LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Primo Presidente f.f. –
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente di Sez. –
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente di Sez. –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4528/2019 proposto da:
KOSTRUTTIVA S.c.p.A., (già Coveco s.c.p.a.), in proprio e quale mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese costituito con E.R. Holding s.r.l. (già R. s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MANZI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIANNI ZGAGLIARDICH, ALFREDO PISCICELLI ed ALESSANDRO CINTI;
– ricorrente –
contro
IMPRESA P. & C. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIA 88 presso lo STUDIO VINTI & ASSOCIATI, rappresentata e difesa dagli avvocati STEFANO VINTI, CORINNA FEDELI e SONIA MACCHIA;
– controricorrente –
e contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, PROVVEDITORATO INTERREGIONALE PER LE OPERE PUBBLICHE DEL VENETO, TRENTINO ALTO ADIGE E FRIULI VENEZIA GIULIA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 5753/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 06/10/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/10/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e disporsi la cassazione dell’impugnata sentenza;
uditi gli avvocati Andrea Manzi, Alessandro Cinti, Alfredo Piscicelli, Sonia Macchia e Corinna Fedeli.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 6/10/2018 il Consiglio di Stato, in accoglimento del gravame interposto dalla società Impresa P. & C. s.p.a. e in conseguente riforma della pronunzia Tar Friuli Venezia Giulia n. 87/2016, ha: a) annullato gli atti con cui è stata disposta l’ammissione alla gara della società Coveco s.c.a.r.l. (poi Kostruttiva s.c.p.a.); b) dichiarato l’inefficacia del contratto di appalto per la costruzione di un penitenziario stipulato all’esito del provvedimento di aggiudicazione definitiva della gara in favore delle società Kostruttiva s.c.p.a. e R. s.p.a.; c) disposto il subentro nel contratto in favore dell’appellante società Impresa P. & C. s.p.a..
Avverso la suindicata pronunzia del giudice amministrativo d’appello la società Kostruttiva s.c.p.a. propone ora ricorso per cassazione ex art. 362 c.p.c. e D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 110, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria.
Resiste con controricorso la società Impresa P. & C. s.p.a..
L’altro intimato non ha svolto attività difensiva.
Con conclusioni scritte del 30/9/2019 il P.G. presso questa Corte ha chiesto l’accoglimento p.q.r. del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 362 c.p.c., D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 110.
Si duole che, “dopo essersi (auto) ascritto il potere di valutare la rilevanza a fini dissociativi delle azioni intraprese da Kostruttiva”, il Consiglio di Stato sia “addirittura passato a valutare anche le asserite omissioni (cioè quel che, a suo giudizio, sarebbe stato opportuno che l’odierna ricorrente avesse fatto e che invece non ha fatto per dissociarsi)”, a tale stregua integrando “un’ipotesi esemplare di eccesso di potere giurisdizionale”.
Lamenta che l’impugnata sentenza è “intrisa e pervasa di tali e tanti apprezzamenti di fatto, da costituire un caso mirabile e paradigmatico di tracimazione del sindacato di legittimità nell’area del merito amministrativo, che è conseguenza ineluttabile dell’avere il Consiglio di Stato ritenuto di potersi surrogare alla stazione appaltante nel compimento, in via diretta ed immediata, di quell’attività valutativa “sulle circostanze fattuali rilevanti ai fini del decidere”, che lo ha portato a trascendere manifestamente i limiti della propria giurisdizione”.
Il ricorso è inammissibile.
Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, l’eccesso di potere denunziabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione va invero riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione (che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale) o difetto relativo di giurisdizione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici), e in coerenza con la relativa nozione posta da Corte Cost. n. 6 del 2018 (che non ammette letture estensive neanche limitatamente ai casi di sentenze “abnormi”, “anomale” ovvero di uno “stravolgimento” radicale delle norme di riferimento) tale vizio non è configurabile in relazione ad errores in procedendo, i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale del giudice amministrativo e dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 6/7/2019, n. 18079; Cass., Sez. Un., 20/3/2019, n. 7926).
Orbene, siffatte ipotesi invero non ricorrono nella specie.
La vicenda attiene a “procedura di gara indetta dal Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie nel dicembre 2013 (avente ad oggetto la progettazione definitiva ed esecutiva e l’esecuzione dei lavori di realizzazione di un penitenziario)”, con aggiudicazione in favore del R.T.I. Coveco disposta in via provvisoria nel luglio 2015 e in via definitiva nel successivo mese di novembre 2015.
Nell’impugnata sentenza il Consiglio di Stato ha dato atto che nel corso della procedura il “Presidente del Consiglio di amministrazione e Direttore tecnico della Coveco geom. M. (oltre al Consigliere del medesimo Consiglio Dott. F.) era stato coinvolto in indagini in sede penale per un complesso di false fatturazioni finalizzate, secondo la pubblica accusa, a garantire alcuni emolumenti ad alcuni personaggi politici al fine di orientare taluni affidamenti nell’ambito della realizzazione del *****”, e “in data 4 giugno 2014 (i.e.: nel corso dello svolgimento della gara per cui è causa)… era stato tratto in arresto nell’ambito delle indagini sulle presunte illiceità realizzate nell’ambito degli affidamenti inerenti il *****. Nella stessa data… era stato trovato in possesso di una nota con la quale rassegnava le dimissioni irrevocabili da tutte le cariche sociali”.
Ha ulteriormente posto in rilievo che “il 12 giugno 2014 il Coveco comunicava la sospensione dell’attività lavorativa del Dott. M., mentre il successivo 10 ottobre comunicava all’interessato la risoluzione del rapporto lavorativo”; che “solo all’udienza del 16 ottobre 2016 il Coveco si costituiva parte civile nel giudizio instaurato (anche) nei confronti del Dott. M.”; che “lo stesso 16 ottobre 2016 (i.e.: nel corso della procedura e circa un mese prima che venisse disposta l’aggiudicazione definitiva) veniva emessa a carico del Dott. M. sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.c., per i reati di finanziamento illecito ai partiti e di false fatturazioni in concorso”, e la “pronuncia della sentenza di condanna ha reso inammissibile la costituzione di parte civile medio tempore spiegata dal Coveco”; che “con sentenza Cass., III, 25 giugno 2015,n. 26756 la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dallo stesso M. avverso la sentenza di patteggiamento”.
Nel valutare se in base ai suindicati fatti e alla relativa successione temporale possa ritenersi che “le azioni poste in essere dal Coveco siano idonee a concretare la “completa ed effettiva dissociazione”, che solo consentirebbe al concorrente di restare indenne dalle gravi conseguenze fissate dal D.Lgs. n. 163 del 2006, richiamato art. 38", diversamente dal giudice di prime cure il giudice amministrativo d’appello è pervenuto a concludere in senso negativo.
Ha al riguardo osservato che “l’iniziativa assunta dal consorzio non è risultata idonea a palesare un effettivo, reale e utile, intento dissociativo”, giacchè “la complessiva tempistica della vicenda sembra dimostrare che il Consorzio abbia inteso avviare iniziative solo formali, in pratica inidonee ad addossare al solo M. le effettive conseguenze della di lui condotta, così come a determinare una chiara ed effettiva presa di distanza rispetto alle correlative sue attività”.
Ha ulteriormente posto in rilievo come “anche a seguito del passaggio in giudicato della richiamata sentenza di patteggiamento” il Consorzio non abbia “avviato nei confronti del M. l’azione di responsabilità sociale ai sensi dell’art. 2392 c.c.”, nè abbia “riassunto in sede civile l’azione divenuta inammissibile nell’ambito del giudizio penale”, rimanendo pertanto confermato che, “al di là di apparenti forme”, i suindicati “elementi” depongono invero “nel senso dell’insussistenza di una genuina volontà di prendere le distanze dalla condotta del Presidente e di perseguirne in modo coerente le condotte (ormai manifestamente) illecite”, atteso che “la semplice rimozione o cessazione dalla carica sociale non risulta ex se idonea a determinare gli effetti favorevoli per l’impresa connessi alla condotta dissociativa, occorrendo – al contrario – che l’impresa dimostri di aver adottato atti concreti e tangibili di dissociazione dalla condotta delittuosa, come ad esempio – l’avvio di un’azione per responsabilità sociale (nel caso in esame insussistente…)”.
Orbene, come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di porre in rilievo, l’eccesso di potere giurisdizionale denunziabile ai sensi dell’art. 111 Cost., sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito è configurabile solo allorquando l’indagine svolta non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, ma sia stata strumentale a una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima una volontà dell’organo giudicante che si sostituisce a quella dell’Amministrazione, nel senso che, procedendo ad un sindacato di merito, si estrinsechi in una pronunzia autoesecutiva, intendendosi per tale quella che abbia il contenuto sostanziale e l’esecutorietà stessa del provvedimento sostituito, senza salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa (v. Cass., Sez. Un., 5/6/2018, n. 14437; Cass., Sez. Un., 9/4/2018, n. 8720; Cass., Sez. Un., 9/4/2018, n. 8719. V. altresì Cass., Sez. Un., 2/5/2018, n. 10440; Cass., Sez. Un., 21/2/2017, n. 4395; Cass., 5/9/2013, n. 20360; Cass., Sez. Un., 28/4/2011, n. 9443).
Si è altresì precisato che non integra eccesso di potere giurisdizionale del giudice amministrativo la pronuncia, resa ai sensi dell’art. 122 c.p.a., di inefficacia del contratto seguito ad aggiudicazione definitivamente annullata e di subentro del ricorrente nel rapporto contrattuale, essendo tali statuizioni istituzionalmente riservate a quel giudice e precluse all’autorità amministrativa, nè potendo configurarsi la violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa in pretesi errori di valutazione dei relativi presupposti (v. Cass., Sez. Un., 10/9/2019, n. 22568; Cass., Sez. Un., 5/6/2018, n. 14437).
Nella specie il giudice amministrativo d’appello ha: a) annullato gli atti con cui è stata disposta l’ammissione alla gara della società Coveco s.c.a.r.l. (poi Kostruttiva s.c.p.a.); b) dichiarato l’inefficacia del contratto di appalto per la costruzione di un penitenziario stipulato all’esito del provvedimento di aggiudicazione definitiva della gara in favore delle società Kostruttiva s.c.p.a. e R. s.p.a.; c) disposto il subentro nel contratto in favore dell’appellante società Impresa P. & C. s.p.a., nell’esercizio dei poteri ad esso istituzionalmente riservati ex art. 122 c.p.c. (cfr. Cass., Sez. Un., 10/9/2019, n. 22568; Cass., Sez. Un., 5/6/2018, n. 14437; Cass., Sez. Un., 18/10/2012, n. 17842).
Emerge evidente, a tale stregua, come il giudice amministrativo d’appello abbia fatto in realtà applicazione dei propri poteri, laddove l’eventuale pretesa erroneità delle valutazioni relative all’esercizio del potere attiene invero propriamente alla concreta estrinsecazione della potestà giurisdizionale, rientrando pertanto nei relativi limiti interni (cfr. Cass., Sez. Un., 10/9/2019, n. 22568; Cass., Sez. Un., 5/6/2018, n. 14437).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società Impresa P. & C. s.p.a., seguono la soccombenza.
Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore degli altri intimati, non avendo i medesimi svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente società Impresa P. & C. s.p.a..
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2020
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