Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.291 del 09/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17695-2017 proposto da:

P.P., in proprio e quale difensore e procuratore della propria moglie convivente C.R., domiciliati ex art. 366 c.p.c., comma 2, in Roma, Piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrenti –

contro

INPS – Istituto Nazionale Della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in Roma, Via Cesare Beccaria 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati Emanuele De Rose, Antonino Sgroi, Carla D’Aloisio, Ester Ada Vita Sciplino, Lelio Maritato, Giuseppe Matano;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SUD s.p.a.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2634/2017 della Corte d’appello di Roma, depositata il 21/04/2017;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso e il controricorso;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14 marzo 2019 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo.

RITENUTO

P.P. e C.R. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma che ha respinto l’appello dagli stessi proposto avverso la sentenza del Tribunale di Frosinone che rigettava le domande svolte dagli odierni ricorrenti nei confronti di Equitalia Sud s.p.a. e dell’I.N.P.S. In particolare, pur ricorrendo con un unico atto, la C. ha articolato due censure concernenti, l’una, la posizione processuale dell’I.N.P.S. e, l’altra, quella dell’agente di riscossione. Il Pro, invece, ha svolto un solo motivo riferito solo nei confronti dell’agente di riscossione.

L’I.N.P.S. ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata.

Il ricorso, infatti, è inammissibile, in quanto non risponde ai requisiti imposti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

Anzitutto, in luogo della chiara e sintetica esposizione dei fatti di causa, i ricorrenti procedono all’illustrazione di una pluralità di piani di lettura di difficile decifrazione (“visione statica della vertenza”, “visione dinamica della vertenza”, “trattazione nel merito”, ecc.). Ne risulta un’esposizione della vicenda processuale talmente disordinata e ridondante da risultare, in fin dei conti, oscura e incomprensibile.

Al contempo, passando all’esposizione dei motivi di ricorso, che inizia soltanto a pag. 11 dell’atto introduttivo, si deve rilevare che i motivi si risolvono nella mera formulazione di richieste di condanna delle controparti, senza alcuna effettiva illustrazione delle ragioni per le quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata, nè indicazione delle norme di diritto che si assumono violate.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico dei ricorrenti in solido, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte degli impugnanti soccombenti, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da loro proposta.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 14 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020

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