Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.24693 del 05/11/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25814/2017 R.G. proposto da:

M.V., da considerarsi, in difetto di elezione di domicilio in Roma, per legge domiciliato ivi, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ATTILIO BELLOLI;

– ricorrente –

contro

C.P., E C.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OSLAVIA 39, presso lo studio dell’avvocato SILVIO CARLONI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUGLIELMO ACERBIS;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1228/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 21/08/2017;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 13/07/2020 dal relatore Dott. Franco DE STEFANO.

RILEVATO

che:

C.P. e G. proposero opposizione dinanzi al Tribunale di Bergamo ai sensi dell’art. 615 c.p.c., all’atto di precetto con cui M.V. aveva loro intimato il pagamento di Euro 22.211,40 in forza di 21 cambiali (dell’importo di Euro 990 ciascuna, con scadenze mensili dal *****); alla loro eccezione di avvenuto pagamento, confortata dalla produzione di una serie di assegni dal valore complessivo di Euro 34.040,00 emessi da ***** da C.P., il creditore aveva ribattuto essere tali assegni relativi ad altre poste debitorie, diverse dalle 21 cambiali azionate, tanto da produrre dichiarazione con cui C.G. si era riconosciuto debitore nei suoi confronti di un importo totale di Euro 65.340,00;

il Tribunale di Bergamo accolse l’opposizione e dichiarò nullo il precetto, ritenendo che, a fronte degli assegni prodotti dagli opponenti, sarebbe spettato al creditore opposto provare la sussistenza di altri rapporti obbligatori a cui imputare tali pagamenti;

avverso tale sentenza M.V. propose appello, lamentando un’inversione dell’onere probatorio e, in ogni caso, un’errata valutazione delle prove, avendo egli dimostrato l’esistenza di un ulteriore credito producendo il riconoscimento del debito di Euro 65.340,00 da parte del C.: ma l’adita corte territoriale rigettò l’impugnazione e condannò l’appellante alle spese;

il M. propone ora ricorso per la cassazione di tale sentenza (del 21/08/2017, n. 1228, indicata come notificata il 28/07/2017), affidandosi a due motivi ed illustrandoli con memoria; C.P. e G. resistono con controricorso.

CONSIDERATO

che:

col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1193 e 2697 c.c., consistita nell’aver fatto la Corte d’appello erronea applicazione dei criteri legali di riparto dell’onere della prova: ad avviso del M., il giudice del gravame avrebbe errato nel porre a suo carico l’onere di provare che i pagamenti effettuati dai debitori (provati da quest’ultimi mediante assegni) fossero da imputare a rapporti diversi da quelli azionati con il precetto;

il motivo è fondato;

questa Corte ha, infatti, già chiarito che il principio secondo cui, quando il convenuto per il pagamento di un debito dimostri di aver corrisposto una somma di denaro idonea all’estinzione del medesimo, spetta al creditore, il quale sostenga che il pagamento sia da imputare all’estinzione di un debito diverso, allegare e provare di quest’ultimo l’esistenza, nonchè la sussistenza delle condizioni necessarie per la dedotta diversa imputazione, non può trovare applicazione nel caso in cui il debitore eccepisca l’estinzione del debito fatto valere in giudizio per effetto dell’emissione di più assegni bancari, atteso che, implicando tale emissione la presunzione di un rapporto fondamentale idoneo a giustificare la nascita di un’obbligazione cartolare, resta a carico del debitore convenuto l’onere di superare tale presunzione, dimostrando il collegamento tra il precedente debito azionato ed il successivo debito cartolare, con la conseguente estinzione del primo per effetto del pagamento degli assegni (Cass. 28/02/2012, n. 3008; Cass. 18/10/2005, n. 20134; Cass. 15/02/2007, n. 3457; Cass. 18/02/2016, n. 3194; Cass. ord. 06/11/2017, n. 26275);

gravava dunque sui debitori opponenti l’onere di dimostrare con precisione e puntualità il collegamento tra il credito azionato e gli assegni da loro emessi;

nel caso di specie, il preteso pagamento è stato dedotto mediante produzione di assegni aventi date e importi non corrispondenti a quelli delle cambiali: ma ciò non doveva essere ritenuto sufficiente per ribaltare l’onere probatorio ed accollarlo al creditore, spettando invece ai debitori opponenti dimostrare il collegamento degli assegni da loro prodotti con il credito precettato;

tale collegamento, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, può essere apprezzato sotto diversi profili, tra i quali si annoverano la non significativa anteriorità delle date degli assegni rispetto alla esigibilità del credito e la conformità degli importi rispetto ai titoli di credito azionati;

nel caso di specie, invece, la Corte d’appello afferma espressamente che spettava al M., creditore opposto, provare il credito diverso al quale imputare i pagamenti dimostrati per mezzo degli assegni bancari (pp. 11 e 12 della sentenza impugnata); ma, così facendo, il giudice del gravame ha disatteso il consolidato orientamento sopracitato, peraltro richiamando erroneamente la sentenza n. 3008 del 2012 di questa Corte, la quale esprime, come detto, un principio diverso;

la sentenza impugnata afferma che i debitori opponenti avrebbero dimostrato l’esistenza di un collegamento: ma tale “collegamento” è malamente circoscritto alla sola coincidenza soggettiva dell’emittente degli assegni con la avallante delle cambiali (p. 11 della sentenza impugnata), mentre quello che gli opponenti avrebbero dovuto dimostrare era invece di carattere oggettivo, dovendo riguardare il titolo del pagamento effettuato e la sua precisa coincidenza col credito del quale è stato intimato il pagamento con l’atto di precetto;

in definitiva, il primo motivo di ricorso deve essere accolto, con assorbimento della seconda censura e rinvio alla stessa Corte di appello, ma in diversa composizione e pure per provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità, affinchè rivaluti le risultanze istruttorie alla stregua del seguente principio di diritto: “quando il convenuto per il pagamento di un debito dimostri di aver corrisposto a mezzo di assegni una somma di denaro in tesi idonea all’estinzione di quello, non spetta al creditore, il quale sostenga che il pagamento sia da imputare all’estinzione di un debito diverso, allegare e provare di quest’ultimo l’esistenza, nonchè la sussistenza di tutte le condizioni necessarie per la dedotta diversa imputazione, atteso che, implicando l’emissione di assegni la presunzione di un rapporto fondamentale idoneo a giustificare la nascita di un’obbligazione cartolare, resta a carico del debitore convenuto l’onere di superare tale presunzione, dimostrando in modo puntuale e preciso il collegamento, anche da un punto di vista oggettivo, tra il precedente debito azionato ed il successivo debito cartolare, solo a tanto conseguendo l’estinzione del primo per effetto del pagamento degli assegni”;

la circostanza dell’accoglimento del ricorso esclude la sussistenza dei presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la gravata sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

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