Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.340 del 13/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8348-2017 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Eritrea, n. 92, presso lo studio dell’avvocato Arturo Iaione, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI AVELLINO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Vittorio Veneto, n. 7, presso lo studio dell’avvocato Paolo Tartaglia, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Napoli, depositata il 28/09/2016;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli artt. 376 e 380 – bis c.p.c.;

letti il ricorso, il controricorso e le memorie difensive;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 18 aprile 2019 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo.

RITENUTO

C.F. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Avellino, il Comune di Avellino, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguenti un incidente stradale verificatosi sulla via ***** a causa della presenza di una macchia di olio.

Nel contraddittorio delle parti, il Tribunale, espletata attività istruttoria, rigettava la domanda del C., che condannava al pagamento delle spese di lite.

Quest’ultimo appellava la decisione. La Corte d’appello di Napoli dichiarava inammissibile l’appello con ordinanza, ai sensi dell’art. 348 – bis c.p.c..

Contro tale ordinanza il C. ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi. Il Comune di Avellino ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380 – bis c.p.c. (come modificato dal comma 1, lett. e), del D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 – bis, conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in Camera di consiglio non partecipata.

Il Comune di Avellino ha depositato memorie.

Con ordinanza interlocutoria del 12 marzo 2019, la causa è stata rimessa a nuovo ruolo, non risultando che fosse stato dato avviso al C. della data stabilita per la trattazione in camera di consiglio. Fissata una nuova adunanza camerale, il C. ha depositato memorie difensive.

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 348 – ter c.p.c., comma 3, a mente del quale, quando il giudice d’appello pronuncia l’inammissibilità dell’impugnazione, il ricorso per cassazione può essere proposto contro il provvedimento di primo grado.

Le Sezioni unite di questa Corte hanno poi precisato che, nel silenzio della legge, l’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex art. 348 – ter c.p.c. è ricorribile per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, ma limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui all’art. 348 – bis c.p.c., comma 2 ed all’art. 348 – ter c.p.c., comma 1, primo periodo e comma 2, primo periodo), purchè compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso (Sez. U, Sentenza n. 1914 del 02/02/2016, Rv. 638368).

Nella specie, i motivi del ricorso attengono al merito della decisione di primo grado e non contengono alcuna denuncia di vizi procedurali propri della fase d’appello. Gli stessi dovevano essere quindi proposti impugnando la sentenza di primo grado e non l’ordinanza di inammissibilità pronunciata dalla corte d’appello.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e ciò esime questa Corte dall’esaminare i singoli motivi di cui si compone. Ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2020

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