Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.330 del 13/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28394-2017 proposto da:

P.L. in proprio e nella qualità di erede di P.G. e di P.P., P.E., P.C.R., F.A.R.F., in proprio e nella qualità di credi di P.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIETRO BORSIERI 12, presso lo studio dell’avvocato ANGELO AVERNI, rappresentati e difesi dagli avvocati DANIELA FRACASSO, ANTONIO BALDARI;

– ricorrenti –

contro

BANCA SELLA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO STASI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 556/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCI?, depositata il 23/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA TRICOMI.

RITENUTO

CHE:

P.L. e gli altri ricorrenti indicati in epigrafe, in proprio e quali legittimi eredi dei propri dante causa, avevano convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Lecce la Banca Arditi Galati SPA per sentire accertare la nullità delle clausole relative alla pattuizione dell’interesse ultralegale, alla capitalizzazione trimestrale, alla commissione di massimo scoperto, alle valute, alle commissioni di conto ed alle spese riferite al contratto di conto corrente intrattenuto dal de cuius Pi.Pa. dal 1985 fino alla chiusura intervenuta il 22/7/1998 e, conseguentemente, rideterminare i rapporti di dare/avere. La Banca aveva contestato l’avverso dedotto.

In primo grado, la domanda veniva accolta per quanto di ragione, provvedendosi alla rideterminazione del dare/avere nella misura di Euro 119.666,34= in favore degli attori, previa ricostruzione dell’andamento del rapporto dal 1/5/1992, data del primo estratto conto utilizzabile in assenza di altri elementi probatori.

L’appello proposto dalla banca veniva parzialmente accolto: in particolare la Corte territoriale, riformando sul punto la prima decisione, affermava che la rideterminazione del dare/avere non doveva avvenire partendo dal “saldo zero”, ma dal saldo registrato alla data del primo estratto conto disponibile e provvedeva a rideterminare l’importo a credito degli eredi nella misura di Euro 68.648,52=, applicando detto criterio.

P.L. e gli altri ricorrenti in epigrafe indicati propongono ricorso per cassazione con un mezzo, corredato da memoria. Banca Sella SPA, quale incorporante della banca convenuta, ha replicato con controricorso e memoria.

Sono da ritenersi sussistenti i presupposti di cui all’art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1713,1856,2697 c.c., dell’art. 210 c.p.c. e del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 119, comma 4, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in punto di mancata riduzione a zero del saldo contabile risultante dal primo saldo disponibile, in ordine cronologico, del conto corrente bancario.

2. Il motivo è infondato e va respinto.

Trova applicazione nel caso di specie il principio secondo il quale “Nei rapporti bancari di conto corrente, esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, riportando il primo dei disponibili un saldo iniziale a debito del cliente, occorre distinguere il caso in cui il correntista sia convenuto da quello in cui sia attore in giudizio. Nella prima ipotesi l’accertamento del dare e avere può attuarsi con l’impiego di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; possono inoltre valorizzarsi quegli elementi, quali ad esempio le ammissioni del correntista stesso, idonei quantomeno ad escludere che, con riferimento al periodo non documentato da estratti conto, questi abbia maturato un credito di imprecisato ammontare (tale da rendere impossibile la ricostruzione del rapporto di dare e avere tra le parti per il periodo successivo), così che i conteggi vengano rielaborati considerando pari a zero il saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti; in mancanza di tali dati la domanda deve essere respinta. Nel caso di domanda proposta dal correntista, l’accertamento del dare e avere può del pari attuarsi con l’utilizzo di prove che forniscano indicazioni certe e complete atte a dar ragione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; ci si può inoltre avvalere di quegli elementi i quali consentano di affermare che il debito, nell’intervallo temporale non documentato, sia inesistente o inferiore al saldo passivo iniziale del primo degli estratti conto prodotti, o che permettano addirittura di affermare che in quell’arco di tempo sia maturato un credito per il cliente stesso; diversamente si devono elaborare i conteggi partendo dal primo saldo debitore documentato.” (Cass. n. 11543 del 02/05/2019). Tale principio risulta correttamente applicato dalla Corte territoriale nel presente giudizio promosso originariamente dagli eredi del correntista e non è revocabile in dubbio da quanto dedotto dagli stessi in memoria, di guisa che la decisione impugnata risulta immune da vizi.

3. In conclusione il ricorso va rigettato per manifesta infondatezza.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Rigetta il ricorso;

– Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00=, oltre Euro 100,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2020

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