Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.46 del 07/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24501-2018 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONE DI *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il 22/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO MARULLI.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti si impugna l’epigrafato decreto con il quale il Tribunale di Brescia, attinto dal ricorrente ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ha confermato il diniego di protezione internazionale ed umanitaria pronunciato nei suoi confronti dalla Commissione territoriale e se ne chiede la cassazione sul rilievo 1) dell’illegittimità costituzionale del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 21, comma 1, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, art. 1, comma 1, per contrasto con l’art. 3 Cost., comma 1 e art. 77 Cost., comma 2, per mancanza dei presupposti di necessità e urgenza nell’emanazione dello stesso decreto legge, per quanto concerne il differimento dell’efficacia temporale e, quindi, dell’entrata in vigore del nuovo rito in materia di protezione internazionale; 2) dell’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, per contrasto con gli l’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, e art. 111 Cost., commi 1, 2 e 5, nella parte in cui prevede per il ricorso in Cassazione il termine di giorni trenta a decorrere dalla comunicazione a cura della cancelleria del decreto di primo grado; 3) dell’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, così come modificato dall’art. 6, comma 1, n. 3-septies, per contrasto con l’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, e 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui prevede che il procedimento è definito con decreto non reclamabile entro sessanta giorni dal ricorso; 4) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, per aver il decidente escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in quanto il ricorrente non avrebbe allegato fattori di oggettiva vulnerabilità, trascurando di considerare che “la condizione di vulnerabilità presuppone un giudizio di bilanciamento tra il grado di inserimento sociale raggiunto e la condizione di provenienza” e non avendo svolto alcuna indagine in tal senso.

Al proposto ricorso resiste l’amministrazione intimata con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. L’eccezione di illegittimità costituzionale di cui al primo motivo di ricorso non ha fondamento essendosi già rilevato, a contrasto, da questa Corte che “l’esigenza di un intervallo temporale perchè possa entrare a regime una complessa riforma processuale, quale quella in discorso, non esclude affatto che l’intervento di riforma sia caratterizzato dal requisito dell’urgenza” (Cass., Sez. I, 5/07/2018, n. 17717).

3. Parimenti infondata è l’eccezione di illegittimità di cui al secondo motivo essendosi del pari affermato, a contrasto, che “la previsione del termine di 30 giorni per il ricorso per cassazione, a far data dalla comunicazione del decreto, rientra senza dubbio nell’ambito della discrezionalità del legislatore, e trova giustificazione in esigenze di urgenza, analoghe a quelle che lo stesso legislatore ha reputato sussistenti in diverse fattispecie (v. p. es. L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 17, comma 2; L. Fall., art. 99, u.c.)” (Cass., Sez. I, 5/07/2018, n. 17717).

4. Infondata ancora è l’eccezione di illegittimità di cui al terzo motivo, essendosi ancora opposto che “non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado”, tanto più che il procedimento giurisdizionale è qui preceduto da una fase amministrativa avanti alle Commissioni territoriali” (Cass., Sez. I, 30/10/2018, n. 27700).

5. Inammissibile si rivela la censura di merito di cui al quarto motivo di ricorso.

Il Tribunale ha rigettato la domanda intesa al riconoscimento della protezione umanitaria, da un lato, perchè essa, nella specie, non potrebbe fondarsi “su reali situazioni di vulnerabilità soggettiva”, vista la assoluta inattendibilità e le plurime contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni rese dal ricorrente; dall’altro, perchè seppure la situazione interna pakistana presenta profili di significativa criticità rispetto ai diritti fondamentali, “nell’area di provenienza del ricorrente non assume un rilievo tale da dare luogo ad una vera e propria emergenza umanitaria generalizzata invece sussistente in altre aree del Paese”.

Rivendicando la necessità che ai fini in parola il Tribunale debba procedere a mezzo di “un giudizio di bilanciamento tra il grado di inserimento sociale raggiunto e la condizione di provenienza”, il motivo non ostende alcuna critica in punto di diritto che sia riconducibile nel perimetro dell’errore denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ma si limita a perorare una rinnovazione dello sfavorevole pronunciamento in fatto adottato dal decidente di merito, che non è tuttavia sindacabile in questa sede, non essendo la Corte di Cassazione giudice del fatto sostanziale, nè indica quali altri maggiori fattori di vulnerabilità, oltre a quelli esaminati con riguardo alla domanda di protezione, siano stati allegati nel giudizio di merito.

6. Il ricorso va dunque respinto.

7. Spese alla soccombenza.

Ricorrono le condizioni, ove il raddoppio del contributo sia dovuto, per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2020

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