Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.472 del 14/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15635-2019 proposto da:

M.L., F.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERDINANDO EMILIO ABBATE;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, *****;

– intimato –

avverso il decreto n. 3079/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il 14/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

F.P. e M.L. propongono ricorso articolato in unico motivo per la cassazione del decreto reso dalla Corte d’Appello di Perugia il 14 dicembre 2018. Questo decreto, reso in sede di rinvio ex art. 383 c.p.c., ha condannato il Ministero della Giustizia all’equa riparazione in favore dei ricorrenti, pari ad Euro 2.000,00 pro capite, per la irragionevole durata di un giudizio di equa riparazione davanti alla Corte d’Appello di Roma. La Corte d’Appello di Perugia ha liquidato a titolo di compenso professionale Euro 405,00 per il giudizio di rinvio, Euro 600,00 per il giudizio di cassazione ed Euro 486,00 per l’iniziale giudizio di merito.

Il Ministero della Giustizia, intimato, non ha svolto attività difensive.

L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 2233 c.c., comma 2, nonchè del D.M. n. 55 del 2014 e del D.M. n. 37 del 2018. I ricorrenti espongono che la liquidazione delle spese processuali operata dalla Corte d’Appello di Perugia sia inferiore ai minimi dettati dalla Tabella 12 e dalla Tabella 13 del D.M. n. 55 del 2014 (indicando le singole attività e fasi ed i relativi importi tariffari).

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di consiglio.

Il motivo di ricorso è fondato.

Questa Corte ha già precisato come il procedimento per l’equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo – di cui alla L. n. 89 del 2001 – vada considerato, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti all’avvocato, quale procedimento avente natura contenziosa, con la conseguenza che, nel caso in esame, trovano applicazione la tabella 12 (per la fasi davanti alla Corte d’Appello di Perugia) e la tabella 13 (per il giudizio davanti alla Corte di cassazione) allegate al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, non modificate dal D.M. 8 marzo 2018, n. 37, entrato in vigore il 27 aprile 2018 (cfr. Cass. Sez. 6-2, 21/06/2019, n. 16770; Cass. Sez. 2, 10/04/2018, n. 8818; Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4689; Cass. Sez. 6 – 2, 14/11/2016, n. 23187; Cass. Sez. 1, 17/10/2008, n. 25352). Peraltro, è stato anche chiarito come, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014 (che detta i criteri da applicare nel regolare le spese di causa, mentre il D.M. n. 140 del 2012 regola la materia dei compensi tra professionista e cliente: Cass. Sez. 2, 17/01/2018, n. 1018), non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’art. 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione. Le liquidazioni disposte dalla Corte di Perugia in complessivi Euro 405,00 per il giudizio di rinvio, Euro 600,00 per il giudizio di cassazione ed Euro 486,00 per l’iniziale giudizio di merito, operano, invece, senza dare alcuna adeguata motivazione, una globale determinazione dei compensi, in misura notevolmente inferiore a quelli minimi di cui alla tabella 12 ed alla tabella 13 allegate al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, tenuto conto del valore della causa (da Euro 1.100,01 a Euro 5.200,00), pur applicata la riduzione massima in ragione della speciale semplicità dell’affare ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, ex art. 4, (per i giudizi innanzi alle corte d’appello: Euro 1.198,50: Euro 255,00 per la fase di studio; Euro 255,00 per la fase introduttiva; Euro 283,50 per la fase istruttoria; Euro 405,00 per la fase decisionale) (Cass. Sez. 6 – 3, 15/12/2017, n. 30286; Cass. Sez. 6 – L, 31/01/2017, n. 2386; Cass. Sez. 6 – 1, 16/09/2015, n. 18167). Ricorrendo, peraltro, l’ipotesi di assistenza e di difesa di più parti comportante l’esame di identiche questioni e posizioni, deve anche essere motivato l’eventuale diniego dell’aumento affidato al potere discrezionale del giudice dal medesimo D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 4, comma 2, come modificato dal D.M. 8 marzo 2018, n. 37.

Conseguono l’accoglimento del ricorso e la cassazione del decreto impugnato, con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia, che, in diversa composizione, sottoporrà la causa a nuovo esame, tenendo conto dei rilievi svolti, e provvederà altresì a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato nei limiti della censura accolta e rinvia alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2020

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