Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.24183 del 02/11/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29511/2019 proposto da:

K.S., nato in *****, rappresentato e difeso dall’avv.to Marco Lanzilao, (marcolanzilao.ordineavvocatiroma.org), giusta procura speciale allegata al ricorso, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma viale Angelico 38;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2151/2019 della Corte d’Appello di Roma depositata il 29.3.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dell’8.7.2020 dal Cons. Dott. Antonella Di Florio.

RILEVATO

che:

1. K.S., proveniente dal *****, ricorre affidandosi a sette motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva confermato l’ordinanza del Tribunale con la quale era stata respinta la domanda da lui proposta per ottenere la protezione internazionale attraverso il riconoscimento dello stato di rifugiato o della protezione sussidiaria nonchè, in via subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari in ragione del rigetto dell’istanza avanzata, in via amministrativa, dinanzi alla competente Commissione Territoriale.

1.1. Per ciò che interessa in questa sede, il ricorrente, con particolare riferimento alla sua omosessualità, ha dedotto il grave rischio di persecuzione nel paese di origine dove tale inclinazione era punita con l’ergastolo, esponendo i cittadini di ciò accusati a varie forme di abusi e torture da parte delle forze dell’ordine; ed ha aggiunto che tale pericolo era dimostrato anche dalla circostanza che l’uomo con il quale aveva avuto rapporti sessuali – dei quali era rimasta traccia su un telefono cellulare smarrito – era misteriosamente sparito.

2. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per omessa motivazione sia sulla protezione sussidiaria che sulla protezione umanitaria: lamenta, al riguardo, che la Corte non aveva neanche indicato quali fossero le doglianze prospettate sia in relazione alla propria condizione personale (con particolare riferimento alla omosessualità dichiarata) che alla situazione del paese di origine con riferimento alla tutela dei diritti umani.

2. Con il secondo motivo lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, con riferimento alla negata credibilità.

3. Con il terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, e cioè la condizione di pericolosità e la situazione di violenza generalizzata esistenti in Gambia.

4. Con il quarto, quinto e sesto motivo deduce, ancora, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’omesso esame delle dichiarazioni da lui rese dinanzi alla Commissione Territoriale e delle allegazioni prospettate in giudizio per la valutazione della sua condizione personale, nonchè l’omesso adempimento del dovere di cooperazione istruttoria e, conseguentemente, il mancato approfondimento delle condizioni sociopolitiche del paese di origine dalle quali era derivato l’ingiusto diniego della protezione sussidiaria.

5. Con settimo motivo deduce ancora, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’erroneo rigetto della concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, ricorrenti a causa delle condizioni di persecuzione cui sarebbe esposto nel caso di rientro nel paese di origine.

6. Il primo, il secondo ed il quarto motivo devono essere congiuntamente esaminati in quanto sono intrinsecamente connessi ed in parte sovrapponibili: la prima censura, infatti, con la quale si lamenta l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza della denunciate condizione di esposizione al rischio di persecuzione, derivante dalla denunciata omosessualità, ricomprende anche le altre con le quali si lamenta la stessa carenza motivazionale in ordine alla valutazione della vicenda personale narrata.

6.1. La Corte territoriale, infatti, pur ammettendo che il codice penale del Gambia puniva tale orientamento della persona (anche non pubblicamente manifestato) con pene severissime, considerandolo come reato; e pur affermando che ciò avrebbe potuto consentire il riconoscimento al ricorrente dello stato di rifugiato, aveva respinto l’appello sostenendo che non era possibile ritenere attendibili le dichiarate inclinazioni sessuali del ricorrente; e che era altresì impossibile “acquisire elementi di riscontro probatorio”, visto che la fuga dal paese di origine era stata “totalmente” preventiva e cioè avvenuta “prima che la sua omosessualità fosse scoperta e prima che contro di lui fosse stata messa in atto qualsiasi forma di persecuzione” (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).

6.2. Il ricorrente, al riguardo, lamenta che tale statuizione ometteva di dare conto della sua condizione personale, ritenuta non credibile in modo apodittico e senza alcun riferimento alla griglia argomentativa imposta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5; ed assume, richiamando l’atto d’appello nel quale aveva puntualmente descritto il fatto che lo aveva indotto a fuggire (cfr. pag. 4 del ricorso in riferimento alle pagg. 4 e 5 dell’atto d’appello) – consistente nella scoperta graduale della sua omosessualità, nella relazione affettiva con una persona amica di famiglia, i cui atteggiamenti intimi erano stati ritratti attraverso un telefono cellulare smarrito e poi ritrovato dalle forze dell’ordine, nonchè il successivo arresto del suo compagno, poi sparito – che tali elementi non erano stati affatto esaminati dalla Corte territoriale che, trincerandosi dietro l’assenza di persecuzione attuale nei suoi confronti aveva omesso di valutare i rischi concreti ai quali era esposto ove fosse rientrato nel suo paese di origine a causa della persecuzione dell’omosessualità.

6.3. Le tre censure sono complessivamente fondate.

La motivazione della sentenza impugnata, infatti, omette del tutto di esaminare i fatti allegati a sostegno della condizione personale del ricorrente, limitandosi ad escludere i rischi derivanti dalla assodata situazione di persecuzione della omosessualità nel paese di origine, in ragione della natura preventiva della fuga ed alla assenza di un già sofferto stato di persecuzione.

6.4. Il percorso argomentativo in tal modo prospettato risulta gravemente illogico in quanto è fondato sulla conclusiva considerazione che “la situazione generale del Gambia non è tale da esporre a pericoli gravi chi, non essendo omosessuale, vi abita o vi fa ritorno” (cfr. pag. 3, secondo cpv., della sentenza impugnata): con ciò, infatti, viene resa una motivazione non coerente con la premessa fattuale del richiedente asilo (fondata sulla sua dichiarata omosessualità) ed affermativa della sua inattendibilità senza una valutazione sorretta dai criteri sanciti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, che postula una considerazione non atomistica, ma complessiva della vicenda narrata e, con specifico riferimento all’orientamento sessuale dichiarato, della necessità “di tener conto delle peculiarità del caso, della estrazione sociale e delle esperienze di vita, del sesso e dell’età del richiedente, insomma del contesto sociale di provenienza e della caratteristiche individuali della persona esaminata”(cfr. Cass. 18128/2017; Cass. 19716/2018; Cass. 14283/2019; Cass. 7546/2020), circostanze delle quali il giudice di merito deve dar conto attraverso una motivazione congrua e costituzionalmente sufficiente che manca del tutto nel caso in esame.

7. Il terzo motivo, invece, è inammissibile, in quanto il vizio dedotto (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) non può trovare ingresso in sede di legittimità (cfr. art. 348 ter c.p.c., comma 5) nelle ipotesi, come quella in esame, in cui la sentenza d’appello ha confermato, sulla base delle stesse ragioni, la sentenza di primo grado: e vale solo la pena di rilevare che la Corte territoriale ha comunque mostrato di ben conoscere la condizione di persecuzione dell’omosessualità esistente in Gambia avendo affermato che su tale situazione sarebbe stato possibile riconoscere lo stato di rifugiato e negando la protezione richiesta in relazione ad una apodittica e carente valutazione delle credibilità del ricorrente.

8. Gli altri motivi risultano logicamente assorbiti.

9. La sentenza, pertanto, deve essere cassata in relazione alle censure accolte con rinvio alla Corte d’Appello di Roma che, in diversa composizione, dovrà riesaminare la controversia alla luce dei seguenti principi di diritto:

“il sindacato di legittimità sulla motivazione richiesto a questa Corte, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, per “motivazione apparente”, per “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e per “motivazione perplessa od incomprensibile”, postula che il giudice di merito debba esaminare i fatti allegati e darne conto in modo logico in ossequio all’art. 132 c.p.c., n. 4; e che, ove manchi la prova di essi, il percorso argomentativo del rigetto mostri la linea consequenziale fra la premessa e la conclusione cui egli decide di pervenire”;

“il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. e), prevede che, nella valutazione di credibilità, si deve verificare anche se il richiedente “è, in generale, attendibile”. Pur senza escludere, in astratto, che una specifica incongruenza relativa anche soltanto ad un profilo accessorio possa, per il ruolo specifico della circostanza narrata, inficiare del tutto la valutazione di credibilità del ricorrente la norma, ponendo come condizione che il racconto sia “in generale, attendibile” non può che essere intesa nel senso di ritenere sufficiente che il racconto sia credibile “nell’insieme” – e dunque, attribuendo alle parole il loro esatto valore semantico, e cioè all’inciso ” in generale” quello di “complessivamente” o “globalmente”.

10. La Corte di rinvio dovrà altresì decidere in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

accoglie il primo, secondo e quarto motivo di ricorso, dichiara inammissibile il terzo ed assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti a rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2020

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