LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 32099/2019 proposto da:
K.K., nato in *****, rappresentato e difeso dall’avv.to Fabrizio Cardinali, del Foro di Novara, (avvfabriziocardinali.pec.ordineavvocatinovara.it) con studio in Novara, Corso Cavallotti n. 90, giusta procura speciale allegata al ricorso, e domiciliato in Roma piazza Cavour, presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso la ordinanza del giudice di pace di Vercelli n 1584/2019 depositata il 18.9.2012;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23.7.2020 dal Cons. Dott. Antonella Di Florio.
RILEVATO
che:
1. K.K., proveniente dal *****, ricorre affidandosi a due motivi per la cassazione dell’ordinanza del giudice di pace di Vercelli che aveva respinto l’opposizione al decreto prefettizio di espulsione emesso il 22.8.2019.
1.1 Per ciò che interessa in questa sede, l’opposizione è stata respinta in quanto il provvedimento prefettizio di espulsione è stato ritenuto conforme al T.U. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. B, artt. 4 e 4 bis e 14: il ricorrente, infatti, aveva riportato numerosi precedenti penali in materia di stupefacenti e ciò era stato legittimamente ritenuto indicativo di pericolosità sociale.
2. Il Ministero dell’Interno non si è difeso.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 5, comma 6 e art. 13, commi 2 e 4 T.U. Immigrazione, nonchè D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, commi 4 e 4 bis ed art. 19, comma 2, lett. c) e art. 30 T.U. Immigrazione: lamenta che il gdp si era limitato a paventare la sua pericolosità sociale laddove i precedenti penali a suo carico erano di minima entità.
2. Con il secondo motivo, lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione fra le parti, consistente nella sua convivenza con la coniuge, cittadina italiana, circostanza che, in thesi, dove ritenersi rilevante D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 19, comma 2, lett. c).
3. Assume, al riguardo, che il provvedimento prefettizio era del tutto privo di ogni valutazione concernente il rapporto di coniugio, e che egli, in relazione a tale circostanza, aveva presentato presso la questura di Novara un permesso di soggiorno per motivi familiari la cui domanda era ancora pendente al momento in cui era stato emesso il decreto di espulsione che, anche per tale ragione, doveva ritenersi illegittimo.
4. Entrambi i motivi, da esaminarsi congiuntamente per la stretta connessione logica, sono inammissibili per totale mancanza di autosufficienza e di specificità, con violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6.
4.1. Il ricorrente, infatti, contesta in modo del tutto generico il provvedimento impugnato, omettendo di indicare – a fronte della sufficiente motivazione resa dal giudice di pace – sia quali condanne subite avevano ingiustamente determinato il giudizio di pericolosità sociale del provvedimento prefettizio di espulsione (visto che, in thesi, sarebbero state relative a “fatti di lieve entità”); sia il rapporto di coniugio con una cittadina italiana che egli si limita, invero, soltanto ad enunciare, non fornendo alcuna dimostrazione nè del matrimonio contratto nè della convivenza.
4.2. E’ stato, al riguardo, affermato il principio, ormai consolidato, secondo il quale “in tema di ricorso per cassazione, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla S.C. ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale senza compiere generali verifiche degli atti (cfr. ex multis Cass. 11738/2016; Cass. 23834/2019): nel caso di specie, il ricorso si discosta totalmente da tale principio, ragione per cui deve essere dichiarato inammissibile.
5. La mancata difesa della parte intimata esime il Collegio dalla pronuncia sulle spese, precisandosi che la materia è esente dal pagamento del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 23 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2020