LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30179-2017 proposto da:
C.A., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Ugo da Como, n. 9, presso lo studio dell’avvocato Andrea Barbuto, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE DI FIRENZE MINISTERO DELLA GIUSTIZIA – TRIBUNALE DI PERUGIA AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE
– intimati –
per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 21249/2017 del Tribunale di Roma, depositata il 13/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/03/2019 dal Consigliere Dott. D’Arrigo Cosimo;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Basile Tommaso che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO
C.A. (alter ego di l.G.) conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Roma l’agente di riscossione Equitalia Sud s.p.a. (cui è succeduta ex lege l’Agenzia delle Entrate Riscossione), proponendo opposizione, ai sensi degli artt. 615 e 617 c.p.c., avverso tredici intimazioni di pagamento. Successivamente integrava il contraddittorio nei confronti degli enti impositori Comune di Roma e Ministero della Giustizia.
Nel corso del giudizio il C. restringeva l’oggetto dell’opposizione a solamente quattro intimazioni.
Per una di esse, quella recante il n. *****, il Tribunale di Roma dichiarava la propria incompetenza, indicando come competente il Giudice di pace. Per le restanti tre, dichiarava inammissibile l’opposizione, ritenendo che le ragioni dell’opponente dovessero farsi valere davanti al giudice dell’esecuzione penale. Assegnava alle parti il termine di tre mesi per riassumere le cause innanzi ai rispettivi giudici competenti.
Con ricorso per regolamento di competenza, il C. ha impugnato la decisione del Tribunale limitatamente alla statuizione concernente le tre cartelle di pagamento per le quali è stata affermata la necessità di accedere innanzi al giudice dell’esecuzione penale.
Le parti intimate non hanno svolto attività difensiva.
Il Pubblico ministero ha rassegnato le proprie conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il C. ha depositato memorie difensive.
CONSIDERATO
In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata.
Il regolamento di competenza, infatti, è inammissibile, in quanto la sentenza impugnata non contiene una pronuncia sulla competenza che possa essere impugnata ai sensi degli artt. 42 c.p.c. e s.s.. Invero, allorquando il giudice civile ravvisi che la controversia si sarebbe dovuta introdurre davanti al giudice penale ed indichi la sua “competenza”, tale pronuncia non è diretta ad individuare una competenza all’interno della giurisdizione ordinaria civile.
L’alternativa tra l’uno e l’altro giudice dipende dal riferimento della controversia ad un medesimo fatto materiale, suscettibile di valutazione sotto profili giuridici diversi, e non può determinare una questione di ripartizione della potestas judicandi, ma esclusivamente un’interferenza tra giudizi, la quale si traduce in un limite che attiene alla proponibilità della domanda.
Una simile decisione, pertanto, non è impugnabile con il regolamento, ma il suo controllo deve avvenire con i mezzi ordinari (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13329 del 26/07/2012, Rv. 623582 – 01).
Consegue che la pronuncia qui impugnata avrebbe dovuto sottoporsi ad appello.
Stante l’inammissibilità del regolamento, è superfluo disporre la rinnovazione della notificazione del ricorso alla difesa erariale, effettuata presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato anzichè presso quella Generale ), come si sarebbe dovuto fare giusta il risalente principio di diritto di cui a Cass. n. 1522 del 1962.
Non si fa luogo alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, perchè le parti intimate non hanno svolto attività difensiva.
Ricorrono, tuttavia, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2019.
Depositato in cancelleria il 9 gennaio 2020