LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Mario – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27863-2018 proposto da:
I.S., F.F., I.T., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NICOLA MARTELLI 40, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO CAUSO, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
ISTITUTO *****, GENERALI ITALIA SPA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 908/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata in data 11/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa SCRIMA ANTONIETTA.
CONSIDERATO
che:
I.S., F.F. e I.T. impugnarono la sentenza n. 147/2011 con cui il Tribunale di Frosinone, Sezione Distaccata Anagni, pronunciando sulla domanda proposta da F.F. e I.T., in proprio e quali genitori esercenti la potestà sul minore I.S., costituitosi in proprio una volta raggiunta la maggiore età, nei confronti dell’Istituto ***** e di INA – Assitalia S.p.a. (poi Generali Italia S.p.a.), in parziale accoglimento della stessa, condannò i convenuti, in solido, al risarcimento dei danni riportati da I.S. a seguito dell’infortunio verificatosi il 27 maggio 1996 nei locali del predetto istituto, presso il quale era iscritto per lo svolgimento di attività post scolastiche, danni liquidati in Euro 16.701,83, oltre interessi e rivalutazione monetaria, e compensò tra le parti le spese di lite;
si costituirono in secondo grado, chiedendo il rigetto del gravame, sia l’Istituto ***** che la società assicuratrice; quest’ultima propose pure appello incidentale;
con sentenza n. 908/2018, pubblicata il 14 febbraio 2018, la Corte di appello di Roma accolse parzialmente il gravame proposto da I.S. e riformò parzialmente la sentenza di primo grado, dichiarando l’esclusiva responsabilità del sinistro in questione per culpa in vigilando dell’Istituto convenuto, rigettò nel resto l’appello, rigettò l’appello incidentale e compensò tra le parti le spese di quel grado;
avverso la sentenza della Corte di merito I.S., F.F. e I.T. hanno proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo;
gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede;
la proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
RILEVATO
che:
con l’unico motivo, rubricato “violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto in discussione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in relazione alla dichiarata compensazione delle spese di lite”, i ricorrenti lamentano che la Corte di merito, nonostante abbia dichiarato l’esclusiva responsabilità dell’Istituto ***** e pur avendo gli appellanti censurato specificamente, con il quarto motivo dell’appello, la compensazione delle spese operata dal primo Giudice, si sia limitata a compensare le spese di secondo grado “in considerazione della natura delle questioni trattate”, con difetto, ad avviso dei ricorrenti, di motivazione sul punto, come già avvenuto in primo grado;
il motivo all’esame pone, quindi, due censure: con la prima, si lamenta che la Corte territoriale non abbia esaminato il motivo di appello sulla compensazione delle spese di primo grado e che, comunque, pur avendo riformato parzialmente la sentenza di primo grado, quella Corte non abbia tratto le conseguenze in relazione alla compensazione delle spese operata da Tribunale; con la seconda, si lamenta che la Corte di merito abbia compensato le spese del secondo grado;
ritenuto che:
il motivo risulta dalla rubrica veicolato impropriamente ex art. 360 c.p.c., comma 1, atteso che entrambe le censure proposte con lo stesso mezzo sono relative a vizi di violazione del procedimento (Cass. 24/11/2004, n. 22130 e 10/11/2015, n. 22952);
tuttavia, questa Corte ha già avuto modo di affermare che il ricorso per cassazione, avendr ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabilE ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi; pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorchè sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (Cass., sez. un., 24/07/2013, n. 17931; Cass. 31/10/2013, n. 24553); è stato pure precisato che, in tema di giudizio di cassazione, qualora il vizio di omessa pronuncia sia erroneamente denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e non in virtù del n. 4 della medesima disposizione normativa, il motivo proposto non è inammissibile, ove prospetti con chiarezza la questione dell’omessa pronuncia quale specifico vizio processuale della sentenza impugnata (Cass., ord., 19/06/2018, n. 16170);
nella specie risulta evidente come, nella prospettazione e nelle richieste della parte ricorrente, il vizio espressamente denunciato con la prima delle dette censure non attenga tanto e direttamente alla sufficienza o logicità della motivazione, e dunque alla, pur impropriamente richiamata in rubrica, ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, bensì alla omissione di pronunzia sul motivo di appello proposto in relazione alla detta compensazione delle spese e comunque la violazione dell’art. 336 c.p.c. (v. ricorso p. 15), stante la riforma parziale della sentenza di primo grado operata dal Giudice di appello;
la censura è fondata in quanto, avendo la Corte di merito accolto parzialmente l’appello e, dunque, riformato la sentenza di primo grado, quella Corte non ha tratto le conseguenze dal riconoscimento dell’esclusiva responsabilità dell’Istituto, ed invero, la medesima Corte avrebbe dovuto ritenere assorbito il motivo di appello per effetto dell’automatica necessità di statuire ex novo sulle spese del giudizio di primo grado ai sensi dell’art. 336 c.p.c., comma 1, ma a tanto non ha, invece, provveduto;
la seconda censura resta assorbita, determinandosi, sempre ai sensi della norma appena citata, la caducazione della statuizione sulle spese del giudizio di appello;
alla luce di quanto sopra evidenziato, va accolto il ricorso nei termini sopra precisati; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità;
stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
La Corte accoglie il ricorso nei termini precisati in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 11 luglio 2019.
Depositato in cancelleria il 13 gennaio 2020