Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.24139 del 30/10/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16111/2014 proposto da:

BANCA CREDITO COOPERATIVO ALTOFONTE SOCIETA’ COOPERATIVA A R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. P. DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA DI STEFANI, rappresentata e difesa dall’avvocato ACCURSIO GALLO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, ESTER ADA SCIPLINO, LELIO MARITATO e CARLA D’ALOISIO;

– controricorrenti –

e contro

RISCOSSIONE SICILIA S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2768/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 28/12/2013, R.G.N. 1849/2011.

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 28.12.2013, la Corte d’appello di Palermo, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta da Banca di Credito Cooperativo di Altofonte s.c. a r.l. avverso la cartella esattoriale con cui le era stato ingiunto il pagamento di somme aggiuntive a titolo di sanzioni civili per il ritardo nel versamento dei contributi dovuti a seguito della declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato a M.G. e maturati nel periodo intercorso tra la data del licenziamento e quella di reintegrazione;

che avverso tale pronuncia Banca di Credito Cooperativo di Altofonte s.c. a r.l. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;

che l’INPS ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 116, commi 8 – 9, e art. 18 St. lav., per avere la Corte di merito ritenuto, sulla scorta di Cass. nn. 402 del 2012 e 23181 del 2013, che il ritardo nel versamento dei contributi giustificasse di per sè l’irrogazione delle sanzioni civili, laddove, in fattispecie affatto analoga, altre pronunce di questa Corte di legittimità avevano valorizzato l’impossibilità del datore di lavoro di adempiere tempestivamente all’obbligazione contributiva a seguito dell’intimazione del licenziamento (Cass. n. 7934 del 2009);

che il motivo è fondato, essendosi chiarito, a composizione del contrasto dianzi evidenziato, che occorre distinguere, ai fini delle sanzioni previdenziali, tra la nullità o inefficacia del licenziamento, che è oggetto di una sentenza dichiarativa, e l’annullabilità del licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo, che è oggetto di una sentenza costitutiva, giacchè, nel primo caso, il datore di lavoro, oltre che a ricostruire la posizione contributiva del lavoratore ora per allora, è tenuto a pagare le sanzioni civili per omissione L. n. 388 del 2000, ex art. 116, comma 8, lett. a), mentre, nel secondo caso, il datore di lavoro non è soggetto a tali sanzioni, trovando applicazione la comune disciplina della mora debendi nelle obbligazioni pecuniarie, fermo restando che, per il periodo successivo all’ordine di reintegra, sussiste l’obbligo di versare i contributi periodici, oltre al montante degli arretrati, sicchè riprende vigore la disciplina ordinaria dell’omissione e dell’evasione contributiva (Cass. S.U. n. 19665 del 2014);

che, non essendosi la Corte di merito attenuta a tale principio di diritto, non avendo esaminato se il licenziamento che ha dato origine alla vicenda fosse stato dichiarato nullo o inefficace o piuttosto fosse stato annullato, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Caltanissetta, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Caltanissetta, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2020

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