LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16894-2019 proposto da:
A.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO DENTI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****;
– intimato –
avverso la sentenza n. 4991/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 19/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE.
RILEVATO
– che viene proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano del 19 novembre 2018, che ha respinto l’appello avverso la decisione di primo grado, reiettiva del ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;
– che non svolge difese il Ministero intimato;
– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
– che il ricorso deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, per avere la corte di merito omesso di valutare la situazione di particolare vulnerabilità della parte richiedente;
– che il motivo è manifestamente inammissibile;
– che si rileva come il giudice del merito abbia approfonditamente esaminato la situazione del soggetto, cittadino del Ghana, ritenendo il racconto: a) non credibile; b) non idoneo comunque, dato il narrato, a rivelare la sussistenza dei presupposti previsti per la concessione della protezione;
– che, pertanto, anzitutto e radicalmente il provvedimento impugnato non ha ritenuto il ricorrente credibile: ed, al riguardo, questa Corte ha chiarito come “In tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sfogo per circostanziare la domanda del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 3, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 231 del 2007, ex art. 3, comma 3, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass., ord. 30 ottobre 2018, n. 27503) e che “l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione” del Paese di origine, e ciò “salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; v. pure Cass., ord. 5 febbraio 2019, n. 3340);
– che, inoltre, il giudice di merito ha escluso la ricorrenza di situazioni idonee a fondare l’accoglimento della domanda di protezione umanitaria, sul corretto – e conforme alla giurisprudenza di legittimità – presupposto per cui il soggetto è non credibile, e del resto non sono addotte, nè dimostrate specifiche ragioni di speciale vulnerabilità, diverse da quelle esaminate dal giudice di merito e ritenute non credibili;
– che, avendo il giudice del merito compiutamente approfondito l’esame in fatto della situazione nel rispetto dei principi enunciati da questa Corte in materia ed esponendo le ragioni per le quali ha reputato il richiedente privo dei requisiti idonei al riconoscimento della protezione, nessuna censura può essere promossa in questa sede, trattandosi, per l’appunto, di valutazioni fattuali non sindacabili dinanzi al giudice di legittimità;
– che non è necessario provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2020