Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.220 del 09/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 2388/2017 r.g. proposto da:

D.N.A., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Francesco Fimmanò, con cui elettivamente domicilia in Roma, Via G.

Vico n. 1, presso lo studio dell’Avvocato Roberto Ranucci;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO ***** s.p.a., in liquidazione (cod. fisc. *****), in persona del curatore fallimentare legale rappresentante pro tempore Avv. D.L.N., rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato Lorenzo Stanghellini, con il quale elettivamente domicilia in Roma, alla Via G. Vico n. 1, presso lo studio dell’Avvocato Stefano Prosperi Mangili;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, depositato in data 14.12.2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/11/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

CHE:

1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere decidendo l’opposizione allo stato passivo proposta da D.N.A. nei confronti della curatela fallimentare della ***** s.p.a. in liquidazione – ha confermato il provvedimento impugnato emesso dal g.d. nella parte in cui il credito professionale azionato dall’avvocato per la predisposizione del ricorso era stato ammesso in via privilegiata ex art. 2751 bis c.c., n. 2, e non già in via prededuttiva (come richiesto), accogliendo solo parzialmente la proposta opposizione nella parte in cui l’opponente si doleva della illegittima riduzione da parte del g.d. del quantum debeatur per l’accertato inadempimento del professionista, con conseguente definitiva ammissione al passivo fallimentare per Euro 60.602,00 in via privilegiata.

Il Tribunale ha ritenuto che, per il riconoscimento dell’invocata prededuzione, l’attività di consulenza – svolta dall’avvocato nell’attività di predisposizione del ricorso per l’ammissione alla procedura negoziale della crisi di impresa – deve aver rivestito un’attitudine quanto meno conservativa delle ragioni dei creditori, situazione, invero, non rintracciabile nel caso di specie in ragione della dichiarata inammissibilità della proposta che, in sede di giudizio di omologazione del concordato, era stata dichiarata dal tribunale inadeguata sul piano informativo della prospettazione della domanda e del suo supporto documentale, precisando che la natura prededucibile del credito dedotto possa essere riconosciuta solo laddove sia acclarata la sua utilità rispetto al ceto creditorio.

2. Il decreto, pubblicato il 14.12.2016, è stata impugnato da D.N.A. con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo di doglianza, cui la curatela fallimentare della ***** s.p.a. in liquidazione ha resistito con controricorso.

La curatela fallimentare ha depositato memoria.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo ed unico motivo la parte ricorrente – lamentando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 111, comma 2 – si duole del mancato riconoscimento della invocata prededuzione del credito professionale ammesso al passivo. Osserva la parte ricorrente che la domanda per l’apertura della procedura concorsuale, cui “funzionalmente” inerisce il credito professionale oggetto di impugnazione, era stata ammessa ed anche approvata dal ceto creditorio, essendo stata dichiarata inammissibile solo in sede di giudizio di omologazione del concordato, e che, pertanto, doveva essere riconosciuta la richiesta prededuzione perchè non poteva essere negata la funzionalità della prestazione professionale offerta dall’avvocato rispetto alla procedura concorsuale, senza che rilevasse l’utilità della stessa sulla base di una valutazione ex post collegata all’esito della procedura concorsuale.

2. Il ricorso è fondato.

Le censure di inammissibilità sollevate dalla curatela controricorrente possono essere esaminate unitamente al merito della censura proposta con il ricorso.

2.1 Sul punto, giova ricordare che, secondo la più recente giurisprudenza espressa da questa Corte (cui anche questo Collegio intende uniformarsi), in tema di concordato preventivo, il credito del professionista che abbia predisposto l’attestazione prevista dalla L. Fall., art. 161, comma 3, rientra tra quelli sorti “in funzione” della procedura e, come tale, ai sensi della L. Fall., art. 111, comma 2 – norma che, in relazione al previsto criterio della strumentalità o funzionalità delle attività professionali rispetto alle procedure concorsuali, introduce un’eccezione al principio della “par condicio creditorum” al fine di favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa -, va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione “ex post”, se la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 12017 del 16/05/2018).

2.2 Ebbene, la giurisprudenza di questa Corte ha oramai da tempo intrapreso un percorso evolutivo volto ad affrancare la categoria dei crediti prededucibili in ragione del loro carattere funzionale dal presupposto di un controllo giudiziale sulla loro utilità.

2.2.1 In questa prospettiva interpretativa è stato dapprima sottolineato (Cass. n. 5098/2014) che anche ai crediti sorti anteriormente all’inizio della procedura di concordato preventivo, non occasionati dallo svolgimento della medesima procedura, può riconoscersi la prededucibilità ove sia applicabile il secondo criterio richiamato dalla L. Fall., art. 111, comma 2, quello cioè della funzionalità, o strumentalità, delle attività professionali da cui i crediti hanno origine rispetto alla procedura concorsuale. E ciò in ragione della evidente ratio della norma, individuabile nell’intento di favorire il ricorso alla procedura di concordato preventivo, nel quadro della riforma di tale procedura, diretta a predisporre un possibile strumento di composizione della crisi idonea a favorire la conservazione dei valori aziendali.

2.2.2 La medesima ratio sta alla base del disposto della L. Fall., art. 67, lett. g), (che sottrae alla revocatoria fallimentare i pagamenti dei debiti liquidi ed esigibili eseguiti dall’imprenditore per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alla procedura di concordato preventivo): si è, dunque, ritenuto che il nesso funzionale (il quale, in caso di mancato pagamento, giustifica la prededucibilità dei crediti derivanti dalle prestazioni stesse, pur se sorti prima dell’inizio della procedura), sia ravvisabile nella strumentalità di queste prestazioni rispetto all’accesso alla procedura concorsuale minore (cfr. sempre, Sez. 1, Ordinanza n. 12017 del 16/05/2018, cit. supra).

2.2.3 E’ stato in seguito precisato (Cass. n. 6031/2014) che il disposto della L. Fall., art. 111, comma 2, deve essere inteso, tenuto conto della ratio della riforma volta a incentivare gli strumenti di composizione della crisi e a favorire la conservazione dei valori aziendali, nel senso che il credito sorto in funzione di una procedura concorsuale è senza dubbio anche quello sorto “per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali” L. Fall., ex art. 67, lett. g), quale l’attività prestata in favore dell’imprenditore poi dichiarato fallito in funzione dell’ammissione del medesimo alla procedura di concordato preventivo, non rilevando la natura concorsuale del credito stesso, per essere sorto in periodo anteriore al fallimento” (cfr. anche, Cass. n. 19013/2014).

2.3 Ne consegue che, secondo l’orientamento sopra ricordato, i crediti sorti a seguito delle prestazioni rese in favore dell’imprenditore per la redazione della domanda di concordato preventivo e per la relativa assistenza rientrano fra quelli da soddisfarsi in prededuzione ai sensi della L. Fall., art. 111, comma 2, poichè questa norma individua un precetto di carattere generale, privo di restrizioni, che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa, introduce un’ eccezione al principio della par condicio creditorum, estendendo in caso di fallimento la preducibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali (Cass. n. 1765/2015).

2.4 Ne discende, ancora, come ulteriore corollario del principio qui riaffermato, che la verifica del nesso di funzionalità e strumentalità deve essere compiuta controllando se l’attività professionale prestata possa essere ricondotta nell’alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità dalla stessa perseguite secondo un giudizio ex ante, non potendo l’evoluzione fallimentare della vicenda concorsuale, comportare di per sè sola la frustrazione dell’obiettivo della norma, escludere il ricorso all’istituto (cfr. sempre, Sez. 1, Ordinanza n. 12017 del 16/05/2018, cit. supra).

Dunque, la funzionalità è ravvisabile quando le prestazioni compiute dal terzo, per il momento ed il modo con cui sono state assunte in un rapporto obbligatorio con il debitore, confluiscano nel disegno di risanamento da quest’ ultimo predisposto in modo da rientrare in una complessiva causa economico-organizzativa almeno preparatoria di una procedura concorsuale, a meno che non ne risulti dimostrato il carattere sovrabbondante o superfluo rispetto all’iniziativa assunta (cfr., ancora Cass. n. 280/2017).

2.5 Nessuna verifica deve invece essere compiuta, ove alla procedura minore consegua il fallimento, in ordine al conseguimento di un’utilità in concreto per la massa dei creditori, concetto che non può essere confuso o sovrapposto a quello di funzionalità.

2.5.1 La collocazione in prededuzione prevista dalla L. Fall., art. 111, comma 2, costituisce, come detto, un’eccezione al principio della par condicio che intende favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa e rimane soggetta alla verifica delle sole condizioni previste dalla norma in parola (così, Sez. 1, Ordinanza n. 12017 del 16/05/2018, cit. supra).

Invero, l’utilità concreta per la massa dei creditori – a prescindere dal fatto che l’accesso alla procedura di concordato preventivo costituisce di per sè un vantaggio per i creditori ove si tenga conto degli effetti della consecuzione delle procedure (tra cui la cristallizzazione della massa e la retrodatazione del periodo sospetto ai fini dell’esperimento della revocatoria fallimentare, come ha ricordato anche Cass. n. 6031/2014) – non rientra, invece, nei requisiti richiesti e nelle finalità perseguite dalla norma in questione e non deve perciò essere in alcun modo indagata (Cass. n. 1182/2018).

2.5.2 Non vi è dubbio, dunque, che il credito del professionista che abbia predisposto il ricorso per l’ammissione alla procedura concorsuale minore rientri tra i crediti sorti “in funzione” di quest’ultima procedura e, come tale, a norma della L. Fall., art. 111, comma 2, vada soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti.

2.6 Ciò detto, va evidenziato come il credito per cui è oggi causa era sorto in favore del ricorrente in relazione alla prestazione professionale eseguita da quest’ultimo, quale avvocato che aveva curato l’attività necessaria alla predisposizione del ricorso per l’ammissione alla procedura concorsuale pattizia di regolazione della crisi, e che, pertanto, non rileva in alcun modo l’esito successivo della proposta concordataria la quale, peraltro, nel caso di specie, aveva determinato l’apertura della procedura ed era stata anche oggetto di approvazione da parte dei creditori, essendo intervenuta l’interruzione della procedura solo in seguito al giudizio negativo espresso, in sede di omologazione della proposta stessa.

2.7 Invero, a questi principi non si è adeguato il Tribunale laddove ha ritenuto, invece, che l’attività professionale prestata dall’odierno ricorrente non avesse rivestito alcuna utilità per gli interessi del ceto creditorio, non essendo la proposta concorsuale stata apprezzata positivamente nel corso del giudizio di omologazione ove era stato riscontrato un doppio profilo di inammissibilità legato, da un lato, alle carenze informative della prospettazione della domanda e, dall’altro, alle carenze del supporto documentale da allegare alla proposta stessa, con ciò legando, dunque, il riconoscimento della prevista prededuzione al profilo della concreta utilità della proposta, da valutarsi ex post con riferimento all’esito della procedura. Ne consegue la cassazione del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che si atterrà ai principi di diritto sopra ricordati e che regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020

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