LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25963/2014 proposto da:
S.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA S. GIOVANNI IN LATERANO 18/B, presso lo studio dell’avvocato ENNIO CALBI, rappresentato e difeso dall’avvocato CONCETTA SANTOCHIRICO;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati LIDIA CARCAVALLO, SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3528/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 29/10/2013 R.G.N. 535/2010.
RILEVATO
che:
con sentenza n. 3528 del 2013, la Corte d’appello di Bari, accogliendo l’appello proposto dall’Inps, ha dichiarato improponibile, per carenza di domanda amministrativa, la domanda proposta da S.D. (già dipendente di OSRAM s.p.a.) nei confronti dell’INPS avente ad oggetto il riconoscimento del beneficio di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, derivante da esposizione qualificata all’amianto;
ad avviso della Corte territoriale, in particolare, non poteva riconoscersi l’esistenza della necessaria domanda amministrativa nella mera richiesta, prodotta in atti al n. 1 del fascicolo di parte, rivolta all’Inail (e solo per conoscenza all’Inps) di rilascio di dichiarazione attestante l’esposizione all’amianto all’esito degli accertamenti d’ufficio e sulla base del curriculum prodotto dall’interessato;
avverso tale sentenza, ricorre per cassazione S.D. sulla base di quattro motivi;
l’Inps ha resistito con controricorso illustrato da memoria.
CONSIDERATO
che:
i motivi di ricorso denunziano: 1) omessa pronuncia su di un fatto decisivo della controversia e violazione dell’art. 112 e dell’art. 329 c.p.c., laddove la sentenza impugnata non ha pronunciato in punto di eccezione di inammissibilità dell’appello per acquiescenza derivante dalla comune richiesta delle parti di procedere alla correzione dell’errore materiale contenuto nella sentenza di primo grado sulla durata dell’esposizione qualificata; 2) violazione ed errata applicazione degli artt. 421 e 437 c.p.c., nonchè della L. n. 533 del 1973, art. 8, ed insufficiente e contraddittoria motivazione circa il fatto controverso e decisivo costituito dalla domanda di accertamento dell’esposizione all’amianto, depositata in atti, rivolta all’Inail ma da considerare come principio di prova circa l’avvenuta proposizione della domanda anche all’INPS quantunque difetti la prova della ricezione da parte di tale istituto; 3) violazione ed errata applicazione della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, L. n. 326 del 2003, art. 47, D.Lgs. n. 269 del 2003, art. 47, L. n. 350 del 2003, art. 3, D.M. 27 ottobre 2004, L. n. 179 del 2002, art. 18, comma 8, art. 443 c.p.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio che ravvisa, nell’ipotesi in cui non dovessero essere accolti i motivi precedenti e che non si ritenga che la domanda amministrativa necessaria sia solo quella rivolta all’Inail, nella stessa domanda prodotta; 4) violazione degli artt. 24 e 111 Cost., in riferimento all’art. 443 c.p.c., L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, L. n. 326 del 2003, art. 47, D.Lgs. n. 269 del 2003, art. 47, L. n. 350 del 2003, art. 3, D.M. 27 ottobre 2004, in ragione della circostanza che, qualora fosse esatta la ricostruzione adottata dalla sentenza impugnata, si tratterebbe di un caso di overruling giurisprudenziale, con necessità di salvaguardare l’affidamento posto dal cittadino nella correttezza del proprio operato solo successivamente giudicato non conforme a diritto;
il primo motivo è infondato, atteso che (Cass. n. 6731 del 1991) la presentazione di una istanza per correzione di errore non costituisce fatto incompatibile con la volontà di impugnare la sentenza della quale si chiede la correzione (art. 329 c.p.c.) trattandosi di attività tesa solo ad emendare meri errori materiali presenti nella sentenza;
anche il quarto motivo è infondato, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte di legittimità secondo il quale il “prospective overruling” è finalizzato a porre la parte al riparo dagli effetti processuali pregiudizievoli (nullità, decadenze, preclusioni, inammissibilità) di mutamenti imprevedibili della giurisprudenza di legittimità su norme regolatrici del processo sterilizzandoli, così consentendosi all’atto compiuto con modalità ed in forme ossequiose dell’orientamento giurisprudenziale successivamente ripudiato, ma dominante al momento del compimento dell’atto, di produrre ugualmente i suoi effetti (Cass. SS.UU. n. 4135 del 2019; n. 22385 del 2018;
dunque, nei termini in cui è riconosciuto dalla Corte di cassazione (a partire da Cass. civ., Sez. Un., 11 luglio 2011, n. 15144), l’overruling è ammesso solo con riguardo alla legge processuale e non a quella sostanziale, e ciò quando il mutamento della propria precedente interpretazione di una norma processuale da parte del giudice della nomofilachia (cd. overruling) porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima escluse, sempre che l’overruling si connoti per il carattere dell’imprevedibilità;
ciò non accade nel caso ora in esame ove la questione dibattuta è quella relativa alla necessità di indirizzare all’Inps apposita domanda di riconoscimento del diritto alla fruizione del beneficio pensionistico derivante dalla esposizione all’amianto che, assumendo la funzione di atto di avvio del procedimento amministrativo, preliminare all’esercizio dell’azione giudiziaria, non assume di certo il ruolo di istituto processuale;
si è, infatti, affermato che la domanda amministrativa della prestazione all’ente erogatore, della L. n. 533 del 1973, ex art. 7, è condizione di ammissibilità di quella giudiziaria, diversamente dal ricorso introduttivo del procedimento contenzioso amministrativo ex art. 443 c.p.c., avendo disposto il legislatore che il privato non affermi un diritto davanti all’autorità giudiziaria prima che esso sia sorto, ossia prima del perfezionamento della relativa fattispecie a formazione progressiva, nella quale la presentazione della domanda segna la nascita dell’obbligo dell’ente previdenziale e, in quanto tale, non può essere assimilata ad una condizione dell’azione, rilevante anche se sopravvenuta nel corso del giudizio. Ne consegue che l’azione iniziata senza la presentazione in sede amministrativa della corrispondente istanza comporta l’improponibilità della domanda giudiziale, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, con conseguente nullità di tutti gli atti del processo (Cass. n. 11438 del 2017);
il secondo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente stante la connessione, sono pure infondati;
le questioni sollevate dal ricorrente che evidenziano la complessità interpretativa manifestatesi nell’elaborazione giurisprudenziale in materia, sono state recentemente affrontate da questa Corte di cassazione che, nel rileggere gli orientamenti via via affiorati in materia, ha affermato la sostanziale diversità sostanziale tra l’istanza amministrativa intesa al conseguimento del beneficio della rivalutazione contributiva con quella inoltrata all’INAIL in ragione della diversità funzionale dell’una rispetta all’altra (v. tra le altre, Cass. nn,. 8859/2001, 2677/2002, 8937/2002, 17000/2022, e, di recente, Cass. ord. n. 24322/2016, n. 26598/2016, n. 26757/2016);
questa Corte ha puntualizzato che mentre la domanda all’INPS è necessaria per l’erogazione del beneficio previdenziale, quella rivolta all’INAIL mira unicamente a fornire al lavoratore la prova dell’esposizione all’amianto e a consentire, perciò, una più rapida acquisizione del relativo – diritto, non già a facilitare l’accesso alle (diverse) prestazioni oggetto del regime assicurativo che fa carico all’INPS;
pertanto, la decisione impugnata che ha dichiarato improponibile la domanda dell’odierno ricorrente è conforme alla giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra le altre, Cass. n. 732/2007);
che a tanto consegue il rigetto ricorso e le spese di lite sono regolate secondo soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore dell’INPS in complessivi Euro 2.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso ex art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2020
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