LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15467-2019 proposto da:
G.R., rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE CRISTALLI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
e sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente incidentale –
contro
G.R.;
– intimata –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositato il 06/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte d’Appello di Potenza, con decreto depositato il 6 novembre 2018, ha rigettato l’opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, proposta da G.R. innanzi ad essa ed avente ad oggetto domanda di equa riparazione per la irragionevole durata di un giudizio civile svoltosi davanti al Tribunale di Matera.
La Corte d’Appello ha ritenuto congrua la liquidazione dell’indennizzo pari ad Euro 337,30, operata facendo applicazione della disposizione relativa alla misura massima di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 bis, comma 3, introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134.
G.R. ha proposto ricorso in unico motivo, notificato a mezzo pec il 7 maggio 2019, per violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, nonchè per omessa e insufficiente motivazione, avendo il provvedimento impugnato liquidato l’importo di Euro 40,00 per ciascun anno di ritardo del processo presupposto.
Resiste con controricorso notificato il 13 giugno 2019 il Ministero della Giustizia, che propone anche ricorso incidentale in unico motivo per violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso principale potesse essere dichiarato inammissibile, e che il ricorso incidentale potesse essere dichiarato inefficace, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Conformemente all’eccezione pregiudiziale sollevata dal controricorrente, deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso principale notificato da G.R. il 7 maggio 2019 avverso il decreto della Corte d’Appello di Potenza depositato il 6 novembre 2018, per mancato rispetto del termine di sei mesi dalla pubblicazione ex art. 327 c.p.c., comma 1, scaduto lunedì 6 maggio 2019.
In calce al decreto impugnato risulta infatti apposta la data relativa alla sua pubblicazione del 6 novembre 2018, con attestazione del competente cancelliere, non rilevando, ai fini dell’individuazione del termine ordinario ex art. 327 c.p.c., l’inserimento del provvedimento nel registro cronologico avvenuto il 7 novembre 2018, col numero 476/2018. Come da questa Corte già affermato, il cd. termine lungo per l’impugnazione, previsto dall’art. 327 c.p.c., decorre dalla data di pubblicazione, cui la norma espressamente si riferisce, ossia dal giorno del suo deposito ufficiale presso la cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, attestato dal cancelliere, che costituisce l’atto mediante il quale la decisione viene ad esistenza giuridica, mentre alcuna rilevanza assumono, in mancanza di tale adempimento, la data di deposito della sola minuta, perchè mero atto interno all’ufficio che avvia il procedimento di pubblicazione, o quella di inserimento del provvedimento nel registro cronologico, con l’attribuzione del relativo numero identificativo (Cass. Sez. 6 – 2, 13/07/2018, n. 18586; Cass. Sez. 6 – 2, 18/03/2019, n. 7635; Cass. Sez. 3, 23/06/2016, n. 12986).
All’inammissibilità del ricorso principale consegue che, in virtù dell’art. 334 c.p.c., comma 2, il ricorso incidentale tardivo del Ministero della Giustizia è da dichiarare inefficace.
La soccombenza va riferita alla sola parte ricorrente in via principale, restando irrilevante se sul ricorso incidentale vi sarebbe stata soccombenza del controricorrente, atteso che la decisione di inefficacia art. 334 c.p.c., comma 2, non procede all’esame dell’impugnazione incidentale e dunque l’applicazione del principio di causalità con riferimento al “decisum” evidenzia che l’instaurazione del giudizio è da addebitare soltanto alla parte ricorrente principale (Cass. Sez. 3, 20/02/2014, n. 4074; Cass. Sez. 3, 12/06/2018, n. 15220). La ricorrente principale va perciò condannato a rimborsare le spese del giudizio di cassazione in favore del controricorrente, nell’ammontare liquidato in dispositivo.
Essendo il procedimento in esame esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, dichiara inefficace il ricorso incidentale e condanna la ricorrente principale al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.200,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 1 ottobre 2019 Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2020