Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.453 del 14/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18585-2018 proposto da:

D.V.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PALUMBO 26, presso lo studio dell’avvocato ARMANDO PROFILI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IMEI SAS DI A.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 8648/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 10/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA PONTERIO.

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 8648 depositata il 10.1.2018, ha dichiarato improcedibile l’appello di D.V.S. avverso la sentenza di primo grado con cui era stata respinta la domanda di condanna della datrice di lavoro IMEI s.a.s. di A.F. al pagamento di differenze retributive;

2. la Corte territoriale ha dato atto della mancata prova, ad opera dell’appellante, della notifica del ricorso in appello, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza ritualmente comunicato a mezzo PEC, nonchè della mancata costituzione della società appellata e della mancata comparizione all’udienza di cui all’art. 437 c.p.c., del medesimo appellante;

3. ha richiamato le sentenze di questa Corte (Cass., S.U., n. 20604 del 2008; Cass. n. 9597 del 2011; n. 5238 del 2011) ai cui principi di diritto si è attenuta;

4. avverso tale sentenza il sig. D.V. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi; la IMEI s.a.s. di A.F. è rimasta intimata;

5. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

6. col primo motivo di ricorso il D.V. ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 421 e 435 c.p.c.; carenza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione;

7. ha definito inconferenti i precedenti di legittimità richiamati nella sentenza impugnata, che presuppongono l’omessa notifica del ricorso in appello, osservando come nel caso di specie la notifica dell’atto di appello e del decreto di fissazione dell’udienza fosse intervenuta (ha allegato al ricorso per cassazione relata di notifica a mezzo posta elettronica, esattamente “ricevuta di accettazione” e “avviso di mancata consegna”);

8. col secondo motivo il ricorrente ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 348 c.p.c.; carenza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione; omessa valutazione di un punto decisivo della controversia;

9. ha anzitutto rilevato il contrasto insanabile tra le statuizioni contenute nella sentenza d’appello che, a pag. 1 ha dato atto della presenza dell’appellante all’udienza del 12.12.2017 (“l’appellante è comparso e ha chiesto un rinvio non dando prova della notifica dell’atto di appello”) e invece a pag. 3 ha registrato la mancata comparizione dello stesso all’udienza suddetta (“la parte appellante non è neanche comparsa all’udienza di discussione, pur avendo avuto regolare comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza, non ha curato di depositare l’atto di appello notificato, nè la parte appellata si è costituita”);

10. ha sostenuto come, in base al disposto dell’art. 348 c.p.c., anche in ipotesi di mancata comparizione dell’appellante all’udienza di cui all’art. 437 c.p.c., la Corte d’appello avrebbe dovuto fissare una nuova udienza, con possibilità di dichiarare l’improcedibilità dell’appello solo in caso di mancata comparizione dell’appellante anche all’udienza successiva;

11. i motivi di ricorso, che si trattano congiuntamente per ragioni di connessione logica, non possono trovare accoglimento;

12. tali motivi sono inammissibili anzitutto per la mancata trascrizione e produzione del verbale d’udienza del 12.12.17, su cui si fonda l’allegazione contenuta in ricorso quanto alla presenza dell’appellante all’udienza suddetta e alla proposizione dell’istanza di rinvio, circostanze oggetto di affermazioni contraddittorie nella sentenza impugnata; in ragione di ciò, risultano inconferenti le censure basate sull’assunto dell’avvenuta notifica del ricorso in appello;

13. parimenti inammissibile è la censura di motivazione insufficiente e contraddittoria in ragione dell’applicabilità del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (sentenza d’appello del 2017) che limita il sindacato di legittimità sulla motivazione alla violazione di legge, cioè dell’art. 132 c.p.c., secondo quello che è stato definito il “minimo costituzionale” della motivazione; nel caso in esame, la motivazione non solo è formalmente esistente come parte del documento, ma si compone di argomentazioni logiche e coerenti; pure la deduzione di omesso esame di un fatto decisivo si rivela inammissibile in quanto non afferente ad un fatto inteso in senso storico fenomenico e quindi non conforme allo schema legale del nuovo art. 360 c.p.c., n. 5, (cfr. Cass., S.U., 8053 del 2014);

14. nella declaratoria di improcedibilità dell’appello la Corte di merito si è attenuta ai principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 20604 del 2008) e si sottrae alla denunciata violazione di legge, in particolare dell’art. 348 c.p.c.;

15. al riguardo la sentenza citata ha statuito che “Nel rito del lavoro l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito – alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cosiddetta ragionevole durata del processo “ex” art. 111 Cost., comma 2, – al giudice di assegnare, ex art. 421 c.p.c., all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 c.p.c.”.

16. tale principio è stato ribadito da successive pronunce di questa Corte, non solo in materia di lavoro, ma anche in materia di locazioni e perfino nell’ambito dei procedimenti camerali (cfr. Cass. n. 29870 del 2008; n. 1721 del 2009; n. 11600 2010; n. 9597 del 2011; n. 27086 del 2011; n. 20613 del 2013; n. 6159 del 2018);

17. si è in particolare precisato (Cass. n. 20613 del 2013) che nel giudizio di appello soggetto al rito del lavoro, il vizio della notificazione omessa o inesistente è assolutamente insanabile e determina la decadenza dell’attività processuale cui l’atto è finalizzato (con conseguente declaratoria in rito di chiusura del processo, attraverso l’improcedibilità), non essendo consentito al giudice di assegnare all’appellante un termine per provvedere alla rinnovazione di un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente;

18. quindi non solo non è consentito, nel silenzio normativo, allungare – con condotte omissive prive di valida giustificazione, come nel caso in esame – i tempi del processo sì da disattendere il principio della sua “ragionevole durata”, ma l’improcedibilità dell’impugnazione, nelle controversie di lavoro, conseguente alla mancata notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, senza possibilità per il giudice di assegnare un termine perentorio per provvedervi, trova giustificazione anche nell’esigenza di tutelare la legittima aspettativa della controparte al consolidamento, entro un termine predefinito e ragionevolmente breve, di un provvedimento giudiziario già emesso; ciò a differenza di quanto avviene nel processo del lavoro di primo grado, dove la notifica del ricorso assolve unicamente la funzione di consentire l’instaurazione del contraddittorio (Cass. n. 6159 del 2018; n. 17368 del 2018);

19. non è pertinente il riferimento all’art. 348 c.p.c., che disciplina la diversa ipotesi della mancata comparizione in udienza di una o di entrambe le parti, sul presupposto di una regolare vocatio in ius, quindi di un contraddittorio ritualmente instaurato (Cass. n. 8595 del 2017; n. 2816 del 2015);

20. per le ragioni esposte, il ricorso risulta inammissibile;

21. non vi è luogo a provvedere sulle spese in quanto la IMEI s.a.s. di A.F. non ha svolto attività difensiva;

22. si dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2020

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