LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 876-2018 proposto da:
C.A., B.G., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato RENATO SICILIANO;
– ricorrenti –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in RONIA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, LIDIA CARCAVALLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 448/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 09/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI CAVALLARO.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 9.6.2017, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato improponibile la domanda volta a conseguire il beneficio della rivalutazione contributiva proposta, L. n. 257 del 1992, ex art. 13, da B.G. e C.A., siccome non preceduta da domanda amministrativa all’INPS;
che avverso tale pronuncia B.G. e C.A. hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;
che l’INPS ha resistito con controricorso;
che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, i ricorrenti denunciano violazione della L. n. 257 del 1992, art. 3 (rectius, art. 13), L. n. 533 del 1973, art. 71 (rectius, art. 7), e art. 443 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che la domanda volta a conseguire il beneficio de quo dovesse essere preceduta da apposita domanda amministrativa all’INPS;
che, con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e dell’art. 410 c.p.c. e omesso esame di un punto decisivo della controversia per non avere la Corte territoriale considerato che, all’uopo, potesse giovare l’esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione avanti alla Direzione Provinciale del Lavoro;
che i due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure rivolte all’impugnata sentenza, e sono inammissibili ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c., essendosi consolidato il principio secondo cui la domanda giudiziale di rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto deve essere preceduta, a pena di improponibilità, da quella amministrativa rivolta all’ente competente a erogare la prestazione previdenziale, da individuarsi nell’INPS, costituendo presupposto logico e fattuale del diritto al beneficio che l’assicurato porti a conoscenza dell’istituto fatti la cui esistenza è solo a lui nota (cfr. in tal senso tra le tante Cass. nn. 16592 del 2014, 11574 del 2015, 11438 del 2017, 282 del 2018), e rappresentando la domanda amministrativa l’atto che condiziona lo stesso sorgere del diritto del privato da tutelare eventualmente davanti all’autorità giudiziaria (cfr. Cass. nn. 732 del 2007, 5318 del 2016, 30283 del 2018);
che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, nulla statuendosi sulle spese del giudizio di legittimità ex art. 152 att. c.p.c.;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 giugno 2019.
Depositato in cancelleria il 10 gennaio 2020