generale Cass. n. 4448 del 2014) e il motivo avrebbe dovuto indicare se e in quale atto difensivo l’eccezione sia stata proposta nel giudizio, risultando altrimenti privo di specificità.
Il secondo profilo si risolve nella richiesta di riesame di apprezzamenti di fatto relativi alla determinazione del valore dell’immobile, incensurabili in questa sede, anche in relazione alla doglianza di travisamento del contenuto della convenzione, che è anche priva di specificità, non specificando se e quando la questione sia stata discussa nel giudizio di merito. L’ulteriore doglianza di indebita rivalutazione del valore dell’immobile non tiene conto che, come rilevato dal PG, detta rivalutazione è stata ancorata ai costi di costruzione e dunque operata con specifica considerazione delle fluttuazioni del mercato edilizio (cfr. Cass. n. 15359 del 2000).
I ricorsi sono rigettati. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido, alle spese in favore di Roma Capitale, liquidate complessivamente in Euro 8200,00.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020
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