Nel caso di notifica telematica, il momento cui aver riguardo ai fini della determinazione del momento del perfezionamento della notifica medesima, per il notificante, è quello in cui è generato il messaggio di accettazione (c.d. RAC) da parte del gestore di posta elettronica certificata del mittente.
Lo hanno ribadito le Sezioni Unite della Cassazione con l'ordinanza n. 32091 del 20 novembre 2023.
La Suprema Corte ha invece escluso che il perfezionamento della notifica possa avvenire nel momento della spedizione del messaggio p.e.c. oppure in quello in cui è generato il messaggio di avvenuta consegna.
La soluzione adottata appare coerente:
1) per ragioni sistematiche, giacché anche nel confinante ambito della disciplina del deposito telematico degli atti processuali di parte si prevede che il "deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all'art. 155, c.p.c., commi 4 e 5" (art. 16-bis, comma 7, D.L. n. 179 del 2012);
2) per ragioni di carattere tecnico, poichè, in sintonia con la ratio del principio della scissione del momento perfezionativo della notifica, solo la generazione della ricevuta di accettazione dà conferma dell'avvenuto regolare compimento da parte del mittente/notificante di tutte le attività che allo stesso competono e che egli può e deve porre in essere per l'avvio del procedimento notificatorio.
Nel caso di notifica telematica, il momento cui aver riguardo ai fini della determinazione del momento del perfezionamento della notifica medesima, per il notificante, è - non quello della spedizione del messaggio p.e.c., né quello in cui è generato il messaggio di avvenuta consegna, ma - quello in cui è generato il messaggio di accettazione (c.d. RAC) da parte del gestore di posta elettronica certificata del mittente.
Cassazione civile, sez. un., ordinanza 20/11/2023 (ud. 07/11/2023) n. 32091
RILEVATO
che:
la HDI-Gerling Industrie Versicherung AG, compagnia d'assicurazioni tedesca, convenne in giudizio davanti al Tribunale di Foggia la TranspedMuka.A sh.p.k., società di trasporto albanese - cui da una terza società, S.I.E.M. S.p.a., era stato affidato il trasporto di n. 1917 elettrodomestici ed apparecchi elettronici con relativi accessori del valore di Euro 123.384,69 ad una consociata albanese, S.I.E.M. - ALBA sh.p.k. - chiedendone la condanna al rimborso della somma corrisposta quale indennizzo assicurativo a seguito della perdita della merce, durante il trasporto, a causa di una rapina;
la TranspedMuka.A sh.p.k. si costituì eccependo, preliminarmente, il difetto di competenza internazionale del giudice italiano;
il Tribunale rigettò la domanda, compensando interamente le spese;
TranspedMuka impugnò tale decisione chiedendone la riforma in punto di spese processuali;
costituendosi nel giudizio, la Hd Gerling Industrie Versicherung Ag propose appello incidentale, censurando il rigetto della domanda risarcitoria esercitata in via di regresso;
con sentenza n. 262/2020, resa pubblica il 6 febbraio 2020, la Corte d'appello di Bari ha accolto l'appello incidentale e rigettato quello principale e, per l'effetto, in riforma della decisione di primo grado, ha condannato la società albanese al pagamento in favore della società assicuratrice tedesca, per la causale esposta, della somma di Euro 108.384,69, oltre rivalutazione monetaria dalla data del pagamento alla data di pubblicazione della decisione ed oltre interessi legali da tale ultima data al saldo effettivo; ha inoltre condannato la predetta società di trasporto alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio;
la TranspedMuka sh.p.k. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi;
la HDI-Gerling Industrie Versicherung AG deposita controricorso, con il quale propone a sua volta ricorso incidentale con unico mezzo;
essendo dedotto con il primo motivo del ricorso principale il difetto di giurisdizione del giudice italiano, il ricorso è stato assegnato a queste Sezioni Unite;
la trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c.;
il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni;
entrambe le parti hanno depositato memoria;
con istanza in data 2 novembre 2023 il difensore della ricorrente, rilevato che la controricorrente ha eccepito in memoria la tardività della notifica del ricorso per cassazione, ha chiesto che, onde poter esercitare il proprio diritto al contraddittorio sulla questione, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 3, la Corte riservi la decisione, assegnando al pubblico ministero e alle parti un termine per il deposito in cancelleria di osservazioni sulla questione di cui in premessa.
CONSIDERATO
che:
non può trovare accoglimento l'istanza della ricorrente volta ad ottenere termine ex art. 384 c.p.c., comma 3, per interloquire sulla eccezione di tardività del ricorso sollevata in memoria dalla controricorrente;
la valutazione dell'ammissibilità di un mezzo di impugnazione, nella logica sottesa alla qualificazione di un requisito come condizione di ammissibilità, è necessaria non in forza di un rilievo del giudice, ma perché imposta come condizione per l'esame dell'impugnazione dalle regole che disciplinano l'esercizio del potere di impugnazione, il controllo del cui rispetto è doveroso per il giudice;
poiché chi introduce un'impugnazione è tenuto al rispetto delle dette regole ed il giudice ha il dovere di controllare se esse siano state rispettate, è palese che la questione della loro osservanza non si può considerare come una questione che è introdotta dal giudice nel dibattito processuale come questione rilevante per la decisione: essa è già necessariamente parte del dovere decisorio del giudice per effetto dell'esercizio del diritto di impugnazione e la parte che esercita tale diritto, introducendo l'impugnazione, è ben consapevole che, nell'esercitare tale diritto, deve osservare le condizioni di ammissibilità e, quindi, le forme ed i tempi in tal senso previsti, e che essi debbono essere controllati dal giudice;
ne segue che, quando il giudice esercita tale controllo in sede decisoria e manifesta il risultato del suo esito, senza avere prima esternato l'intenzione di esaminare la relativa questione - indipendentemente dal fatto che la parte che resiste all'impugnazione l'abbia o meno a sua volta prospettata -, la parte che ha esercitato il diritto di impugnazione non può in alcun modo lamentare che la questione di ammissibilità dell'impugnazione sia stata esaminata "a sorpresa" e, dunque, senza che le sia stato consentito di contraddire;
detta parte, infatti, essendo tenuta ad osservare i requisiti di ammissibilità dell'impugnazione all'atto in cui ha posto in essere l'atto di impugnazione e, dunque, avendo dovuto compiere un atto processuale che quei requisiti doveva rispettare nella consapevolezza che la loro osservanza si sarebbe dovuta controllare d'ufficio dal giudice, quando il giudice rileva in sede decisoria che detti requisiti non sono stati osservati non può lamentare di non aver potuto contraddire e, quindi, di non aver potuto esercitare il diritto di difesa sul punto, perché nell'esercizio del diritto di azione mediante l'impugnazione essa quel diritto ha già esercitato (v. in termini Cass. 29/07/2015, n. 16060, in motivazione);
d'altra parte, la tardività dell'impugnazione costituisce una circostanza obiettiva che emerge dalla documentazione già in possesso delle parti e che le stesse possono agevolmente rilevare: essa, dunque, non può mai considerarsi "sviluppo inatteso" per il quale si renda necessaria l'instaurazione del contraddittorio mediante l'assegnazione di uno specifico termine per memorie difensive;
ciò esclude che, in tale ipotesi, il rilievo, anche officioso, della inammissibilità del ricorso non preceduto dalla instaurazione del contraddittorio sulla specifica questione, possa integrare una violazione dell'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo;
secondo l'interpretazione costantemente fornita dalla Corte EDU, infatti:
- è "determinante" ai fini in discorso "se una parte sia stata "colta di sorpresa" (prise au depourvu) dal fatto che il tribunale ha fondato la sua decisione su una questione rilevata d'ufficio" (Corte EDU, 29/06/2023, Ben Amamou contro Italia, n. 49058/20, p. 49; Corte EDU 10/11/2022, Vegotex International S.A. c. Belgique, n. 49812/09, p. 87; Corte EDU 06/05/2016, Alexe c. Roumanie, n. 66522/09, pp. 33-37; Corte EDU 17/05/2016, Liga Portuguesa de Futebol Profissional c. Portogallo, p. 59; Corte EDU 05/09/2013, Cepek c. Republique Tcheque, n. 9815/10, pp. 45-48);
- "particolare diligenza è richiesta al tribunale quando la controversia prende una piega inaspettata, soprattutto se si tratta di una questione lasciata alla discrezione del tribunale";
- "il principio del contraddittorio impone che i tribunali non basino le loro decisioni su elementi di fatto o di diritto che non sono stati discussi nel corso del procedimento e che danno alla controversia una piega che nemmeno una parte diligente sarebbe stata in grado di prevedere" (Corte EDU 10/11/2022, Vegotex International S.A., sopra citata, p. 88; Corte EDU 06/05/2016, Alexe, sopra citata, p. 37; Corte EDU 05/09/2013, Cepek, sopra citata, p. 48);
nessuna di tali evenienze (in particolare, né la discrezionalità del rilievo, né la sua non prevedibilità da una parte diligente) può riscontrarsi quando ad essere rilevate d'ufficio sono questioni di rito - specie ove si tratti dei termini da osservare a pena di decadenza per le impugnazioni - che la parte, usando la diligenza da essa esigibile, avrebbe potuto e dovuto attendersi o prefigurarsi (v. Cass. 07/03/2022, n. 7356; Cass. 18/11/2019, n. 29803; 21/07/2016, n. 15019);
né a una diversa valutazione può, nel caso di specie, condurre il fatto che, a sostegno della eccezione, la controricorrente richiami in memoria un recente arresto della Quinta Sezione di questa Corte (ordinanza n. 1519 del 18/01/2023) che, come appresso si dirà, prospetta un peculiare problema relativo alla esatta interpretazione del limite orario del termine per impugnare, dal momento che: a) come si dirà, quel problema non si pone nel caso di specie; b) si tratta comunque di questione la cui possibile astratta rilevanza la parte stessa ben poteva prefigurarsi alla luce degli elementi di fatto noti e della normativa applicabile;
deve pertanto affermarsi il principio secondo cui il dovere di provocare il contraddittorio, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 3, non sussiste allorché vengano in considerazione questioni - comunque rilevabili d'ufficio, indipendentemente dalla sollecitazione della parte resistente - afferenti alla tempestività del ricorso, in quanto necessariamente comprese nel thema decidendum del giudizio di legittimità e, dunque, tali per cui la parte ricorrente, secondo la diligenza da essa esigibile, se ne può e deve prefigurare la rilevanza nel caso concreto;
ciò premesso, e passando dunque all'esame della questione preliminare sollevata in memoria dalla controricorrente, ricorrente incidentale, se ne deve rilevare la fondatezza;
il ricorso principale si espone invero ad un assorbente rilievo di inammissibilità, in quanto tardivamente proposto: tardività, come detto, rilevabile anche d'ufficio indipendentemente dalla sollecitazione della controricorrente;
e' pacifico, infatti, ed è anche documentato nel rispetto dell'onere al riguardo imposto dall'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, che la sentenza impugnata è stata notificata, ai sensi dell'art. 285 c.p.c., in data 6 febbraio 2020;
il termine breve di sessanta giorni per proporre ricorso per cassazione decorrente da tale data, ex art. 325 c.p.c., comma 2, veniva dunque a scadere - tenuto conto della sospensione straordinaria dei termini processuali dal 9 marzo all'11 maggio 2020, per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 (di cui al combinato disposto del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 2, convertito dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e D.L. 8 aprile 2020, n. 23, art. 36, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 giugno 2020, n. 40) - il 9 giugno 2020, giorno feriale;
il ricorso principale risulta invece notificato, a mezzo p.e.c., in data (Omissis), alle ore 00:00:09;
più precisamente, risulta dalla depositata copia cartacea dei relativi messaggi p.e.c., attestata conforme all'originale documento informatico, che il ricorso in esame è stato notificato, con spedizione all'indirizzo p.e.c. della destinataria, in data (Omissis), alle ore 00:00, con accettazione del messaggio in data (Omissis), alle ore 00:00:09, come da ricevuta di accettazione generata dal gestore della posta elettronica certificata della mittente (c.d. R.A.C.), e consegna alla destinataria alle ore 00:00:37 del medesimo giorno, come da ricevuta di avvenuta consegna (c.d. RdAC), generata dal gestore della posta elettronica certificata della destinataria medesima;
occorre al riguardo rammentare che, in tema di perfezionamento della notifica eseguita con modalità telematiche, la Corte costituzionale ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16-septies (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, inserito dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 45-bis, comma 2, lett. b), (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta";
ha infatti osservato che "il divieto di notifica per via telematica oltre le ore 21 risulta... introdotto... allo scopo di tutelare il destinatario, per salvaguardarne, cioè, il diritto al riposo in una fascia oraria (dalle 21 alle 24) in cui egli sarebbe, altrimenti, costretto a continuare a controllare la propria casella di posta elettronica";
"ciò giustifica la fictio iuris, contenuta nella seconda parte della norma, per cui il perfezionamento della notifica è differito, per il destinatario, alle ore 7 del giorno successivo, ma non giustifica la corrispondente limitazione nel tempo degli effetti giuridici della notifica nei riguardi del mittente, al quale - senza che ciò sia funzionale alla tutela del diritto al riposo del destinatario e nonostante che il mezzo tecnologico lo consenta - viene, invece, impedito di utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria difesa: termine che l'art. 155 c.p.c., computa a giorni e che, nel caso di impugnazione, scade, appunto, allo spirare della mezzanotte dell'ultimo giorno" (Corte Cost. sent. n. 75 del 9 aprile 2019);
ciò posto, appare chiaro dalla formulazione della norma, nel testo risultante dalla declaratoria di illegittimità costituzionale, che, nel caso di notifica telematica, il momento cui aver riguardo ai fini della determinazione del momento del perfezionamento della notifica medesima, per il notificante, è - non quello della spedizione del messaggio p.e.c., né quello in cui è generato il messaggio di avvenuta consegna, ma - quello in cui è generato il messaggio di accettazione (c.d. RAC) da parte del gestore di posta elettronica certificata del mittente e, dunque, nella specie, le ore "00:00:09" del (Omissis);
tale esegesi trova del resto supporto sia in ragioni sistematiche (Corte Cost. n. 75 del 2019 richiama in tal senso il "confinante ambito della disciplina del deposito telematico degli atti processuali di parte, là dove, proprio in riferimento alla tempestività del termine di deposito telematico, del D.L. n. 179 del 2012, art. 16-bis, comma 7, inserito del D.L. n. 90 del 2014, art. 51, ha previsto che il "deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all'art. 155, c.p.c., commi 4 e 5""), sia in ragioni di carattere tecnico apparendo evidente che, in sintonia con la ratio del principio della scissione del momento perfezionativo della notifica, solo la generazione della ricevuta di accettazione dà conferma dell'avvenuto regolare compimento da parte del mittente/notificante di tutte le attività che allo stesso competono e che egli può e deve porre in essere per l'avvio del procedimento notificatorio;
alla luce del chiaro dettato della norma, come risultante dalla detta pronuncia della Corte delle leggi, non si pone nella specie la questione - esaminata con diffusa motivazione da Cass., Sez. 5, sentenza n. 1519 del 18/01/2023, richiamata in ricorso - se le ore 00:00:00 di un dato giorno (x) debbano o meno ritenersi corrispondenti alle ore 24:00:00 del giorno precedente (x-1) di guisa che, in ipotesi di termine scadente in tale ultimo giorno (x-1), debba ritenersi rispettato il dictum del giudice delle leggi secondo cui la notifica deve ritenersi tempestiva, per il notificante, in quanto effettuata "entro le ore 24" dell'ultimo giorno o se, invece, debba quell'ora segnare l'inizio del giorno successivo, di modo che - rispetto a un termine da computarsi a giorni - la notifica debba in tal caso per l'appunto ritenersi effettuata al di là dell'ultimo giorno utile;
non può invero dubitarsi che un evento che si verifichi, come nella specie, alle ore "00:00:09" di un dato giorno non possa comunque giammai ritenersi corrispondente alle ore 24 del giorno prima ma vada cronologicamente imputato al giorno nascente e non a quello il cui termine è segnato appunto dalla mezzanotte;
per le considerazioni che precedono deve quindi pervenirsi alla declaratoria di inammissibilità del ricorso principale;
ne discende, ex art. 334 c.p.c., comma 2, l'inefficacia del ricorso incidentale, in quanto (a fortiori) tardivo;
alla soccombenza segue la condanna della ricorrente principale al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;
mette conto al riguardo precisare che la soccombenza è interamente ravvisabile in capo alla ricorrente principale e non anche a carico della ricorrente incidentale, non potendo di contro rilevare la dichiarata perdita di efficacia del ricorso da questa proposto;
con la perdita di efficacia, infatti, il ricorso incidentale tardivo diviene tamquam non esset e non viene preso in esame dalla Corte, non potendosi pertanto neppure in astratto predicare una soccombenza valorizzabile ai fini del regolamento delle spese;
in tal senso, questa Corte ha già chiarito e va qui ribadito che, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, il ricorso incidentale tardivo è inefficace ai sensi dell'art. 334 c.p.c., comma 2, con la conseguenza che la soccombenza va riferita alla sola parte ricorrente in via principale, restando irrilevante se sul ricorso incidentale vi sarebbe stata soccombenza del controricorrente, atteso che la decisione della Corte di cassazione non procede all'esame dell'impugnazione incidentale e dunque l'applicazione del principio di causalità con riferimento al decisum evidenzia che l'instaurazione del giudizio è da addebitare soltanto alla parte ricorrente principale (Cass. 20/02/2014, n. 4074; conf. Cass. 04/11/2014, n. 23469; Cass. 12/06/2018, n. 15220; Cass. 26/09/2018, n. 22799; Cass. 28/09/2018, n. 23443).
va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis. Condizioni invece, per le ragioni dette, non ravvisabili nei confronti della ricorrente incidentale, non essendo ad esse riconducibile la dichiarata perdita di efficacia (v. Cass. 25/07/2017, n. 18348).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso principale; inefficace quello incidentale.
Condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese processuali, che liquida in Euro 6.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, il 7 novembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2023.