LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13789/2019 proposto da:
B.M., elettivamente domiciliato in Ascoli Piceno, presso lo studio dell’avvocata Stefania Mariani, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, *****;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 15/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/07/2020 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.
FATTI DI CAUSA
1.- B.M., proveniente dalla terra della *****, ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Ancona avverso il provvedimento della Commissione territoriale di questa città, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria), come pure di diniego di riconoscimento della protezione umanitaria.
Con decreto depositato il 15 marzo 2019, il Tribunale adito ha rigettato il ricorso.
2.- Il decreto ha ritenuto che le dichiarazioni rese dal richiedente, “anche laddove credibili, restano confinate nei limiti di una vicenda di vita privata e di miglioramento socio-economico, atteso che gli aspetti evidenziati in ricorso integrano personali timori circa la necessità di sostenersi economicamente”. Ha poi escluso la sussistenza di una situazione di conflitto armato e/o di violenza indiscriminati nel Paese di provenienza del richiedente, richiamando in particolare le notizie apparse sul sito Unità COI, come aggiornato al gennaio 2018. Ha rilevato che, nella specie, non sono emersi profili di vulnerabilità specifici alla persona del richiedente: quanto “all’otite menzionata in discorso” – si è puntualizzato – “non vi sono in atti certificati medici che attestino tale situazione, bensì soltanto un referto risalente al giugno 2018”; “ciò induce a ritenere insussistente una grave patologia ostativa al rimpatrio”.
3.- Avverso questo provvedimento il richiedente ha presentato ricorso, articolando tre motivi di cassazione.
L’amministrazione intimata non ha svolto difese nel presente grado del giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.- Col primo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 4 Direttiva 2011/95/UE, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, art. 10 Direttiva 2013/32/UE, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, “in merito allo speciale regime probatorio vigente nella materia di che trattasi e agli ampi poteri/doveri di collaborazione posto in capo all’organo amministrativo prima, e al giudice poi, nell’esame della domanda di protezione internazionale”; col secondo motivo, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 7 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, “in relazione alla ritenuta insussistenza di esposizione a un danno grave in capo al ricorrente, nonostante questi fosse stato minacciato apertamente quanto alla propria incolumità personale e alla vita, in un contesto di violenza incontrollata da parte di privati cittadini e nella sostanziale inaffidabilità della protezione da parte di corpi di polizia e/o militari e/o paramilitari”; col terzo motivo, violazione dell’art. 4 Direttiva 2011/95/UE, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, art. 19 Direttiva 2013/32/UE, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32,D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 e art. 2 Cost., “in merito alla ritenuta insussistenza dei “seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionale dello Stato” per l’accoglimento dell’istanza di rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari”.
5.- Il ricorso è inammissibile.
5.1.- Il primo motivo, che dichiara di attenere in genere alla “richiesta di protezione internazionale, si snoda lungo una serie di considerazioni astratte, e anche disaggregate, sul tema dell’onere della prova nei giudizi di riconoscimento della protezione; su quella del dovere di collaborazione del giudice, sulla situazione politica, economica e sociale della Guinea; sul dovere del giudice di esaminare tale situazione anche con riferimento ai Paese in cui i richiedenti sono transitati; sul fatto che si manifesta discutibile che il “giudice possa decidere su COI acquisite autonomamente e che non sono state sottoposte al contraddittorio delle parti”. A un certo punto dell’esposizione, il motivo introduce anche un passaggio relativo alla materia della protezione umanitaria, assumendo che il “giovane guineano ha compiuto sinceri sforzi per cogliere tutte le opportunità che il sistema di accoglienza ha messo a sua disposizione”.
Il motivo difetta dunque, nelle sue “travi portanti”, della specificità che è richiesta ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione.
In relazione, poi, all’unica censura che il motivo muove in termini puntuali al decreto anconetano, si deve rilevare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “l’omessa sottoposizione al contraddittorio delle COI assunte d’ufficio dal giudice a integrazione del racconto del richiedente, non lede il diritto di difesa di quest’ultimo, poichè in tal caso l’attività di cooperazione istruttoria è integrativa dell’inerzia della parte e non ne diminuisce le garanzie processuali” (Cass., 11 novembre 2019, n. 29056).
5.2.- Nel secondo motivo, il ricorrente estrapola una singola frase che il decreto impugnato ritrae dalla COI compulsata, per affermare che la decisione è contraddittoria ed errata, non avendo il Tribunale accertare se le autorità guineane fossero effettivamente in grado di offrire adeguata protezione al ricorrente. In realtà, il decreto anconetano ha esaminato in modo articolato e partito la situazione del Paese della Guinea, valutando gli aspetti negativi e quelli positivi, sino a giungere, infine, al giudizio finale di non ricorrenza dei presupposti per l’applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.
5.3.- Il terzo motivo, che è dedicato al tema della protezione umanitaria, non individua profili di vulnerabilità specifici alla persona del richiedente. Nei fatti, il motivo si limita ad allegare il timore del richiedente di “essere vittima di sfruttamento lavorativo”, “il buon livello di integrazione sociale raggiunto”; la diffusa povertà che si riscontra in Guinea.
6.- Non vi ha luogo provvedere sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2020