Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.321 del 13/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15184-2018 proposto da:

F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI FURNO’;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, NICOLA VALENTE, EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 237/2018 del TRIBUNALE di SIRACUSA, depositata il 08/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.

RILEVATO

CHE:

Il Tribunale di Siracusa con la sentenza n. 237/2018 aveva rigettato il ricorso di F.M. nei confronti dell’inps, in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., diretto all’accertamento del requisito sanitario utile per la erogazione dell’assegno di invalidità o pensione di inabilità.

Il Giudice, all’esito dell’indagine peritale disposta nella fase dell’ATPO anche confermata dal ctu in sede di giudizio successivo, aveva ritenuto non sussistente il requisito medico legale.

Avverso detta decisione aveva proposto ricorso il F. affidandolo a tre motivi anche illustrati da successiva memoria, cui aveva resistito con controricorso l’Inps.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

CHE:

1) Con il primo motivo è dedotto il vizio di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in ordine al mancato esame delle richieste istruttorie, nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c. per omesso esame di richieste istruttorie decisive dedotte dal ricorrente anche in sede di discussione della causa e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 3, per omessa trascrizione di tali richieste nella sentenza.

Il motivo è inammissibile sotto vari profili. In primo luogo perchè contiene più censure. Deve a riguardo ribadirsi, in coerenza con precedente orientamento in tal senso, che “nel ricorso per cassazione, i motivi di impugnazione che prospettino una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate sono inammissibili in quanto, da un lato, costituiscono una negazione della regola della chiarezza e, dall’altro, richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure” (Cass. n. 18021/2016).

Il motivo è altresì inammissibile perchè in esso è richiamato l’omesso esame delle richieste istruttorie il cui contenuto non è stato riportato in violazione del requisito di specificità. Ciò rende altresì’ inammissibile anche l’ulteriore censura relativa alla mancata indicazione delle richieste istruttorie nella sentenza, evidentemente non valutabile in assenza della indicazione delle stesse.

Questa Corte ha precisato che “Il ricorrente… ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, il giudice di legittimità deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative” (Cass. n. 19985/2017; Cass. n. 23194/2017).

2) Con il secondo motivo parte ricorrente si duole del vizio di motivazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per omesso esame e/o ammissione delle richieste istruttorie decisive dedotte nelle conclusioni dalla ricorrente e vizio logico giuridico della motivazione per mancata ammissione delle prove decisive nonchè violazione in relazione all’art. 360 comma 1,4 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, per omessa trascrizione di tali richieste nella sentenza e dell’art. 345 c.p.c. per l’ammissione della prova.

3) con il terzo motivo parte ricorrente si duole del vizio di motivazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per omesso esame e/o ammissione delle richieste istruttorie decisive dedotte nelle conclusioni dalla ricorrente e vizio logico giuridico della motivazione per mancata ammissione delle prove decisive nonchè violazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 14 e dell’art. 132 c.p.c., comma 23, per omessa trascrizione di tali richieste nella sentenza e dell’art. 184 c.p.c. per l’ammissione della prova.

I motivi possono essere trattati congiuntamente perchè sono accomunati dai medesimi profili di inammissibilità in quanto contengono più aspetti di censura che, come sopra chiarito, costituiscono una negazione della regola della chiarezza e richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure” (Cass. n. 18021/2016).

Anche in questo caso l’inammissibilità consegue alla mancata indicazione delle richieste istruttorie della cui omessa ammissione parte ricorrente si duole e dunque alla carenza di specificità e chiarezza complessiva dei motivi proposti (Cass. n. 19985/2017; Cass. n. 23194/2017).

Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore del controricorrente nella misura di cui al dispositivo.

Sussistono, se dovuto in ragione dell’ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio, i presupposti per il versamento, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2020

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