LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15391/2018 proposto da:
A.O., elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso, per procura in calce al ricorso, dall’avv. Maria Monica Bassan che chiede di ricevere le comunicazioni relative al processo alla p.e.c.
maria.bassan.ordineavvocatipadova.it e al fax n. 049/8646524;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
e contro
Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Venezia, Commissione Territoriale Per II Riconoscimento Della Protezione Internazionale Di Verona – Sezione Padova;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2520/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 08/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/05/2019 dal Consigliere Dott. Paola GHINOY.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Venezia, in riforma dell’ordinanza del Tribunale, rigettava la domanda proposta da A.O. al fine di ottenere il riconoscimento della protezione internazionale.
2. La Corte d’appello riferiva che il richiedente aveva dichiarato di essere di nazionalità nigeriana, originario di *****, di essere omosessuale e di avere lasciato il paese per il timore di essere ucciso o incarcerato dalla polizia in ragione del suo orientamento sessuale, poichè ivi l’omosessualità è punita dalla legge; aveva aggiunto di avere una relazione con un ragazzo musulmano che era stato arrestato dopo che aveva adescato un altro ragazzo in strada, e che per tali motivi aveva dovuto abbandonare il proprio paese nel 2013.
3. La Corte territoriale riteneva che il racconto non fosse veritiero, quanto alla coerenza interna e alla plausibilità. Tanto bastava per escludere il riconoscimento della Protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, let. a) e b), mentre in relazione alla lettera c) le fonti disponibili riguardo all’Edo State (EASO, Focus Nigeria 2017) non riferivano di azioni di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, in quanto risultavano possibili episodi di violenza inerenti gestione di profitti che derivano dalla estrazione del petrolio e ad alcune fazioni politiche, ma è pur sempre una delle regioni più sicure del paese e non è attinta dalle azioni degli estremisti del gruppo islamico *****, ed il governo sembra avere il controllo del territorio.
4. Neppure sussisteva una particolare, grave ed obiettiva situazione personale del richiedente, peraltro neppure allegata, tale da determinare il riconoscimento della protezione umanitaria.
5. Per la cassazione della sentenza A.O. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi; il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. A.O. ha dedotto come primo motivo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5;
7. come secondo motivo l’omessa motivazione in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8,D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in Nigeria sulla base di fonti ufficiali;
8. come terzo motivo l’omessa motivazione in relazione all’art. 10 Cost..
9. Lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto che egli avesse reso dichiarazioni non coerenti e logicamente plausibili non applicando il principio dell’onere probatorio attenuato, sopravvalutando le piccole imprecisioni del suo racconto senza tener conto delle difficoltà che può incontrare un soggetto omosessuale a dover riferire di un aspetto così intimo e senza effettuare indagini approfondite in ordine alla repressione dell’omosessualità nel paese di provenienza.
10. Il terzo motivo attiene infine alla mancata motivazione in ordine alla richiesta di asilo costituzionale.
11. I primi due motivi di ricorso vanno accolti nei limiti e per le ragioni di seguito esposti.
E’ opportuno premettere che la Corte del merito ha disatteso la valutazione del Tribunale, che aveva ritenuto il racconto sufficientemente circostanziato, ed ha ritenuto che la narrazione resa da A.O. non potesse ritenersi coerente e credibile, in ragione: del fatto che egli aveva affermato di sapere sin da quando frequentava la scuola che la legge nigeriana punisce l’omosessualità, mentre tale legge è stata approvata nel 2014, e che dunque appare anche inverosimile che egli anteriormente fosse ricercato; delle contraddizioni in ordine alla data in cui avrebbe scoperto la propria omosessualità (attrazione per un uomo provata nel 2008 e avere instaurato una relazione omosessuale nel 2009); del fatto che inizialmente aveva detto che nessuno era a conoscenza della sua omosessualità mentre successivamente aveva riferito che dal villaggio vicino venivano per picchiarlo; del fatto che egli aveva riferito di essere stato arrestato per il furto di un cellulare compiuto dal fratello, appartenente ad un gruppo di culto.
12. Occorre però ribadire che secondo la condivisa giurisprudenza di questa Corte: a) la circostanza che l’omosessualità sia considerata come reato dall’ordinamento giuridico del Paese di provenienza del richiedente asilo costituisce, di per sè sola, una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini omosessuali, che compromette grandemente la loro libertà personale e li pone in una situazione oggettiva di pericolo, tale da giustificare la concessione della protezione internazionale (Cass. n. 4522/2015); b) tale violazione di un diritto fondamentale, sancito dalla nostra Costituzione, dalla C.E.D.U. e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, vincolante in questa materia, si riflette, automaticamente, sulla condizione individuale delle persone omosessuali ponendole in una situazione oggettiva di persecuzione, rilevante, appunto, ai fini della protezione richiesta (Cass. n. 15981 del 2012, n. 13556 del 2019).
13. Nel caso, A.O. aveva dichiarato il proprio orientamento sessuale, affermando altresì che se fosse tornato in Nigeria sarebbe stato perseguitato in quanto la legge penale di quel paese punisce l’omosessualità. La Corte territoriale tuttavia ha incentrato la sua analisi sul profilo dell’esistenza (o meno) di una persecuzione in atto al momento dell’abbandono del paese di provenienza, senza approfondirla con riferimento al dichiarato orientamento sessuale, rilevante a livello statale e giudiziario e dunque determinante l’applicazione del principio di non-refoulement, cui è dedicato solo uno dei rilievi sopra riportati, la cui decisività avrebbe dovuto essere oggetto di specifica valutazione.
14. A riguardo, si deve ancora rilevare che questa Corte (v. Cass. n. 2875/2018) ha affermato che in tema di protezione internazionale, posto che l’autorità amministrativa e il giudice di merito svolgono un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile e libero da preclusioni o impedimenti processuali, oltre che fondato sulla possibilità di assumere informazioni ed acquisire tutta la documentazione necessaria, ove il richiedente adduca il rischio di persecuzione, al fine di ottenere lo “status” di rifugiato, o il danno grave, ai fini della protezione sussidiaria, il giudice non deve valutare nel merito la sussistenza o meno del fatto, ossia la fondatezza dell’accusa, ma deve invece accertare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 2 e art. 14, lett. c), se tale accusa sia reale, cioè effettivamente rivolta al richiedente nel suo Paese, e dunque suscettibile di rendere attuale il rischio di persecuzione o di danno grave in relazione alle conseguenze possibili secondo l’ordinamento straniero. E, ancora, gli arresti n. 15981 del 2012 e n. 27494 del 2018 hanno affermato che, ai fini della concessione della protezione internazionale, la circostanza per cui l’omosessualità sia considerata un reato dall’ordinamento giuridico del Paese di provenienza è rilevante, costituendo una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini omosessuali, che compromette grandemente la loro libertà personale e li pone in una situazione oggettiva di persecuzione, tale da giustificare la concessione della protezione richiesta.
15. Ne consegue che il giudice di merito deve fare oggetto di specifico approfondimento istruttorio, cui si correla l’obbligo di motivazione, le circostanze relative alla dichiarata omosessualità del richiedente, la condizione dei cittadini omosessuali nella società del Paese di provenienza e lo stato della relativa legislazione, nel rispetto del criterio direttivo della normativa comunitaria e italiana in materia di istruzione ed esame delle domande di protezione internazionale.
16. Resta assorbito il terzo motivo.
17. Conclusivamente, accolti i primi due motivi, assorbito il terzo, va cassata la pronuncia impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, che si atterrà a quanto sopra rilevato, e che provvederà anche a decidere sulle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo. Cassa la pronuncia impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, anche per le spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020