LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di sez. –
Dott. MANNA Antonio – Presidente di sez. –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21667-2013 proposto da:
EQUITALIA SUD S.P.A., (società con socio unico soggetta all’attività di direzione e coordinamento della Equitalia s.p.a.), subentrata ad Equitalia Polis s.p.a. con decorrenza 1 luglio 2011, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliatosi in ROMA, VIA PREMUDA 1/A, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO DIDDORO, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO POLISI;
– ricorrente –
contro
P.G., elettivamente domiciliatasi in ROMA, VIA F. SIACCI 4, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO VOGLINO, rappresentata e difesa dall’avvocato FABIO BENINCASA;
– controricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– resistente –
avverso la sentenza n. 20/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della Campania, depositata il 04/02/2013;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/10/2019 dal consigliere Dott. ANGELINA-MARIA PERRINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. SALZANO FRANCESCO, che ha concluso per affermarsi che: “la notifica eseguita da servizi postali gestiti da licenziatari privati è
affetta da nullità assoluta ex art. 156 c.p.c., comma 3”;
udito l’Avvocato Fabio Benincasa.
FATTI DI CAUSA
Emerge dalla sentenza impugnata che la materia del contendere riguarda “…il sollecito di pagamento n. 14363/071 IVA + IRPEF 1998 ed avviso di attivazione procedura espropriativa di cui a sei cartelle di pagamento… “, che P.G. aveva impugnato, lamentando l’omessa notificazione delle cartelle, e ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli.
Quella regionale della Campania ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, dichiarandola estromessa dal giudizio, e ha rigettato quello dell’Equitalia, in base alla considerazione che la notificazione di alcune cartelle prodromiche a sollecito e avviso era stata indirizzata, senza giustificazione, in un luogo diverso da quello, risultante dalla cartella indicata in sentenza, di residenza della contribuente.
Contro questa sentenza propone ricorso l’agente per la riscossione, che affida a tre motivi per ottenerne la cassazione, cui P.G. risponde con controricorso. L’Agenzia delle entrate, evocata in giudizio, non si è ritualmente costituita, depositando soltanto atto col quale ha manifestato la volontà di partecipare all’udienza di discussione.
La sezione tributaria di questa Corte ha ravvisato una questione di massima di particolare importanza in quella concernente il regime della notificazione del ricorso introduttivo, avvenuta a mezzo di posta privata e ha prospettato al Primo Presidente l’opportunità di devolverla alla cognizione di queste sezioni unite.
Ne è seguita la fissazione dell’udienza odierna.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Vanno preliminarmente respinte le eccezioni d’inammissibilità del ricorso proposte dalla controricorrente:
– va respinta la prima, con la quale si lamenta che il ricorso è stato notificato presso la residenza della contribuente, anzichè presso il domicilio da lei eletto in giudizio, perchè il vizio è stato sanato, ex art. 156 c.p.c., dal tempestivo deposito del controricorso (Cass., sez. un., 20 luglio 2016, nn. 14916 e 14917);
– va altresì respinta la seconda, con la quale si denuncia la violazione del principio di autosufficienza del ricorso, giacchè le carenze di specificità, di seguito illustrate, non investono l’intero ricorso.
2.- Col primo motivo di ricorso l’Equitalia lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 16, comma 3 e art. 22, commi 1 e 2, giacchè sostiene che la notificazione del ricorso introduttivo del giudizio, eseguita nel 2010 a mezzo posta con servizio di spedizione privato, sia affetta da nullità insanabile. Espone al riguardo che, nel processo tributario, in virtù della combinazione delle norme indicate, sono applicabili, oltre alle modalità di notificazione previste dall’art. 137 c.p.c., richiamate dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 2, in via di eccezione la modalità di notificazione c.d. postale, mediante l’utilizzo del servizio reso dalle Poste italiane, e la consegna a mani, soltanto nei confronti degli uffici finanziari e degli enti locali.
2.1.- Il motivo di ricorso, diversamente da quanto si sostiene in controricorso, è ammissibile, benchè l’Equitalia non abbia proposto la censura nel giudizio di merito. Ciò perchè la questione prospettata, di nullità insanabile della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, comporta la rilevabilità, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo (Cass. 20 ottobre 2016, n. 21219).
3.- Il tema posto col motivo in esame è oggetto dell’ordinanza interlocutoria, che appunto concerne la sorte della notificazione degli atti processuali eseguita a mezzo di posta privata nel regime antecedente all’emanazione del D.Lgs. 24 febbraio 2011, n. 58.
4.- La questione è importante, perchè presenta molteplici profili problematici.
4.1.- Il primo, di minor rilievo, è posto in controricorso, là dove si sostiene che “le notificazioni di atti giudiziari”, oggetto dell’affidamento in via esclusiva al fornitore del servizio universale, contemplato dal D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, art. 4 come modificato dal D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 58, non si riferiscano ai ricorsi tributari notificati a mezzo posta senza l’ausilio di un ufficiale notificatore: ciò perchè la norma, là dove richiama i “servizi inerenti le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, e successive modificazioni”, riserverebbe in via esclusiva alle Poste italiane i soli servizi concernenti le notificazioni di atti giudiziari eseguiti a norma della L. n. 890 del 1982.
4.2.- L’obiezione si supera agevolmente.
Nel processo tributario le notificazioni sono eseguite, in primo luogo, secondo le norme degli artt. 137 c.p.c. e ss. (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 16, comma 2), tra le quali v’è l’art. 149 c.p.c., che consente la notificazione a mezzo del servizio postale, in base alle regole dettate dalla L. 20 novembre 1982, n. 890; in secondo luogo, la notificazione può essere eseguita – oltre che mediante consegna diretta all’impiegato dell’amministrazione finanziaria o dell’ente locale – a mezzo del servizio postale raccomandato con avviso di ricevimento (art. 16, comma 3, nel testo applicabile ratione temporis). Qualora la notificazione sia eseguita a mezzo posta, “…il ricorso s’intende proposto al momento della spedizione nelle forme sopra indicate” (art. 20, comma 2), ossia in quelle richiamate dall’art. 16, commi 2 e 3.
4.3.- Quanto al tenore letterale della norma invocata, il testo del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4 applicabile all’epoca dei fatti di causa riservava al fornitore del servizio universale, con ampia dizione, “gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie”.
4.4.- Sul piano logico la tesi proposta dalla contribuente comporterebbe, irragionevolmente, l’assoggettamento a disciplina più rigorosa proprio dell’attività più affidabile gestita da soggetto notificatore abilitato.
4.5.- A ogni modo, la corretta lettura della locuzione “notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, e successive modificazioni” implica la riserva di tutte le notificazioni concernenti atti giudiziari eseguite a mezzo posta, senza distinzione in base al richiedente (come emerge da Cass., sez. un., 26 marzo 2019, n. 8416, secondo cui la novella introdotta dal D.Lgs. n. 58 del 2011 ha determinato la limitazione della riserva a s.p.a. Poste italiane, per il profilo d’interesse, “alla notificazione a mezzo posta degli atti giudiziari”).
4.6.- In definitiva, hanno ulteriormente sottolineato queste sezioni unite, facendo leva sulla previsione della Legge Delega 30 dicembre 1991, n. 413, art. 30 di adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile, non v’è alcuna ragione logica e giuridica per distinguere il regime della notificazione diretta a mezzo di raccomandata postale dall’ordinaria notificazione tramite ufficiale giudiziario che si avvalga del servizio postale (Cass., sez. un., 29 maggio 2017, nn. 13452 e 13453, punto 3.8).
4.7.- Indubbio è, quindi, che le notificazioni dirette a mezzo raccomandata postale dei ricorsi in materia tributaria rientrano nell’ambito della riserva al fornitore del servizio universale contemplata dal D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4.
5.- La questione, peraltro, eccede i confini del processo tributario e anche quelli del diritto nazionale, in quanto coinvolge i temi unionali della libertà di concorrenza e della graduale eliminazione degli ostacoli frapposti al mercato unico, che hanno trovato un complesso articolato di principi nella direttiva n. 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, poi modificata dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 febbraio 2008, progressivamente attuate dal diritto interno.
Il che comporta la necessità di coordinare la giurisprudenza nazionale con quella unionale, di segno prevalente rispetto alla prima.
6.- Il profilo problematico di maggior rilievo concerne, difatti, l’influenza sul regime delle notificazioni dei principi posti dalle direttive in questione.
Non è valso osservare dinanzi alla Corte di giustizia, per escluderne la rilevanza, che la direttiva n. 97/67/CE, la quale non contempla la procedura civile tra le materie enumerate nel proprio campo di applicazione, fissato dall’art. 1, è stata adottata sul fondamento dell’art. 95 TCE (divenuto art. 114 del TFUE), che costituisce la base giuridica per il ravvicinamento delle legislazioni nazionali destinate ad assicurare il funzionamento del mercato interno, e non già in base all’art. 65 del TCE (divenuto art. 81 del TFUE), base giuridica per l’armonizzazione delle norme di procedura civile.
6.1.- Seguendo quest’impostazione, ha replicato la Corte di giustizia (con sentenza 27 marzo 2019, causa C-545/17, Pawlak, punto 30), non si riuscirebbe a scongiurare gli ostacoli posti dalla disciplina nazionale del processo civile al percorso di apertura alla concorrenza nel settore in esame.
7.- Il percorso in questione, va detto, non è stato di segno univoco e la vicenda in esame si colloca quando esso non era ancora completo: la notificazione della quale si discute, risalente al 2010, si situa prima dell’adozione del D.Lgs. n. 58 del 2011, ma dopo la pubblicazione della direttiva n. 2008/6/CE.
7.1.- La direttiva n. 97/67/CE, pur avviando la graduale liberalizzazione del mercato dei servizi postali, riconosceva agli Stati membri la possibilità di riservare al fornitore o ai fornitori del servizio universale “…la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione di invii di corrispondenza interna” (art. 7); consentiva, per ragioni di ordine pubblico e di pubblica sicurezza, di scegliere “…gli organismi responsabili per il servizio di corrispondenza registrata cui si ricorre nell’ambito di procedure giudiziarie o amministrative conformemente alla legislazione nazionale (…)” (considerando 20); prevedeva, e tuttora prevede, che “Le disposizioni dell’art. 7 lasciano impregiudicato il diritto degli Stati membri di provvedere… al servizio di invii raccomandati utilizzato nelle procedure amministrative e giudiziarie conformemente alla loro legislazione nazionale” (art. 8).
La riserva era funzionale al mantenimento del servizio universale (art. 7), del quale costituiva il principale canale di funzionamento in condizione di equilibrio finanziario (considerando 16).
7.2.- Con la direttiva n. 2008/6/CE v’è stata una virata (in parte anticipata dalla direttiva n. 2002/39/CE), poichè il legislatore dell’Unione, mutando prospettiva, ha ritenuto “opportuno porre fine al ricorso al settore riservato e ai diritti speciali come modo per garantire il finanziamento del servizio universale” (considerando 25).
Sicchè, con l’art. 7 della direttiva n. 97/67/CE, radicalmente novellato, il legislatore dell’Unione ha stabilito che “Gli Stati membri non concedono nè mantengono in vigore diritti esclusivi o speciali per l’instaurazione e la fornitura di servizi postali…”.
La concessione di questi diritti all’operatore designato è quindi scomparsa dal novero delle opzioni esplicitamente autorizzate per il finanziamento del settore universale (lo sottolinea Corte giust. 2 maggio 2019, causa C-259/18, Sociedad Estatal Correos y Telegrafos SA, punto 34).
8.- Il legislatore italiano ha dato attuazione con ritardo alla normativa unionale.
In esecuzione della direttiva n. 97/67/CE il D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261 ha riconosciuto come fornitore del servizio universale, nel testo applicabile all’epoca dei fatti di causa, “l’organismo che gestisce l’intero servizio postale universale su tutto il territorio nazionale” (art. 1, comma 2, lett. o); ha affidato il servizio universale alla società Poste italiane per un periodo comunque non superiore a quindici anni dalla data di entrata in vigore del decreto (art. 23, comma 2); ha ammesso la possibilità di riservare al fornitore del servizio universale “…la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione di invii di corrispondenza interna e transfrontaliera, anche tramite consegna espressa” (art. 4, comma 1), indicandone limiti di peso e prezzo e ha previsto che “Indipendentemente dai limiti di prezzo e di peso, sono compresi nella riserva di cui al comma 1 gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie…” (art. 4, comma 5).
La riserva è espressamente volta al “mantenimento” del fornitore del servizio universale, ossia a finanziarlo; tanto che il fondo di compensazione degli oneri del servizio universale istituito dall’art. 10 è “…alimentato nel caso e nella misura in cui i servizi riservati non procurano al fornitore del predetto servizio entrate sufficienti a garantire l’adempimento degli obblighi gravanti sul fornitore stesso”.
8.1.- In seguito, nel dettare i principi e i criteri generali per il recepimento della direttiva n. 2008/6/CE, il legislatore delegante ha stabilito che, nel contesto di piena apertura al mercato, “…a far data dal 31 dicembre 2010 non siano concessi nè mantenuti in vigore diritti esclusivi o speciali per l’esercizio e la fornitura di servizi postali” (art. 37, comma 2, lett. a), della Legge delega 4 giugno 2010, n. 96, pur facendo salvo l’art. 8 della direttiva n. 97/67).
8.2.- Ma il D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, comma 1, come novellato dal D.Lgs. n. 58 del 2011, ha stabilito che per esigenze di ordine pubblico fossero riservati in via esclusiva al fornitore del servizio universale, ossia a Poste italiane (alle quali il servizio è stato nuovamente affidato per quindici anni a decorrere dal 30 aprile 2011, giusta il D.Lgs. n. 58 del 2011, art. 1, comma 18), tra l’altro, i servizi concernenti le notificazioni a mezzo posta di atti giudiziari.
8.3.- Soltanto la L. 4 agosto 2017, n. 124, art. 1, comma 57, ha comportato, per i profili d’interesse, l’abrogazione del suddetto art. 4 a decorrere dal 10 settembre 2017, l’aggiunta in fine al successivo art. 5, al comma 2 del seguente periodo:
“Il rilascio della licenza individuale per i servizi riguardanti le notificazioni di atti a mezzo della posta e di comunicazioni a mezzo della posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, nonchè per i servizi riguardanti le notificazioni a mezzo della posta previste dall’art. 201 C.d.S., di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, deve essere subordinato a specifici obblighi del servizio universale con riguardo alla sicurezza, alla qualità, alla continuità, alla disponibilità e all’esecuzione dei servizi medesimi” e, finalmente, la soppressione del riferimento, contenuto nell’art. 10 a proposito del fondo di compensazione, ai servizi in esclusiva di cui all’art. 4.
9.- Nel contesto così delineato la giurisprudenza civile di questa Corte sottolinea che, nel regime precedente alla novella del 2017, l’operatore di posta privata non riveste, a differenza del fornitore del servizio postale universale, la qualità di pubblico ufficiale, sicchè gli atti da lui redatti non godono di alcuna presunzione di veridicità fino a querela di falso (Cass. 30 gennaio 2014, n. 2035).
La necessità di assicurare l’effettività della funzione probatoria dell’invio raccomandato, presidiata dal D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 1, comma 2, lett. i), rappresenterebbe l’esigenza di ordine pubblico che sostiene la scelta di riservare in via esclusiva al fornitore del servizio universale gli invii raccomandati concernenti le procedure giudiziarie – nonchè pure quelle amministrative, prima del D.Lgs. n. 58 del 2011 – (Cass. 18 dicembre 2014, n. 26704).
Sicchè si è ritenuta inesistente e non sanabile la notificazione di atti processuali eseguita mediante servizio postale non gestito da Poste italiane, ma da un operatore di posta privata (tra varie, Cass. 31 gennaio 2013, n. 2262; 19 dicembre 2014, n. 29021; 30 settembre 2016, n. 19467; 10 maggio 2017, n. 11473; 5 luglio 2017, n. 16628).
9.1.- Nè alla L. n. 124 del 2017, art. 1 si può riconoscere efficacia retroattiva: non si tratta di norma interpretativa, in quanto l’operatività della disciplina da essa delineata presuppone il rilascio delle nuove licenze individuali relative allo svolgimento dei servizi già oggetto di riserva, sulla base delle regole da predisporsi da parte dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Cass. 11 ottobre 2017, n. 23887; 3 aprile 2018, n. 8089; 31 maggio 2018, n. 13855; 7 settembre 2018, n. 21884).
Sull’irretroattività della novella convengono anche queste sezioni unite (con la sentenza n. 8416/19, cit.), che hanno riconosciuto, in relazione al regime normativo successivo al D.Lgs. n. 58 del 2011, la legittimità della notificazione a mezzo operatore di posta privata dei soli atti di natura amministrativa.
10.- Con l’ordinanza interlocutoria la sezione tributaria esprime perplessità sulla tenuta dell’orientamento concernente la qualificazione d’inesistenza della notificazione di atti giudiziari eseguita da un operatore di poste private in relazione al periodo precedente all’entrata in vigore della novella del 2017.
Anzitutto, rileva che la tesi dell’inesistenza della notificazione dell’atto processuale eseguita a mezzo posta dall’operatore in questione si potrebbe porre in contrasto con la possibilità di assimilare la notificazione in questione a quella eseguita mediante consegna diretta, contemplata dalla combinazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 3 e art. 20, comma 1: l’operatore di poste private ben potrebbe essere equiparato a un vettore che provvede alla consegna a mani dell’atto introduttivo della lite, con l’unica particolarità che in tal caso la notificazione si dovrebbe reputare eseguita nella data di ricezione e non già in quella di spedizione dell’atto.
10.1.- La sezione rimettente dubita, inoltre, della coerenza dell’indirizzo con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, che ricostruisce la notificazione non come requisito di esistenza e di perfezionamento dell’atto che ne è oggetto, ma come condizione integrativa dell’efficacia di esso: ne conseguirebbe che anche l’inesistenza della notificazione non comporterebbe quella dell’atto che ne è oggetto, quando ne risulti inequivocabilmente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere dell’amministrazione finanziaria, sulla quale grava il relativo onere probatorio (tra varie, Cass. 15 gennaio 2014, n. 654; 24 aprile 2015, n. 8374; 30 gennaio 2018, n. 2203; 24 agosto 2018, n. 21071).
10.2.- E, ancora, la sezione tributaria sospetta della compatibilità, in chiave di sistema, dell’indirizzo in questione col radicale ridimensionamento, dovuto all’elaborazione di queste sezioni unite (Cass., sez. un., 20 luglio 2016, nn. 14916 e 14917, seguite, tra varie, da Cass., sez. un., 13 febbraio 2017, n. 3702, da Cass. 7 giugno 2018, n. 14840 e da Cass. 8 marzo 2019, n. 6743), della categoria dell’inesistenza della notificazione, ridotta, in base al carattere strumentale delle forme degli atti processuali, ai soli casi in cui l’attività svolta sia priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto come notificazione; di modo che ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale ricade nella categoria della nullità.
11.- Qualche spiraglio per una soluzione diversa affiora dall’indirizzo che ammette la validità della notificazione eseguita dall’agenzia privata, alla quale però il plico sia stato affidato dalle Poste, nonchè, viceversa, di quella compiuta dalle Poste, alle quali l’atto sia stato veicolato dall’operatore di poste private: nel primo caso, si sostiene, l’attività di recapito rimane all’interno del rapporto tra le Poste e l’agenzia di recapito, e in capo alle Poste permane la piena responsabilità per l’espletamento del servizio (Cass. 6 giugno 2012, n. 9111); nel secondo, si specifica che una tale modalità operativa rispetta la riserva in via esclusiva prevista a favore del fornitore del servizio universale e, quindi, l’esigenza di garantire l’attestazione fidefaciente della puntualità e regolarità degli adempimenti (Cass. 21 luglio 2015, n. 15347; conf., Cass. 13 settembre 2017, n. 21251).
11.1.- Attestata su una soluzione diversa da quella prevalente si pone pure parte della giurisprudenza penale, anch’essa menzionata nell’ordinanza interlocutoria, secondo cui i servizi riservati in via esclusiva a Poste italiane dal D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4 non contemplano la mera spedizione di un atto d’impugnazione, che sarebbe concettualmente diversa dalla “notificazione a mezzo posta di atti giudiziari”, perchè volta a far pervenire l’atto che ne è oggetto non a una controparte, bensì a un ufficio giudiziario (Cass. pen., 28 novembre 2013/22 gennaio 2014, n. 2886; 6 novembre 2014/18 maggio 2015, n. 20380; 3 maggio/1 agosto 2017, n. 38206).
12.- La giurisprudenza nazionale non tiene adeguato conto della normativa e della giurisprudenza unionali.
Anzitutto l’opzione della giurisprudenza penale trova espressa smentita in quella della Corte di giustizia.
La direttiva modificata n. 97/67/CE definisce i “servizi postali” come i servizi che includono la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione degli invii postali (art. 2, punto 1, che non è sensibilmente diverso dal testo previgente, che li definiva come “servizi che includono la raccolta, lo smistamento, l’instradamento e la distribuzione degli invii postali”).
L'”invio postale” è, da parte sua, definito come l’invio, nella forma definitiva al momento in cui viene preso in consegna, dal fornitore di servizi postali (art. 2, punto 6, che, nella versione antecedente alla modifica disposta dalla direttiva n. 2008/6, si riferiva all’invio nella forma definitiva al momento in cui viene preso in consegna dal fornitore del servizio universale).
Sicchè l’invio per posta di atti processuali è un invio postale e il servizio relativo entra nel novero dei servizi postali (Corte giust. in causa C-545/17, cit., punto 40, che si riferisce, peraltro, giustappunto all’invio per posta agli organi giurisdizionali presi in considerazione dalle suddette pronunce penali di questa Corte; in termini anche Corte giust. 31 maggio 2018, cause C-259/16 e C-260/16, Confetra, punto 33).
12.1.- Non è quindi possibile distinguere, all’interno della nozione di “invio postale” rilevante ai fini del diritto unionale, il segmento della spedizione rispetto a quello del recapito.
13.- Ma ciò che qui preme soprattutto rilevare e valutare è il rapporto della giurisprudenza civile di questa Corte con il diritto dell’Unione.
A seguito della direttiva n. 2008/6/CE, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea del 27 febbraio 2008, il diritto unionale è di ostacolo al riconoscimento di diritti speciali o esclusivi a un operatore postale (in termini, Corte giust. in causa C-545/17, cit., punti 67-68); sicchè non può essere riconosciuta a un operatore una tutela particolare idonea a incidere sulla capacità delle altre imprese di esercitare l’attività economica consistente nell’instaurazione e nella fornitura di servizi postali nello stesso territorio, in circostanze sostanzialmente equivalenti.
Il principio ha portata generale: “il fatto che uno Stato membro riservi un servizio postale, che questo rientri o no nel servizio universale, a uno o a più fornitori incaricati del servizio universale costituisce un modo vietato per garantire il finanziamento del servizio universale” (Corte giust. in causa C-545/17, cit., punto 53).
13.1.- Ne consegue che l’art. 8 della direttiva, che non è stato novellato, va interpretato restrittivamente (con riferimento, peraltro, ai soli invii raccomandati e non già a quelli ordinari), perchè introduce una deroga al principio.
In questa logica non incide la circostanza che il diritto esclusivo o speciale per l’instaurazione e la fornitura di servizi postali sia concesso a un fornitore del servizio universale nel rispetto dei canoni di obiettività, di proporzionalità, di non discriminazione e di trasparenza. Si arriverebbe, altrimenti, a circoscrivere la portata del divieto posto dall’art. 7, paragrafo 1, prima frase, della direttiva modificata e, pertanto, a compromettere la realizzazione dell’obiettivo, ivi perseguito, di completare il mercato interno dei servizi postali.
13.2.- Ora, nel regime nazionale successivo alla direttiva n. 2008/6/CE e anteriore a quello introdotto dalla novella del 2011, applicabile all’epoca dei fatti di causa, così come nel regime successivo a tale novella e antecedente alla L. n. 124 del 2017, a s.p.a. Poste Italiane resta riservato in via esclusiva, per il profilo d’interesse, il servizio della notificazione a mezzo posta degli atti processuali; e ciò si correla all’esclusivo riconoscimento del diritto speciale in virtù del quale la veridicità dell’apposizione della data mediante proprio timbro è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, giacchè la si riferisce all’attestazione di attività compiute da un pubblico agente nell’esercizio delle proprie funzioni (tra varie, Cass. 4 giugno 2018, n. 14163 e 19 luglio 2019, n. 19547).
14.- A sostegno di tale regime, e, in particolare, dei vantaggi in cui esso si esprime, non sono dimostrate le ragioni di ordine pubblico o di pubblica sicurezza idonee a derogare, a norma dell’art. 8 della direttiva n. 97/67/CE, alla norma generale prevista all’art. 7 della direttiva modificata, nell’accezione che ne fornisce il diritto unionale.
14.1.- Per ricorrere alla deroga occorre difatti che lo Stato membro dimostri “l’esistenza di un interesse pubblico” (Corte giust. in causa C-545/17, Pawlak, punto 73). Quest’interesse, ha ammonito la Corte di giustizia (con la medesima sentenza, punto 74), si deve esprimere in una giustificazione oggettiva della deroga.
15.- La giurisprudenza di questa Corte assume, invece, si è visto, che nel diritto interno l’interesse pubblico consista nella forza fidefaciente degli atti redatti dall’operatore postale di Poste italiane, che si riverbera sulla funzione probatoria ancorata all’invio raccomandato.
Questa nozione d’interesse pubblico si risolve in una petizione di principio, perchè identifica la conseguenza dello status di una categoria di operatori postali e, quindi, il vantaggio loro attribuito, con la giustificazione oggettiva dell’attribuzione.
15.1.- Nè maggiori lumi si ricavano dalla relazione che ha accompagnato il D.Lgs. n. 58 del 2011, in cui si legge che le ragioni di ordine pubblico sono relative “al contenuto degli invii”, ricorrendo, anche in tal caso, a una mera tautologia.
15.2.- Non è quindi chiarito quali fossero le esigenze di ordine pubblico richiamate dal D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4; quel che è chiaro è che la riserva risponde ancora all’esigenza di finanziare il servizio postale universale. Di là da un mero maquillage, difatti, il D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 10 continua a stabilire, anche dopo la novella del 2011, che il fondo di compensazione, che è volto a garantire l’espletamento del servizio postale universale, è alimentato nel caso in cui il fornitore del predetto servizio non ricava “dalla fornitura del servizio universale e dai servizi in esclusiva di cui all’art. 4 entrate sufficienti a garantire l’adempimento degli obblighi gravanti sul fornitore stesso”.
Sicchè è ragionevole ritenere che le ragioni poste a sostegno della riserva siano ancora quelle del finanziamento del rifornitore del serviizo universale, benchè vietate dalla direttiva n. 2008/6/CE.
15.3.- La Corte di giustizia, del resto, facendo leva sulla considerazione che gli altri operatori “…dispongano dei mezzi organizzativi e personali adeguati” a recapitare gli atti processuali, ha ritenuto che mancasse la giustificazione oggettiva inerente a ragioni di ordine pubblico o di sicurezza pubblica a fronte di una norma di diritto nazionale – in quel caso, polacco – che riconosceva come equivalente alla presentazione di un atto processuale dinanzi all’organo giurisdizionale interessato soltanto il deposito di un simile atto presso un ufficio postale dell’unico operatore designato per fornire il servizio postale universale (Corte giust. in causa C-545/17, cit., punto 77).
16.- Da quanto sopra discende che, al momento dell’esecuzione della notificazione della quale si discute, la vigente direttiva n. 2008/6/CE imponeva già al legislatore italiano l’abolizione di qualsiasi riconoscimento, salvo il ricorrere di determinate, restrittive e rigorose condizioni, di diritti speciali o esclusivi a taluni operatori del servizio postale.
L’obbligo di adeguamento al diritto unionale così imposto era già incluso, per conseguenza, tra i principi del diritto nazionale e, con esso, la generale potenziale idoneità dell’operatore di poste private a compiere l’attività di notificazione di atti processuali, indipendentemente dal fatto che ancora pendesse per lo Stato italiano il termine, fissato al 31 dicembre 2010 dall’art. 2 della direttiva n. 2008/6/CE, per mettere “…in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi…” alla direttiva.
La circostanza che il diritto interno non si è compiutamente adeguato, fino alla L. n. 124 del 2017, a tale impostazione e ha mantenuto in capo a s.p.a. Poste italiane i suddetti diritti esclusivi e speciali non può conferire loro la forza di “sistema”, nel senso di far considerare radicalmente estranea a esso l’attività di notificazione postale di atti giudiziari da parte dell’operatore postale privato.
16.1.- La prevista astratta possibilità di tale attività rende di per sè riconoscibile la fattispecie della notificazione in quella eseguita da quell’operatore, anche sotto il profilo soggettivo (in base alle precisazioni di Cass., sez. un., nn. 14916 e 14917/16, cit., che ha esaminato il regime della notificazione del ricorso per cassazione, ma che ha dettato principi di chiaro valore espansivo). Non v’è quindi quella completa esorbitanza dallo schema generale degli atti di notificazione che ne sostanzia l’inesistenza giuridica (Cass., sez. un., 4 luglio 2018, n. 17533, punto 9.1.5), perchè l’attività svolta appartiene al tipo contemplato dal complessivo sistema normativo.
17.- Resta, tuttavia, la difformità di tale attività dalla concreta regolazione interna vigente. E, sotto tale profilo, rileva in particolare la mancata adozione della disciplina inerente al necessario titolo abilitativo (di cui, quindi, il soggetto operante nel caso di specie era sicuramente sprovvisto).
Il titolo abilitativo comporta la soggezione a un regime giuridico particolare, fonte di conferimento di diritti, ma anche di assunzione di obblighi specifici. Sicchè è la soggezione a tale regime che determina l’acquisizione dello status che fonda la distinzione tra operatori postali.
17.1.- Il che assume, ha precisato ancora la Corte di giustizia, una particolare valenza proprio con riguardo alle attività di notificazione di atti giudiziari, mediante le quali l’operatore è investito di prerogative inerenti ai pubblici poteri al fine di poter rispettare gli obblighi che incombono su di lui; “tali servizi mirano non già a rispondere a particolari esigenze di operatori economici o di taluni altri utenti particolari, bensì a garantire una buona amministrazione della giustizia, nella misura in cui essi permettono la notifica formale di documenti nel quadro di procedimenti giurisdizionali o amministrativi” (Corte giust. 16 ottobre 2019, cause C-4/18 e C5/18, Winterhoff e altro, punto 58).
Conforme è la giurisprudenza costituzionale, che ha fatto leva sul particolare statuto di regole al quale è assoggettato l’agente per la riscossione al fine di giustificare in relazione a esso il regime differenziato rispettivamente previsto per la notificazione diretta delle cartelle di pagamento, degli atti impositivi e dei ruoli dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26,L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 14 e della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 161, (Corte Cost. 23 luglio 2018, n. 175 e 24 aprile 2019, n. 104).
17.2.- Tutto ciò peraltro si risolve in una violazione di specifici vincoli normativi, che configura una mera nullità dell’attività notificatoria in questione; laddove l’astratta compatibilità della medesima col complessivo sistema normativo esclude che si possa parlare di inesistenza.
18.- In quanto nulla, la notificazione è sanabile e nel caso in esame è stata sanata per effetto della costituzione in giudizio dell’Equitalia.
19.- Il motivo va quindi respinto.
20.- Inammissibile è il secondo motivo di ricorso col quale Equitalia lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 3 e 5, , la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, l’omesso esame e il difetto parziale di giurisdizione “in ordine ai provvedimenti emessi sulla scorta di sanzioni amministrative e contributi previdenziali versati la cui giurisdizione era quella del giudice ordinario”.
20.1.- Mancano, difatti, a fronte della specificazione dell’oggetto del contendere contenuta nella sentenza impugnata e riportata in narrativa, la puntuale indicazione e la descrizione del contenuto delle cartelle concernenti i contributi previdenziali, delle quali la ricorrente si limita a indicare due soli numeri.
21.- Inammissibile è, infine, il terzo motivo di ricorso, col quale si deduce l’omesso esame circa il fatto decisivo consistente nelle modalità di notificazione di cinque cartelle, giacchè, si sostiene, Equitalia e Agenzia delle entrate “giammai hanno allegato relate contenenti raccomandate spedite all’indirizzo di *****”, ossia a un indirizzo diverso da quello di effettiva residenza della contribuente.
21.1.- Il motivo è carente di specificità, giacchè non si evince che le cartelle enumerate in ricorso in relazione alla censura in questione siano giustappunto quelle sulle quali ha fatto leva il giudice d’appello, soprattutto considerando che la stessa ricorrente ha riferito in narrativa di aver notificato ben quattordici cartelle di pagamento, e di averne allegato gli estratti di ruolo relativi e le relate di notificazione.
22.- In definitiva, il ricorso va respinto, con l’affermazione del seguente principio di diritto:
“In tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla L. n. 124 del 2017, e tale nullità è sanabile per raggiungimento dello scopo per effetto della costituzione della controparte”.
22.1.- Le spese vanno compensate, in ragione del mutamento della giurisprudenza.
PQM
la Corte, a sezioni unite, rigetta il ricorso e compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto, nei confronti della ricorrente, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2020