LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28455/2015 proposto da:
T.A., rappresentato e difeso dall’avvocato DIEGO BUSACCA e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
P.R., rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE DI PIETRO e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
e contro
G.F., S.C. ed AS MESSINA CALCIO SRL;
– intimati –
avverso la sentenza n. 300/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 19/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/09/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, il quale ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso, per l’accoglimento del secondo e del terzo motivo con assorbimento del quarto.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 16.1.1996 S.C. e G.F. proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1460/1995 emesso dal Tribunale di Messina in favore di P.R. per il pagamento della somma di Lire 64.721.750 a fronte di prestazioni professionali eseguite dall’ingiungente nell’interesse dell’ingiunto.
Con separato atto di citazione notificato il 23.1.1996 anche la A.S. Messina Calcio S.r.l. e T.A., coobbligati in forza del medesimo decreto ingiuntivo, interponevano a loro volta opposizione avverso il predetto provvedimento monitorio.
Le due opposizioni venivano riunite e nelle more veniva dichiarato il fallimento della A.S. Messina Calcio S.r.l..
Con sentenza n. 1967/2006 il Tribunale di Messina dichiarava inammissibile l’opposizione spiegata dal T. in proprio; improponibile la domanda di condanna formulata dal creditore P. nei confronti del fallimento della A.S. Messina Calcio S.r.l.; accoglieva l’opposizione proposta da G. e S., revocando il decreto opposto; condannava il P. alle spese del grado nei soli confronti di detti ultimi opponenti, compensando invece le spese relativamente agli altri rapporti processuali.
Interponeva appello il T. e si costituiva in seconde cure il P. per resistere al gravame. Le altre parti rimanevano invece contumaci.
Dopo aver sospeso l’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado e disposto la ricostruzione dell’avviso di ricevimento della notifica del decreto ingiuntivo all’appellante T., che era stata eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c., la Corte di Appello di Messina, con la decisione oggi impugnata, n. 300/2015, rigettava il gravame condannando l’appellante alle spese del grado.
Ad avviso della Corte siciliana l’appellante avrebbe dovuto produrre in atti del giudizio di merito la copia notificata del decreto ingiuntivo, sì da consentire la verifica della tempestività dell’opposizione; in difetto di tale adempimento, e mancando la prova aliunde della tempestività del rimedio ovvero della scusabilità del ritardo nella relativa proposizione, la Corte ha fatto riferimento alla data di spedizione dell’avviso di deposito dell’atto ai sensi dell’art. 140 c.p.c. e confermato la statuizione di tardività già affermata dal Tribunale.
Ricorre per la cassazione di tale decisione il T. affidandosi a quattro motivi, alcuni dei quali a loro volta articolati in diverse censure.
Resiste con controricorso il P..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 335 e 350 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente omesso di disporre la riunione delle due impugnazioni pendenti innanzi la predetta Corte in relazione alla medesima sentenza n. 1967/06 resa dal Tribunale di Messina, rispettivamente distinte dai numeri R.G. 31/2008 e 48/2008.
La censura è infondata, in quanto la Corte territoriale ha dichiarato improcedibile l’impugnazione proposta del P. (distinta dal numero R.G. 48/2008) ed ha quindi deciso solo su quella interposta dal T. (distinta dal numero R.G. 31/2008). Dall’esame del controricorso – cfr. pag. 3 – si evince che la dichiarazione di improcedibilità dell’appello proposto dal P. per mancata comparizione delle parti ex art. 348 c.p.c., era dipesa dal fatto che, nelle more del giudizio di seconde cure, lo stesso P. e gli altri condebitori, con la sola eccezione del T., si erano accordati ed avevano transatto la lite. La mancata riunione delle due impugnazioni, pertanto, era dipesa da una precisa scelta processuale delle parti del giudizio distinto dal numero R.G. 48/2008, che avevano ritenuto opportuno non comparire innanzi la Corte territoriale dando luogo all’improcedibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 348 c.p.c..
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c., in combinato disposto con la L. n. 890 del 1982, art. 8 e in conformità della sentenza della Corte costituzionale n. 3/2010, e degli artt. 166, 167, 345, 346 e 647 c.p.c., nonchè l’omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
In particolare, con un primo profilo il T. censura il fatto che la Corte di Appello abbia considerato, ai fini della valutazione della tempestività dell’opposizione, non la data di ricezione della raccomandata di avviso del deposito ex art. 140 c.p.c. (come prescritto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 3/2010) ma quella di spedizione della predetta raccomandata, che invece rileva solo per il notificante e non anche per il notificato.
Con un secondo profilo, il ricorrente censura il fatto che la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto che egli non era residente nel luogo ove gli era stata materialmente inviata la copia del decreto ingiuntivo a lui destinata, ma presso altro civico della stessa via. Inoltre, il giudice di secondo grado non avrebbe considerato che con una perizia giurata prodotta in atti del giudizio di merito si era dimostrato che la residenza del T. non era accessibile da parte di terzi, poichè protetta da un cancello le cui chiavi erano in possesso solo dei condomini dello stabile: di conseguenza, la notificazione non poteva essersi perfezionata a causa dell’impossibilità materiale di accedere alla residenza del T. e di eseguire l’affissione o immettere l’avviso in cassetta secondo la procedura prevista dall’art. 140 c.p.c..
Con un terzo profilo si censura invece il fatto che la Corte di Appello non avrebbe considerato che l’ingiungente P. era consapevole che il T. era domiciliato presso il suo indirizzo di lavoro, ove era attivo il suo studio di commercialista ed ove gli era stata notificata la copia del medesimo decreto ingiuntivo indirizzata alla A.S. Messina Calcio S.r.l., della quale il T. era rappresentante legale. Ad avviso del ricorrente, quindi, il P. avrebbe potuto, o dovuto, eseguire presso il predetto indirizzo professionale anche la notificazione della copia del decreto diretta al T. personalmente.
Infine, con un quarto profilo, il ricorrente si duole del fatto che la Corte di Appello avrebbe violato l’art. 647 c.p.c., omettendo di rilevare che il giudice di primo grado non aveva autorizzato la provvisoria esecuzione del decreto opposto nei confronti del T.: poichè la norma in esame avrebbe imposto al primo giudice, nell’ipotesi in cui l’opposizione fosse stata ritenuta intempestiva, di autorizzare la provvisoria esecuzione del decreto opposto o, in alternativa, di ordinare la rinnovazione della notificazione del provvedimento monitorio, la mancata concessione della provvisoria esecuzione del titolo nei confronti del T. costituirebbe prova indiretta della tempestività del rimedio oppositivo da questi attivato avverso il provvedimento ingiuntivo.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 137,138,139,140 e 149 c.p.c., L. n. 890 del 1982, artt. 4 e 22, nonchè l’omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Anche questa censura, come la precedente, risulta a sua volta articolata in diversi profili. In particolare, con il primo di essi il ricorrente si duole del fatto che la Corte di Appello non avrebbe considerato che egli, non avendo materialmente mai ricevuto la notifica della copia del decreto ingiuntivo a lui personalmente indirizzata, non era in grado di produrla in giudizio, nè di ricostruire alcunchè al riguardo. Il ricorrente aveva infatti ricevuto la notificazione del decreto opposto presso il suo studio, come rappresentante legale di A.S. Messina Calcio S.r.l., ed aveva tempestivamente proposto opposizione al provvedimento, sia in proprio che nella qualità, nei termini dalla notificazione eseguita presso il suo studio.
Con un secondo profilo il ricorrente lamenta che la Corte di Appello avrebbe omesso di considerare che la produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata informativa relativa alla notificazione del decreto ingiuntivo era onere del creditore ingiungente, e che – in difetto – la notifica del provvedimento monitorio avrebbe dovuto essere ritenuta nulla.
Infine, con un terzo profilo della censura il T. si duole del fatto che la Corte di Appello non abbia tenuto conto della violazione dei principi di buona fede posta in essere dal P., il quale aveva notificato la copia indirizzata al ricorrente nella sua qualità di legale rappresentante della A.S. Messina Calcio S.r.l. presso il suo studio professionale, ed invece la copia a lui personalmente diretta presso la sua residenza, peraltro indicando un numero civico errato.
Le due doglianze, che nelle loro diverse articolazioni evidenziano ragioni di connessione, meritano un esame congiunte e sono parzialmente fondate, in particolare con riferimento al primo profilo del secondo motivo ed ai primi due profili del terzo motivo. Merita infatti di essere riaffermato il principio per cui “A seguito della sentenza (di immediata applicazione) della Corte costituzionale n. 3 del 2010, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c., nella parte in cui prevedeva che la notifica si perfezionasse, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anzichè con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione, è necessario che il notificante, affinchè tale tipo di notificazione possa ritenersi legittimamente effettuata, comprovi la suddetta ulteriore circostanza, diversamente configurandosi la nullità della notificazione” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7809 del 31/03/2010, Rv.612326; cfr. anche Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1634 del 09/03/1984, Rv.433709). E’quindi onere del notificante dimostrare, mediante la produzione in giudizio della cartolina di ricezione dell’avviso ex art. 140 c.p.c., l’intervenuto perfezionamento del procedimento notificatorio complesso previsto da detta norma.
La giurisprudenza successiva di questa Corte ha approfondito e chiarito gli effetti del principio della cd. “scissione” del momento perfezionativo della notificazione per notificante e destinatario, affermando che “A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 2010, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c., la notificazione effettuata ai sensi di tale disposizione si perfeziona, per il destinatario, con il ricevimento della raccomandata informativa, se anteriore al maturarsi della compiuta giacenza, ovvero, in caso contrario, con il decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione” (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 4748 del 25/02/2011, Rv. 616155; Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 19772 del 02/10/2015, Rv. 637033).
Nel caso di specie, la mancanza in atti del giudizio di merito dell’avviso attestante l’intervenuta ricezione, da parte del destinatario, della raccomandata informativa prevista dall’art. 140 c.p.c., ovvero il suo avvenuto deposito in giacenza presso l’ufficio postale, impediva di poter ritenere perfezionato, per il T., il procedimento notificatorio complesso previsto dalla norma sopra richiamata. Ne consegue che la tempestività dell’opposizione proposta dal T. stesso non poteva in alcun caso essere apprezzata con riferimento alla data di spedizione della raccomandata informativa, posto che tale momento è rilevante soltanto per la posizione del soggetto che richiede la notificazione, e non anche per il destinatario.
L’accoglimento del primo profilo del secondo e del primo e secondo profilo del terzo motivo, nei sensi di cui in motivazione, comportano l’assorbimento dei rimanenti profili delle due censure in esame e del quarto motivo, relativo al governo delle spese operato dal giudice di merito.
La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, nei limiti delle censure accolte, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Messina, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte rigetta il primo motivo del ricorso. Accoglie parzialmente il secondo e terzo motivo, dichiarando assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Messina in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 26 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2020
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