LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. MARCHES Gabriella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15243-2018 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, V. CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati NICOLA VALENTE, EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA, CLEMENTINA PULII;
– ricorrente –
contro
A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SISTINA 48, presso lo studio dell’avvocato MARCO ORLANDO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI CONSOLAZIONE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 65/2018 del TRIBUNALE di TRAPANI, depositata il 02/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.
RILEVATO
CHE:
Il tribunale di Trapani, con sentenza n. 65/2018 resa in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., per quel che in questa sede rileva, aveva dichiarato che A.A. era in possesso dei requisiti sanitari utili all’indennità di accompagnamento con decorrenza dal settembre 2016. Il tribunale aveva provveduto ad espletare l’accertamento medico legale che aveva riconosciuto la sussistenza delle condizioni medico legali utili all’indennità di accompagnamento.
Avverso detta decisione l’Inps aveva proposto ricorso affidato a un motivo cui resisteva con controricorso A.A..
Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO
CHE:
1) Con unico motivo l’Inps denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 533 del 1973, art. 7, art. 2697 c.c., del D.M. 19 novembre 1990, artt. 1 e 2, in relazione alla L. n. 18 del 1980, al D.P.R. n. 698 del 1994, art. 1, al D.L. n. 78 del 2009, art. 20, comma 3 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
L’Istituto rileva che la sentenza impugnata ha erroneamente riconosciuto il beneficio dell’indennità di accompagnamento in mancanza di idonea certificazione allegata alla domanda amministrativa.
Deve premettersi che lo stesso Istituto ricorrente dà atto della presenza nel caso di specie di domanda amministrativa e certificazione medica e che dunque le censure riguardano l’adeguatezza di siffatti documenti rispetto alla prestazione domandata(indennità di accompagnamento). L’assistito aveva in origine presentato domanda amministrativa utilizzando i moduli predisposti dall’Inps. Secondo l’Istituto la situazione era caratterizzata dal fatto che il medico non aveva “spuntato” nel certificato, allegato alla domanda, la casella riguardante la condizione che l’assistito non fosse in grado di deambulare o di compiere gli atti quotidiani della vita; ciò rendeva improcedibile il ricorso non essendo stata individuata la prestazione richiesta.
Questa Corte, recentemente (Cass.-n. 14412/2019) ha affrontato fattispecie analoga alla presente rilevando che “In tema di prestazioni previdenziali ed assistenziali, al fine di integrare il requisito della previa presentazione della domanda non è necessaria la formalistica compilazione dei moduli predisposti dall’INPS o l’uso di formule sacramentali, essendo sufficiente che la domanda consenta di individuare la prestazione richiesta affinchè la procedura anche amministrativa si svolga regolarmente. Ne consegue che non costituisce requisito imprescindibile della domanda amministrativa barrare la casella che, nel modulo, individua le condizioni sanitarie la cui sussistenza è necessaria per il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento, non potendo l’istituto previdenziale introdurre nuove cause di improcedibilità ovvero di improponibilità in materia che deve ritenersi coperta da riserva di legge assoluta ex art. 111 Cost.”
Rispetto a tale orientamento, assolutamente coerente con la fattispecie in esame, le argomentazioni attualmente utilizzate dall’Inps non riescono a scalfire la decisione già in precedenza assunta. La sentenza infatti rileva che ” il disposto del D.L. 01 luglio 2009, n. 78, conv. con modif. dalla L. n. 102 del 2009, che ha modificato il sistema precedente di cui al D.P.R. 21 settembre 1994, n. 698, emanato in attuazione della L. n. 537 del 1993, disciplinante il procedimento per l’accertamento sanitario dell’invalidità, stabilisce all’art. 20, comma 3, che “a decorrere dal gennaio 2010 le domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, sono presentate all’INPS, secondo modalità stabilite dall’ente medesimo. L’Istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle Aziende Sanitarie Locali”. La norma, dunque, nel richiedere che sia allegata la certificazione medica con indicazioni delle infermità, nulla aggiunge con riferimento all’indennità di accompagnamento, ma il modello predisposto dall’Inps reca la dicitura persona impossibilitata a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore”, oppure ” persona che necessita di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”, prevedendo che sia barrata l’ipotesi ritenuta sussistente ma,la spuntatura di una di dette ipotesi, non sembra affatto costituire requisito imprescindibile della domanda amministrativa in base alla norma suddetta”. Il ragionamento seguito da questa Corte evidenzia la discrasia esistente tra disposizione legislativa dispositiva di una generale necessità di attestazione della infermità invalidanti nella domanda amministrativa proposta e la specifica richiesta dell’Inps di “barrare”, nel modulo predisposto, l’indennità di accompagnamento ovvero le condizioni che ne impongano il riconoscimento. La estraneità di siffatta ultima circostanza al dettato normativo deve far quindi escludere che ” l’istituto previdenziale (possa) introdurre nuove cause di improcedibilità ovvero di improponibilità in materia che deve ritenersi coperta da riserva di legge assoluta ex art. 111 Cost.” (Cass.n. 14412/2019).
Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nei confronti dell’Inps liquidate in E. 1.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2020