In presenza di una violazione delle norme sulle distanze, l’esistenza di un provvedimento di concessione edilizia non preclude al vicino il diritto di chiedere la riduzione in pristino potendo il giudice ordinario, cui spetta la giurisdizione vertendosi in tema di violazione di diritti soggettivi, accertare incidentalmente tale illegittimità e disapplicare l’atto; dall’altro, e correlativamente, il carattere abusivo della costruzione non attribuisce al vicino, per ciò solo, il diritto di chiedere la riduzione in pristino, qualora le norme sulle distanze siano state rispettate.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4020/2016 proposto da:
D.L.G., rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO GUELI, giusta delega in atti;
– ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale –
contro
B.M., C.C., C.G.M., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA ALESSANDRO VIVENZA, 41, presso lo studio dell’avvocato Giovanni Garretto, che le rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
e contro
A.R.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1781/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 19/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 07/07/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.
FATTI DI CAUSA
1. D.L.G. citò in giudizio innanzi al Tribunale di Catania, Sezione Distaccata di Mascalucia, C.V. per chiedere l’eliminazione della veduta laterale esercitata dal balconcino fino alla distanza di cm. 75.
1.1. C. si costituì per resistere alla domanda e, in via riconvenzionale, lamentò la violazione delle distanze dal fabbricato dell’attore, di cui chiese l’arretramento, oltre al risarcimento dei danni.
1.2. Nel corso del giudizio venne disposta la chiamata in causa del terzo, dante causa dell’attrice, A.R..
1.3. Il Tribunale accolse la domanda principale e condannò il C. alla regolarizzazione della veduta ed al risarcimento dei danni nella misura di Euro 10.000,00.
1.4. Interposto appello dagli eredi del C., B.M., C.C. e G. ed appello incidentale dalla D.L., la Corte d’appello di Catania, con sentenza del 19.12.2016 accolse parzialmente l’appello principale e, per l’effetto rigettò la domanda di risarcimento dei danni per carenza di prova del danno poichè la violazione della distanza del terrazzino dalla veduta era pari a soli tre centimetri.
2. Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso D.L.G. sulla base di tre motivi.
2.1. Hanno resistito con controricorso ed hanno proposto ricorso incidentale B.M., C.C. e G., cui ha resistito D.L.G..
2.2. In prossimità dell’udienza, le controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la corte di merito rigettato la richiesta risarcitoria derivante dalla violazione delle distanze della veduta senza tenere conto del pregiudizio derivante dalla revoca da parte del Comune di Zafferana Etnea del parere favorevole della Commissione Edilizia relativa al rilascio della concessione in seguito all’atto di opposizione presentato dal C..
1.1. Il motivo è inammissibile in quanto la questione relativa al danno derivante dalla presentazione, da parte del C., dell’atto di opposizione alla richiesta di concessione edilizia, è stata introdotta per la prima volta in sede di legittimità.
2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 872 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la corte di merito avrebbe dovuto disporre la demolizione del fabbricato del C. in quanto privo della concessione edilizia ed in violazione della normativa antisismica.
3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto i danni derivanti dalla violazione delle distanze si sarebbero verificati dopo l’introduzione la sentenza di primo grado e, conseguentemente, non si tratterebbe di domanda nuova.
4. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.
4.1. Come correttamente affermato dalla corte distrettuale, il profilo del danno derivante dalla violazione delle norme urbanistiche, che era stato rigettato dal Tribunale, avrebbe dovuto essere impugnato con l’appello incidentale. La ricorrente, in maniera apodittica, deduce che i danni derivanti dalla violazione delle distanze di sarebbero verificati dopo la sentenza di primo grado, introducendo in cassazione questioni nuove e fattuali che avrebbe dovuto proporre con l’appello incidentale.
5. Va quindi esaminato il ricorso incidentale.
6. Con il primo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito mal interpretato le risultanze della CTU da cui sarebbe emerso che la veduta laterale era regolare perchè posta a distanza di 75 cm.
6.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non censura l’omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio ma l’interpretazione delle risultanze della CTU, che spetta al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità.
7. Con il secondo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 872 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti sostengono che, in presenza di una violazione del PRG del Comune di Zafferana Etnea, la domanda di demolizione avrebbe dovuto essere accolta.
7.1. il motivo non è fondato.
7.2. Le norme relative alle distanze tra costruzioni previste dall’art. 873 c.c. e dai regolamenti locali devono essere tenute distinte dalle regole di edilizia contenute in leggi speciali e nei regolamenti comunali (artt. 871 e 872 c.c.); in caso di violazione delle norme sulle distanze, che incidono sui rapporti di vicinato e sono integrative del codice civile, è consentito al privato l’esercizio delle azioni di riduzione in pristino e di risarcimento del danno, mentre le violazioni delle norme urbanistiche, essendo dirette al soddisfacimento di interessi di ordine generale, limitano la tutela alla sola azione risarcitoria.
7.3. Consegue da tali principio che, in presenza di una violazione delle norme sulle distanze, l’esistenza di un provvedimento di concessione edilizia non preclude al vicino il diritto di chiedere la riduzione in pristino “potendo il giudice ordinario, cui spetta la giurisdizione vertendosi in tema di violazione di diritti soggettivi, accertare incidentalmente tale illegittimità e disapplicare l’atto” (Cass., S.U., n. 21578/2011; S.U., n. 9555/2002); dall’altro, e correlativamente, il carattere abusivo della costruzione non attribuisce al vicino, per ciò solo, il diritto di chiedere la riduzione in pristino, qualora le norme sulle distanze siano state rispettate (Cass., S.U., n. 5143/1998; Cassazione civile sez. II, 26/02/2019, n. 5605).
7.4. La corte di merito ha correttamente applicato i principi di diritto affermati da questa Corte ritenendo che non potesse essere disposta la demolizione del corpo di fabbrica realizzato dal C. perchè priva di concessione edilizia.
7.5. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè, sulla base della CTU, vi sarebbe la violazione delle distanze legali.
6. Il motivo è inammissibile, in quanto, lungi dal censurare l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio sollecita un riesame delle risultanze della consulenza tecnica, inammissibile in sede di legitimità.
7. In conclusione, il ricorso incidentale deve essere rigettato.
7.1. Le spese di lite vanno compensate, attesa la reciproca soccombenza.
8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente pricipale e dei ricorrenti in via incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale. Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti in via incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 7 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020
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