LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di sez. –
Dott. MANNA Antonio – Presidente di sez. –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14331-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliatosi in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– ricorrente –
contro
INDUSTRIE RIUNITE società consortile a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, R.G., elettivamente domiciliatisi in *****, presso ANTONIA DE ANGELIS, rappresentati e difesi dall’avvocato MAURIZIO COPPA;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 135/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della Campania, depositata il 18/04/2012;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/10/2019 dal consigliere ANGELINA-MARIA PERRINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. SALZANO FRANCESCO, che ha concluso per affermarsi che: “la notifica eseguita da servizi postali gestiti da licenziatari privati è
affetta da nullità assoluta ex art. 156 c.p.c., comma 3”;
udita l’Avvocato Alessia Urbani Neri per l’Avvocatura Generale dello Stato.
FATTI DI CAUSA
La società consortile a r.l. Industrie Riunite e R.G. impugnarono con ricorso notificato nel 2008 a mezzo di servizio postale privato l’avviso di liquidazione col quale, in relazione all’anno d’imposta 2007, l’amministrazione finanziaria aveva rettificato ai fini dell’imposta di registro il valore dell’immobile in ***** compravenduto con atto notarile del 29 gennaio 2007 e ne ottennero l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale di Caserta.
Quella regionale della Campania ha respinto l’appello dell’Agenzia delle entrate perchè ha ritenuto tardiva l’eccezione d’inammissibilità per tardività del ricorso introduttivo, e comunque ha considerato sanata la nullità della notificazione di quel ricorso, per effetto della costituzione in primo grado dell’Agenzia; nel merito, ha affermato la nullità dell’avviso, perchè dotato di motivazione apparente.
Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia per ottenerne la cassazione, che affida a un unico motivo, cui reagiscono con controricorso la società e R.G..
La sezione tributaria di questa Corte ha ravvisato una questione di massima di particolare importanza in quella concernente il regime della notificazione del ricorso introduttivo, avvenuta a mezzo di servizio postale privato, e ha prospettato al Primo Presidente l’opportunità di devolverla alla cognizione di queste sezioni unite.
Ne è seguita la fissazione dell’udienza odierna, in vista della quale l’Agenzia ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia, nel lamentare la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 20, commi 1 e 2, art. 21, comma 1 e art. 22, comma 2, si duole del rigetto dell’eccezione preliminare d’inammissibilità del ricorso introduttivo dei contribuenti, formulata in sede di appello.
1.1.- L’Agenzia sostiene, a tal fine, che l’eccezione sia rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo e che sia fondata, poichè la propria costituzione in giudizio non poteva aver sanato l’inammissibilità derivante dalla tardiva notificazione del ricorso introduttivo, a essa pervenuto quando il termine perentorio di sessanta giorni previsto per l’impugnazione dell’avviso era ormai decorso.
E sul punto era irrilevante, ad avviso della ricorrente, ai fini della verifica del rispetto di tale termine, la data in cui i contribuenti hanno consegnato l’atto al gestore di posta privata; data che, come affermato dai contribuenti, rientrerebbe entro il sessantesimo giorno dalla notificazione dell’avviso impugnato. Questo perchè l’operatore delle poste private non era legittimato a eseguire la notificazione del ricorso introduttivo e comunque non era abilitato a certificare la tempestività; per cui ininfluente è la consegna a lui del ricorso da notificare.
2.- Il ricorso, diversamente da quanto si sostiene in controricorso, è ammissibile, benchè l’Agenzia non abbia censurato la statuizione di nullità dell’avviso e abbia eccepito l’inammissibilità per tardività del ricorso introduttivo soltanto in appello.
Per un verso, la decadenza del contribuente dal diritto di agire in giudizio, per inosservanza dei termini previsti dalla legge, è rilevabile d’ufficio, ai sensi dell’art. 2969 c.c., poichè si tratta di materia sottratta alla disponibilità delle parti (Cass. 13 settembre 2013, n. 20978): sicchè è ininfluente la scelta processuale dell’Agenzia di eccepirla soltanto in appello.
Per altro verso, la questione dell’inammissibilità del ricorso introduttivo precede nell’ordine l’esame del merito della domanda: per conseguenza l’impugnazione della statuizione di ammissibilità non può che coinvolgere quella di fondatezza, senza necessità di apposito motivo di ricorso che aggredisca la seconda.
3.- Il tema posto col ricorso è direttamente dipendente da quello oggetto dell’ordinanza interlocutoria, che concerne la sorte della notificazione degli atti processuali eseguita a mezzo di posta privata nel regime antecedente all’emanazione del D.Lgs. n. 24 febbraio 2011, n. 58.
E’ difatti la ricostruzione di quella sorte a incidere sulla rilevanza della costituzione in giudizio della controparte, nonchè sugli effetti da essa scaturenti.
4.- La questione è importante, perchè presenta molteplici profili problematici.
Il primo, di minor rilievo, è posto in controricorso, là dove si sostiene che “le notificazioni di atti giudiziari”, contemplate dal D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, art. 4 come modificato dal D.Lgs. n. 31 marzo 2011, n. 58, non si riferiscano ai ricorsi tributari notificati a mezzo posta senza l’ausilio di un ufficiale notificatore: ciò perchè la norma, là dove richiama i “servizi inerenti le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, e successive modificazioni”, riserverebbe in via esclusiva alle Poste italiane i soli servizi concernenti le notificazioni di atti giudiziari eseguiti a norma della L. n. 890 del 1982.
4.1.- L’obiezione si supera agevolmente.
Nel processo tributario le notificazioni sono eseguite, in primo luogo, secondo le norme degli artt. 137 e seguenti c.p.c. (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 16, comma 2), tra le quali v’è l’art. 149 c.p.c., che consente la notificazione a mezzo del servizio postale, in base alle regole dettate dalla L. 20 novembre 1982, n. 890; in secondo luogo, la notificazione può essere eseguita – oltre che mediante consegna diretta all’impiegato dell’amministrazione finanziaria o dell’ente locale – a mezzo del servizio postale raccomandato con avviso di ricevimento (art. 16, comma 3, nel testo applicabile ratione temporis). Qualora la notificazione sia eseguita a mezzo posta, “…il ricorso s’intende proposto al momento della spedizione nelle forme sopra indicate” (art. 20, comma 2), ossia in quelle richiamate dall’art. 16, commi 2 e 3.
4.2.- Quanto al tenore letterale della norma invocata, il testo del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4 applicabile all’epoca dei fatti di causa riservava al fornitore del servizio universale, con ampia dizione, “gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie”.
4.3.- Sul piano logico la tesi proposta dai contribuenti comporterebbe, irragionevolmente, l’assoggettamento a disciplina più rigorosa proprio dell’attività più affidabile gestita da soggetto notificatore abilitato.
4.4.- A ogni modo, la corretta lettura della locuzione “notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, e successive modificazioni” implica la riserva di tutte le notificazioni concernenti atti giudiziari eseguite a mezzo posta, senza distinzione in base al richiedente (come emerge da Cass., sez. un., 26 marzo 2019, n. 8416, secondo cui la novella introdotta dal D.Lgs. n. 58 del 2011 ha determinato la limitazione della riserva a s.p.a. Poste italiane, per il profilo d’interesse, “alla notificazione a mezzo posta degli atti giudiziari”).
4.5.- In definitiva, hanno ulteriormente sottolineato queste sezioni unite, facendo leva sulla previsione della Legge Delega 30 dicembre 1991, n. 413, art. 30 di adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile, non v’è alcuna ragione logica e giuridica per distinguere il regime della notificazione diretta a mezzo di raccomandata postale dall’ordinaria notificazione tramite ufficiale giudiziario che si avvalga del servizio postale (Cass., sez. un., 29 maggio 2017, nn. 13452 e 13453, punto 3.8).
4.6.- Indubbio è, quindi, che le notificazioni dirette a mezzo raccomandata postale dei ricorsi in materia tributaria rientrano nell’ambito della riserva al fornitore del servizio universale contemplata dal D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4.
5.- La questione, peraltro, eccede i confini del processo tributario e anche quelli del diritto nazionale, in quanto coinvolge i temi unionali della libertà di concorrenza e della graduale eliminazione degli ostacoli frapposti al mercato unico, che hanno trovato un complesso articolato di principi nella direttiva n. 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, poi modificata dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 febbraio 2008, progressivamente attuate dal diritto interno.
Il che comporta la necessità di coordinare la giurisprudenza nazionale con quella unionale, di segno prevalente rispetto alla prima.
6.- Il profilo problematico di maggior rilievo concerne, difatti, l’influenza sul regime delle notificazioni dei principi posti dalle direttive in questione.
Non è valso osservare dinanzi alla Corte di giustizia, per escluderne la rilevanza, che la direttiva n. 97/67/CE, la quale non contempla la procedura civile tra le materie enumerate nel proprio campo di applicazione, fissato dall’art. 1, è stata adottata sul fondamento dell’art. 95 TCE (divenuto art. 114 del TFUE), che costituisce la base giuridica per il ravvicinamento delle legislazioni nazionali destinate ad assicurare il funzionamento del mercato interno, e non già in base all’art. 65 del TCE (divenuto art. 81 del TFUE), base giuridica per l’armonizzazione delle norme di procedura civile.
6.1.- Seguendo quest’impostazione, ha replicato la Corte di giustizia (con sentenza 27 marzo 2019, causa C-545/17, Pawlak, punto 30), non si riuscirebbe a scongiurare gli ostacoli posti dalla disciplina nazionale del processo civile al percorso di apertura alla concorrenza nel settore in esame.
7.- Il percorso in questione, va detto, non è stato di segno univoco e la vicenda in esame si colloca quando esso non era ancora completo: la notificazione della quale si discute, risalente al 2008, si situa prima dell’adozione del D.Lgs. n. 58 del 2011, ma dopo la pubblicazione della direttiva n. 2008/6/CE.
7.1.- La direttiva n. 97/67/CE, pur avviando la graduale liberalizzazione del mercato dei servizi postali, riconosceva agli Stati membri la possibilità di riservare al fornitore o ai fornitori del servizio universale “…la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione di invii di corrispondenza interna” (art. 7); consentiva, per ragioni di ordine pubblico e di pubblica sicurezza, di scegliere “…gli organismi responsabili per il servizio di corrispondenza registrata cui si ricorre nell’ambito di procedure giudiziarie o amministrative conformemente alla legislazione nazionale (…)” (considerando 20); prevedeva, e tuttora prevede, che “Le disposizioni dell’art. 7 lasciano impregiudicato il diritto degli Stati membri di provvedere… al servizio di invii raccomandati utilizzato nelle procedure amministrative e giudiziarie conformemente alla loro legislazione nazionale” (art. 8).
La riserva era funzionale al mantenimento del servizio universale (art. 7), del quale costituiva il principale canale di funzionamento in condizione di equilibrio finanziario) (considerando 16).
7.2.- Con la direttiva n. 2008/6/CE v’è stata una virata (in parte anticipata dalla direttiva n. 2002/39/CE), poichè il legislatore dell’Unione, mutando prospettiva, ha ritenuto “opportuno porre fine al ricorso al settore riservato e ai diritti speciali come modo per garantire il finanziamento del servizio universale” (considerando 25).
Sicchè, con l’art. 7 della direttiva n. 97/67/CE, radicalmente novellato, il legislatore dell’Unione ha stabilito che “Gli Stati membri non concedono nè mantengono in vigore diritti esclusivi o speciali per l’instaurazione e la fornitura di servizi postali…”.
La concessione di questi diritti all’operatore designato è quindi scomparsa dal novero delle opzioni esplicitamente autorizzate per il finanziamento del settore universale (lo sottolinea Corte giust. 2 maggio 2019, causa C-259/18, Sociedad Estatal Correos y Telègrafos SA, punto 34).
8.- Il legislatore italiano ha dato attuazione con ritardo alla normativa unionale.
In esecuzione della direttiva n. 97/67/CE il D.Lgs. n. 22 luglio 1999, n. 261 ha riconosciuto come fornitore del servizio universale, nel testo applicabile all’epoca dei fatti di causa, “l’organismo che gestisce l’intero servizio postale universale su tutto il territorio nazionale” (art. 1, comma 2, lett. o); ha affidato il servizio universale alla società Poste italiane per un periodo comunque non superiore a quindici anni dalla data di entrata in vigore del decreto (art. 23, comma 2); ha ammesso la possibilità di riservare al fornitore del servizio universale “…la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione di invii di corrispondenza interna e transfrontaliera, anche tramite consegna espressa” (art. 4, comma 1), indicandone limiti di peso e prezzo e ha previsto che “Indipendentemente dai limiti di prezzo e di peso, sono compresi nella riserva di cui al comma 1 gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie…” (art. 4, comma 5).
La riserva è espressamente volta al “mantenimento” del fornitore del servizio universale, ossia a finanziarlo; tanto che il fondo di compensazione degli oneri del servizio universale istituito dall’art. 10 è “…alimentato nel caso e nella misura in cui i servizi riservati non procurano al fornitore del predetto servizio entrate sufficienti a garantire l’adempimento degli obblighi gravanti sul fornitore stesso”.
8.1.- In seguito, nel dettare i principi e i criteri generali per il recepimento della direttiva n. 2008/6/CE, il legislatore delegante ha stabilito che, nel contesto di piena apertura al mercato, “…a far data dal 31 dicembre 2010 non siano concessi nè mantenuti in vigore diritti esclusivi o speciali per l’esercizio e la fornitura di servizi postali” (art. 37, comma 2, lett. a), della Legge delega 4 giugno 2010, n. 96, pur facendo salvo l’art. 8 della direttiva n. 97/67).
8.2.- Ma il D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, comma 1, come novellato dal D.Lgs. n. 58 del 2011, ha stabilito che per esigenze di ordine pubblico fossero riservati in via esclusiva al fornitore del servizio universale, ossia a Poste italiane (alle quali il servizio è stato nuovamente affidato per quindici anni a decorrere dal 30 aprile 2011, giusta il D.Lgs. n. 58 del 2011, art. 1, comma 18), tra l’altro, i servizi concernenti le notificazioni a mezzo posta di atti giudiziari.
8.3.- Soltanto la L. 4 agosto 2017, n. 124, art. 1, comma 57, ha comportato, per i profili d’interesse, l’abrogazione del suddetto art. 4 a decorrere dal 10 settembre 2017, l’aggiunta in fine al comma 2 del successivo art. 5 del seguente periodo:
“Il rilascio della licenza individuale per i servizi riguardanti le notificazioni di atti a mezzo della posta e di comunicazioni a mezzo della posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, nonchè per i servizi riguardanti le notificazioni a mezzo della posta previste dall’art. 201 C.d.S., di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, deve essere subordinato a specifici obblighi del servizio universale con riguardo alla sicurezza, alla qualità, alla continuità, alla disponibilità e all’esecuzione dei servizi medesimi” e, finalmente, la soppressione del riferimento, contenuto nell’art. 10 a proposito del fondo di compensazione, ai servizi in esclusiva di cui all’art. 4.
9.- Nel contesto così delineato la giurisprudenza civile di questa Corte sottolinea che, nel regime precedente alla novella del 2017, l’operatore di posta privata non riveste, a differenza del fornitore del servizio postale universale, la qualità di pubblico ufficiale, sicchè gli atti da lui redatti non godono di alcuna presunzione di veridicità fino a querela di falso (Cass. 30 gennaio 2014, n. 2035).
La necessità di assicurare l’effettività della funzione probatoria dell’invio raccomandato, presidiata dal D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 1, comma 2, lett. i), rappresenterebbe l’esigenza di ordine pubblico che sostiene la scelta di riservare in via esclusiva al fornitore del servizio universale gli invii raccomandati concernenti le procedure giudiziarie – nonchè pure quelle amministrative, prima del D.Lgs. n. 58 del 2011 – (Cass. 18 dicembre 2014, n. 26704).
Sicchè si è ritenuta inesistente e non sanabile la notificazione di atti processuali eseguita mediante servizio postale non gestito da Poste italiane, ma da un operatore di posta privata (tra varie, Cass. 31 gennaio 2013, n. 2262; 19 dicembre 2014, n. 29021; 30 settembre 2016, n. 19467; 10 maggio 2017, n. 11473; 5 luglio 2017, n. 16628).
9.1.- Nè alla L. n. 124 del 2017, art. 1 si può riconoscere efficacia retroattiva: non si tratta di norma interpretativa, in quanto l’operatività della disciplina da essa delineata presuppone il rilascio delle nuove licenze individuali relative allo svolgimento dei servizi già oggetto di riserva, sulla base delle regole da predisporsi da parte dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Cass. 11 ottobre 2017, n. 23887; 3 aprile 2018, n. 8089; 31 maggio 2018, n. 13855; 7 settembre 2018, n. 21884).
Sull’irretroattività della novella convengono anche queste sezioni unite (con la sentenza n. 8416/19, cit.), che hanno riconosciuto, in relazione al regime normativo successivo al D.Lgs. n. 58 del 2011, la legittimità della notificazione a mezzo operatore di posta privata dei soli atti di natura amministrativa.
10.- Con l’ordinanza interlocutoria la sezione tributaria esprime perplessità sulla tenuta dell’orientamento concernente la qualificazione d’inesistenza della notificazione di atti giudiziari eseguita da un operatore di poste private in relazione al periodo precedente all’entrata in vigore della novella del 2017.
Anzitutto, rileva che la tesi dell’inesistenza della notificazione dell’atto processuale eseguita a mezzo posta dall’operatore in questione si potrebbe porre in contrasto con la possibilità di assimilare la notificazione in questione a quella eseguita mediante consegna diretta, contemplata dalla combinazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 3 e art. 20, comma 1: l’operatore di poste private ben potrebbe essere equiparato a un vettore che provvede alla consegna a mani dell’atto introduttivo della lite, con l’unica particolarità che in tal caso la notificazione si dovrebbe reputare eseguita nella data di ricezione e non già in quella di spedizione dell’atto.
10.1.- La sezione rimettente dubita, inoltre, della coerenza dell’indirizzo con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, che ricostruisce la notificazione non come requisito di esistenza e di perfezionamento dell’atto che ne è oggetto, ma come condizione integrativa dell’efficacia di esso: ne conseguirebbe che anche l’inesistenza della notificazione non comporterebbe quella dell’atto che ne è oggetto, quando ne risulti inequivocabilmente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere dell’amministrazione finanziaria, sulla quale grava il relativo onere probatorio (tra varie, Cass. 15 gennaio 2014, n. 654; 24 aprile 2015, n. 8374; 30 gennaio 2018, n. 2203; 24 agosto 2018, n. 21071).
10.2.- E, ancora, la sezione tributaria sospetta della compatibilità, in chiave di sistema, dell’indirizzo in questione col radicale ridimensionamento, dovuto all’elaborazione di queste sezioni unite (Cass., sez. un., 20 luglio 2016, nn. 14916 e 14917, seguite, tra varie, da Cass., sez. un., 13 febbraio 2017, n. 3702, da Cass. 7 giugno 2018, n. 14840 e da Cass. 8 marzo 2019, n. 6743), della categoria dell’inesistenza della notificazione, ridotta, in base al carattere strumentale delle forme degli atti processuali, ai soli casi in cui l’attività svolta sia priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto come notificazione; di modo che ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale ricade nella categoria della nullità.
11.- Qualche spiraglio per una soluzione diversa affiora dall’indirizzo che ammette la validità della notificazione eseguita dall’agenzia privata, alla quale però il plico sia stato affidato dalle Poste, nonchè, viceversa, di quella compiuta dalle Poste, alle quali l’atto sia stato veicolato dall’operatore di poste private: nel primo caso, si sostiene, l’attività di recapito rimane all’interno del rapporto tra le Poste e l’agenzia di recapito, e in capo alle Poste permane la piena responsabilità per l’espletamento del servizio (Cass. 6 giugno 2012, n. 9111); nel secondo, si specifica che una tale modalità operativa rispetta la riserva in via esclusiva prevista a favore del fornitore del servizio universale e, quindi, l’esigenza di garantire l’attestazione fidefaciente della puntualità e regolarità degli adempimenti (Cass. 21 luglio 2015, n. 15347; conf., Cass. 13 settembre 2017, n. 21251).
11.1.- Attestata su una soluzione diversa da quella prevalente si pone pure parte della giurisprudenza penale, anch’essa menzionata nell’ordinanza interlocutoria, secondo cui i servizi riservati in via esclusiva a Poste italiane dal D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4 non contemplano la mera spedizione di un atto d’impugnazione, che sarebbe concettualmente diversa dalla “notificazione a mezzo posta di atti giudiziari”, perchè volta a far pervenire l’atto che ne è oggetto non a una controparte, bensì a un ufficio giudiziario (Cass. pen., 28 novembre 2013/22 gennaio 2014, n. 2886; 6 novembre 2014/18 maggio 2015, n. 20380; 3 maggio/1 agosto 2017, n. 38206).
12.- La giurisprudenza nazionale non tiene adeguato conto della normativa e della giurisprudenza unionali.
Anzitutto l’opzione della giurisprudenza penale trova espressa smentita in quella della Corte di giustizia.
La direttiva modificata n. 97/67/CE definisce i “servizi postali” come i servizi che includono la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione degli invii postali (art. 2, punto 1, che non è sensibilmente diverso dal testo previgente, che li definiva come “servizi che includono la raccolta, lo smistamento, l’instradamento e la distribuzione degli invii postali”).
L'”invio postale” è, da parte sua, definito come l’invio, nella forma definitiva al momento in cui viene preso in consegna, dal fornitore di servizi postali (art. 2, punto 6, che, nella versione antecedente alla modifica disposta dalla direttiva n. 2008/6, si riferiva all’invio nella forma definitiva al momento in cui viene preso in consegna dal fornitore del servizio universale).
Sicchè l’invio per posta di atti processuali è un invio postale e il servizio relativo entra nel novero dei servizi postali (Corte giust. in causa C-545/17, cit., punto 40, che si riferisce, peraltro, giustappunto all’invio per posta agli organi giurisdizionali presi in considerazione dalle suddette pronunce penali di questa Corte; in termini anche Corte giust. 31 maggio 2018, cause C-259/16 e C-260/16, Confetra, punto 33).
12.1.- Non è quindi possibile distinguere, all’interno della nozione di “invio postale” rilevante ai fini del diritto unionale, il segmento della spedizione rispetto a quello del recapito.
13.- Ma ciò che qui preme soprattutto rilevare e valutare è il rapporto della giurisprudenza civile di questa Corte con il diritto dell’Unione.
A seguito della direttiva n. 2008/6/CE, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea del 27 febbraio 2008, il diritto unionale è di ostacolo al riconoscimento di diritti speciali o esclusivi a un operatore postale (in termini, Corte giust. in causa C-545/17, cit., punti 67-68); sicchè non può essere riconosciuta a un operatore una tutela particolare idonea a incidere sulla capacità delle altre imprese di esercitare l’attività economica consistente nell’instaurazione e nella fornitura di servizi postali nello stesso territorio, in circostanze sostanzialmente equivalenti.
Il principio ha portata generale: “il fatto che uno Stato membro riservi un servizio postale, che questo rientri o no nel servizio universale, a uno o a più fornitori incaricati del servizio universale costituisce un modo vietato per garantire il finanziamento del servizio universale” (Corte giust. in causa C-545/17, cit., punto 53).
13.1.- Ne consegue che l’art. 8 della direttiva, che non è stato novellato, va interpretato restrittivamente (con riferimento, peraltro, ai soli invii raccomandati e non già a quelli ordinari), perchè introduce una deroga al principio.
In questa logica non incide la circostanza che il diritto esclusivo o speciale per l’instaurazione e la fornitura di servizi postali sia concesso a un fornitore del servizio universale nel rispetto dei canoni di obiettività, di proporzionalità, di non discriminazione e di trasparenza. Si arriverebbe, altrimenti, a circoscrivere la portata del divieto posto dall’art. 7, paragrafo 1, prima frase, della direttiva modificata e, pertanto, a compromettere la realizzazione dell’obiettivo, ivi perseguito, di completare il mercato interno dei servizi postali.
13.2.- Ora, nel regime nazionale successivo alla direttiva n. 2008/6/CE e anteriore a quello introdotto dalla novella del 2011, applicabile all’epoca dei fatti di causa, così come nel regime successivo a tale novella e antecedente alla L. n. 124 del 2017, a s.p.a. Poste Italiane resta riservato in via esclusiva, per il profilo d’interesse, il servizio della notificazione a mezzo posta degli atti processuali; e ciò si correla all’esclusivo riconoscimento del diritto speciale in virtù del quale la veridicità dell’apposizione della data mediante proprio timbro è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, giacchè la si riferisce all’attestazione di attività compiute da un pubblico agente nell’esercizio delle proprie funzioni (tra varie, Cass. 4 giugno 2018, n. 14163 e 19 luglio 2019, n. 19547).
14.- A sostegno di tale regime, e, in particolare, dei vantaggi in cui esso si esprime, non sono dimostrate le ragioni di ordine pubblico o di pubblica sicurezza idonee a derogare, a norma dell’art. 8 della direttiva n. 97/67/CE, alla norma generale prevista all’art. 7 della direttiva modificata, nell’accezione che ne fornisce il diritto unionale.
14.1.- Per ricorrere alla deroga occorre difatti che lo Stato membro dimostri “l’esistenza di un interesse pubblico” (Corte giust. in causa C-545/17, Pawlak, punto 73). Quest’interesse, ha ammonito la Corte di giustizia (con la medesima sentenza, punto 74), si deve esprimere in una giustificazione oggettiva della deroga.
15.- La giurisprudenza di questa Corte assume, invece, si è visto, che nel diritto interno l’interesse pubblico consista nella forza fidefaciente degli atti redatti dall’operatore postale di Poste italiane, che si riverbera sulla funzione probatoria ancorata all’invio raccomandato.
Questa nozione d’interesse pubblico si risolve in una petizione di principio, perchè identifica la conseguenza dello status di una categoria di operatori postali e, quindi, il vantaggio loro attribuito, con la giustificazione oggettiva dell’attribuzione.
15.1.- Nè maggiori lumi si ricavano dalla relazione che ha accompagnato il D.Lgs. n. 58 del 2011, in cui si legge che le ragioni di ordine pubblico sono relative “al contenuto degli invii”, ricorrendo, anche in tal caso, a una mera tautologia.
15.2.- Non è quindi chiarito quali fossero le esigenze di ordine pubblico richiamate dal D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4; quel che è chiaro è che la riserva risponde ancora all’esigenza di finanziare il servizio postale universale. Di là da un mero maquillage, difatti, il D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 10 continua a stabilire, anche dopo la novella del 2011, che il fondo di compensazione, che è volto a garantire l’espletamento del servizio postale universale, è alimentato nel caso in cui il fornitore del predetto servizio non ricava “dalla fornitura del servizio universale e dai servizi in esclusiva di cui all’art. 4 entrate sufficienti a garantire l’adempimento degli obblighi gravanti sul fornitore stesso”.
Sicchè è ragionevole ritenere che le ragioni poste a sostegno della riserva siano ancora quelle del finanziamento del fornitore del servizo universale, benchè vietate dalla direttiva n. 2008/6/CE.
15.3.- La Corte di giustizia, del resto, facendo leva sulla considerazione che gli altri operatori “…dispongano dei mezzi organizzativi e personali adeguati” a recapitare gli atti processuali, ha ritenuto che mancasse la giustificazione oggettiva inerente a ragioni di ordine pubblico o di sicurezza pubblica a fronte di una norma di diritto nazionale -in quel caso, polacco- che riconosceva come equivalente alla presentazione di un atto processuale dinanzi all’organo giurisdizionale interessato soltanto il deposito di un simile atto presso un ufficio postale dell’unico operatore designato per fornire il servizio postale universale (Corte giust. in causa C-545/17, cit., punto 77).
16.- Da quanto sopra discende che, al momento dell’esecuzione della notificazione della quale si discute, la vigente direttiva n. 2008/6/CE imponeva già al legislatore italiano l’abolizione di qualsiasi riconoscimento, salvo il ricorrere di determinate, restrittive e rigorose condizioni, di diritti speciali o esclusivi a taluni operatori del servizio postale.
L’obbligo di adeguamento al diritto unionale così imposto era già incluso, per conseguenza, tra i principi del diritto nazionale e, con esso, la generale potenziale idoneità dell’operatore di poste private a compiere l’attività di notificazione di atti processuali, indipendentemente dal fatto che ancora pendesse per lo Stato italiano il termine, fissato al 31 dicembre 2010 dall’art. 2 della direttiva n. 2008/6/CE, per mettere “…in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi…” alla direttiva.
La circostanza che il diritto interno non si è compiutamente adeguato, fino alla L. n. 124 del 2017, a tale impostazione e ha mantenuto in capo a s.p.a. Poste italiane i suddetti diritti esclusivi e speciali non può conferire loro la forza di “sistema”, nel senso di far considerare radicalmente estranea a esso l’attività di notificazione postale di atti giudiziari da parte dell’operatore postale privato.
16.1.- La prevista astratta possibilità di tale attività rende di per sè riconoscibile la fattispecie della notificazione in quella eseguita da quell’operatore, anche sotto il profilo soggettivo (in base alle precisazioni di Cass., sez. un., nn. 14916 e 14917/16, cit., che ha esaminato il regime della notificazione del ricorso per cassazione, ma che ha dettato principi di chiaro valore espansivo). Non v’è quindi quella completa esorbitanza dallo schema generale degli atti di notificazione che ne sostanzia l’inesistenza giuridica (Cass., sez. un., 4 luglio 2018, n. 17533, punto 9.1.5), perchè l’attività svolta appartiene al tipo contemplato dal complessivo sistema normativo.
17.- Resta, tuttavia, la difformità di tale attività dalla concreta regolazione interna vigente. E, sotto tale profilo, rileva in particolare la mancata adozione, con riferimento all’operatore di posta privata, della disciplina inerente al necessario titolo abilitativo (di cui, quindi, il soggetto operante nel caso di specie era sicuramente sprovvisto).
Il titolo abilitativo comporta la soggezione a un regime giuridico particolare, fonte di conferimento di diritti, ma anche di assunzione di obblighi specifici. Sicchè è la soggezione a tale regime che determina l’acquisizione dello status che fonda la distinzione tra operatori postali.
17.1.- Il che assume, ha precisato ancora la Corte di giustizia, una particolare valenza proprio con riguardo alle attività di notificazione di atti giudiziari, mediante le quali l’operatore è investito di prerogative inerenti ai pubblici poteri al fine di poter rispettare gli obblighi che incombono su di lui; “tali servizi mirano non già a rispondere a particolari esigenze di operatori economici o di taluni altri utenti particolari, bensì a garantire una buona amministrazione della giustizia, nella misura in cui essi permettono la notifica formale di documenti nel quadro di procedimenti giurisdizionali o amministrativi” (Corte giust. 16 ottobre 2019, cause C-4/18 e C5/18, Winterhoff e altro, punto 58).
Conforme è la giurisprudenza costituzionale, che ha fatto leva sul particolare statuto di regole al quale è assoggettato l’agente per la riscossione al fine di giustificare in relazione a esso il regime differenziato rispettivamente previsto per la notificazione diretta delle cartelle di pagamento, degli atti impositivi e dei ruoli dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26,L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 14 e della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 161, (Corte Cost. 23 luglio 2018, n. 175 e 24 aprile 2019, n. 104).
17.2.- Tutto ciò peraltro si risolve in una violazione di specifici vincoli normativi, che configura una mera nullità dell’attività notificatoria in questione; laddove l’astratta compatibilità della medesima col complessivo sistema normativo esclude che si possa parlare di inesistenza.
18.- In quanto nulla, la notificazione è sanabile e nel caso in esame è stata sanata per effetto della costituzione dell’Agenzia sin dal primo grado.
19.- Questa circostanza, tuttavia, non è risolutiva, perchè manca certezza legale della data di consegna del plico all’operatore di posta privata, che, nella prospettazione dei contribuenti, rientrerebbe nel termine previsto per l’impugnazione dell’avviso. E la certezza manca, appunto perchè l’operatore che ha proceduto alla notificazione della quale si discute è privo di titolo abilitativo, ossia della licenza individuale, e, quindi, delle prerogative inerenti ai pubblici poteri.
19.1.- Perchè l’indicazione di data, ufficio e numero di spedizione dell’atto in plico raccomandato (senza busta) assuma connotazione di atto pubblico, pur in assenza di sottoscrizione, occorre che vi sia una precisa sequenza procedimentale diretta a documentare le attività compiute in relazione all’accettazione del plico da spedire e, quindi, a identificare la certa provenienza delle attestazioni su giorno e numero della raccomandata (Cass., sez. un., nn. 13452 e 13453/17, cit.).
19.2.- Di contro, la mancanza della licenza, e del correlativo status, come la giurisprudenza di questa Corte sottolinea, non consente di riconoscere la forza di atto pubblico all’attestazione della data di consegna all’operatore dell’atto processuale da notificare, perchè l’operatore che non ne sia munito non è dotato di poteri certificativi.
20.- Nè rileva che l’Agenzia non abbia contestato la data di consegna dell’atto da notificare all’operatore di posta privata.
Anzitutto l’Agenzia ha contestato in radice la possibilità stessa per l’operatore in questione di notificare atti processuali.
Inoltre, il soggetto destinatario della notificazione non ha la possibilità di verificare e controllare quando l’atto sia stato consegnato all’operatore, in modo da poterne contestare la data.
Ma, e soprattutto, occorre considerare che le notificazioni processuali incidono su interessi di rango costituzionale (presidiati dagli artt. 24 e 111 Cost.), sicchè necessitano di quella certezza pubblica che è propria degli atti fidefacienti, non altrimenti surrogabile (ancora Cass., sez. un., nn. 13452 e 13453, cit.).
21.- La mancanza di certezza legale della data di consegna all’operatore di poste private dell’atto da notificare comporta quindi l’impossibilità di ancorare, nel caso in esame, la proposizione del ricorso “…al momento della spedizione nelle forme sopra indicate” (giusta il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 20, comma 2).
21.1.- L’impossibile valorizzazione del momento di consegna dell’atto all’agente notificatore si unisce, nella specie, al sicuro pervenimento dell’atto al destinatario quando il termine di decadenza dall’impugnazione era ormai inutilmente spirato.
La sanatoria determinata dal raggiungimento dello scopo della notifica nulla non può quindi rilevare al fine di poter ritenere tempestivo il ricorso.
22.- Risulta per conseguenza irrilevante altresì l’esame dell’ulteriore questione, sulla quale pure v’è difformità di orientamenti di questa Corte, concernente l’estensione, o l’esclusione, dell’effetto sanante rispetto alle decadenze di natura sostanziale nel frattempo maturate.
23.- Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata cassata, perchè, nel momento in cui si è prodotto l’effetto sanante dovuto al raggiungimento dello scopo dell’atto, era maturata la decadenza dei contribuenti dal diritto d’impugnazione dell’avviso.
24.- Poichè non sussiste necessità di ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio va deciso nel merito, con la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso introduttivo e l’applicazione dei seguenti principi di diritto:
“In tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla L. n. 124 del 2017”.
“La sanatoria della nullità della notificazione di atto giudiziario, eseguita dall’operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, dovuta all’assenza di poteri certificativi dell’operatore, perchè sprovvisto di titolo abilitativo”.
25.- Le oscillazioni della giurisprudenza e la particolarità della questione comportano, tuttavia, la compensazione di tutte le voci di spesa.
P.Q.M.
la Corte, a sezioni unite, accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile il ricorso introduttivo.
Compensa tutte le voci di spesa dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2020