LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2872-2019 proposto da:
W.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA SCHERA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585;
– intimato –
avverso l’ordinanza n. R.G. 36639/2017 del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 12/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO.
FATTI DI CAUSA
Con decreto del 12.11.2018, il Tribunale di Milano ha rigettato le istanze volte al riconoscimento della protezione internazionale, avanzate da W.M., cittadina cinese, la quale aveva dichiarato di aver lasciato il proprio Paese, a causa delle persecuzioni inflitte dal governo nei confronti di chi, come essa richiedente, appartenente alla Chiesa di Dio Onnipotente, professa la fede cristiana. Il Tribunale ha ritenuto il racconto della straniera non credibile (per le incongruenze temporali tra la dedotta sua inclusione tra le persone appartenenti alla Chiesa e la sua partenza, per la sua scarsa conoscenza del culto e considerata, inoltre, la tardività della sua richiesta di protezione internazionale), ha anche escluso la situazione di violenza di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato e la sussistenza dei requisiti per la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari. La richiedente ha proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di un motivo. L’Amministrazione non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col proposto ricorso, si chiede dichiararsi la nullità della “gravata sentenza per manifesta illogicità e carenza della motivazione”. In particolare, la ricorrente deduce che la valutazione di non credibilità del suo racconto, ed in ispecie che la fuga sia stata determinata dall’adesione al culto della Chiesa di Dio Onnipotente, è errata, e lamenta che non si sia tenuto conto delle persecuzioni operate in Cina, contraria per sistema a qualsiasi manifestazione di tipo religioso, nei confronti del suo culto, inserito in una lista di quattordici movimenti definiti malvagi, e la cui adesione è punita dall’art. 300 c.p. cinese.
2. Il ricorso è inammissibile: esso è dichiaratamente volto a sollecitare un nuovo giudizio circa la credibilità soggettiva della richiedente in ordine alla sua appartenenza alla Chiesa, e questa Corte ha già condivisibilmente affermato che la valutazione di non credibilità del racconto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, e censurabile in sede di legittimità nei ristretti limiti di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che, da una parte, ha escluso il sindacato sulla motivazione basato sulla sua sufficienza o coerenza, limitandolo alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, e, dall’altra, ha introdotto nell’ordinamento il vizio di omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. SU n. 8053 del 2014), fatto che nella specie non è stato indicato.
3. Resta da aggiungere che il giudizio negativo circa la credibilità soggettiva preclude il conseguimento di qualsiasi forma di protezione internazionale.
4. Non va disposto sulle spese in assenza di attività difensiva della parte intimata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2020