LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 31449/19 proposto da:
-) C.I., difeso dall’avvocato Antonio Gregorace, in virtù
di procura speciale in calce al ricorso ed elettivamente domiciliato a Roma, v. della Giuliana n. 32;
– ricorrente –
contro
-) Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso il decreto del Tribunale di Roma 7.5.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 luglio 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. E’ superfluo dar conto dei fatti di causa, in quanto il ricorso va dichiarato inammissibile per incertezza assoluta circa la persona del ricorrente.
2. Il decreto impugnato risulta pronunciato nei confronti di tale D.I.. L’epigrafe del decreto non indica il codice fiscale di tale persona, ma solo il Codice Unico di Identifcazione (C.U.I., come noto basato sui rilievi biometrici).
Il ricorso per cassazione, per contro, risulta proposto – così si legge nell’epigrafe del ricorso – da tale C.I..
Nella illustrazione dei motivi del ricorso, la persona del ricorrente viene indicata come “il sig. D.”.
La procura alle liti allegata al ricorso risulta anch’essa conferita da tale C.I., ma è sottoscritta con sigla illeggibile, dichiarata autentica dal difensore, sopra la quale compare il nome: ” D.I.”.
3. Vi è dunque incertezza assoluta sia sul prenome del ricorrente ( I. o I.), sia sul cognome ( C. o D.).
Tale incertezza ricorre sia nel ricorso, sia nella procura ad esso allegata, e non può essere sanata aliunde.
Resta solo da aggiungere che, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, è irrilevante l’istanza depositata in data 2 novembre 2019 del ricorrente, con la quale questi allega di avere per mero lapsus calami confuso il cognome del ricorrente, scrivendo ” C.” in luogo di ” D.”.
Ed infatti, anche a prescindere da qualsiasi considerazione circa la possibilità di sanare errori di questo tipo con una mera istanza manoscritta depositata in cancelleria, resterebbe il fatto che la suddetta istanza non risolverebbe la già rilevate incertezza sul prenome del ricorrente.
3. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.
L’inammissibilità del ricorso comporta l’obbligo del pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), se dovuto.
PQM
la Corte di cassazione:
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 15 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2020