Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.478 del 14/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20428-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. ***** in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.E.Q.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 649/3/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CALABRIA, depositata il 13/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI RAFFAELE.

RILEVATO

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR della Calabria, di rigetto del suo ricorso avverso una sentenza della CTP di Cosenza, di accoglimento del ricorso del contribuente C.E.Q. avverso avviso di accertamento IVA, IRAP ed altro 2007;

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo motivo, l’Agenzia deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la CTR aveva aderito in modo illogico e contraddittorio alle tesi difensive del contribuente, che aveva allegato le caratteristiche stagionali dell’attività esercitata, il modesto valore dei beni strumentali ed il suo precario stato di salute per giustificare lo scostamento del suo reddito rispetto a quello ipotizzato dagli studi di settore; al contrario l’ufficio aveva rilevato che gli studi di settore, relativi all’attività svolta dal contribuente (gestione di piccolo frantoio tradizionale per attività di molitura per conto terzi) avevano già tenuto conto dell’aspetto stagionale di svolgimento dell’attività e del modesto valore dei beni strumentali, mentre il richiamo al precario stato di salute del contribuente era irrilevante, trattandosi di attività che poteva svolgersi tramite terzi;

che, con il secondo motivo, la ricorrente deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto non era stata valutata l’antieconomicità gestionale desumibile dalla modestia dei redditi dichiarati per l’anno in esame (2007) e per i tre anni precedenti; il che giustificava un accertamento anche induttivo, legittimamente presuntivo di ricavi occulti ed idoneo ad addossare sul contribuente l’onere probatorio, in quanto la situazione delineata era incompatibile con la sopravvivenza stessa dell’attività svolta dal contribuente; era stato dunque illegittimamente svalutato il valore presuntivo degli elementi emersi dagli stessi studi di settore; e, secondo la giurisprudenza di legittimità, una volta instaurato il contraddittorio con il contribuente, le presunzioni degli studi di settore acquisivano i requisiti di gravità e concordanza, tali da giustificare la pretesa impositiva, essendo la giurisprudenza di legittimità concorde nel ritenere che, una volta contestata l’antieconomicità dell’attività svolta dal contribuente, era quest’ultimo tenuto a dimostrare la liceità fiscale delle operazioni, mentre, nella specie, il contribuente si era limitato ad insistere sugli stessi elementi limitativi del reddito, già considerati dagli studi di settore, senza fornire alcuna spiegazione di come l’impresa potesse sopravvivere con una limitazione reddituale, quale quella dichiarata;

che l’intimato non si è costituito;

che i due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente, siccome strettamente correlati fra di loro, sono fondati;

che, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza sussiste solo in esito al contraddittorio che, in via obbligatoria ed indefettibile, occorre instaurare con il contribuente, a pena della nullità dell’intero procedimento;

che, nell’ambito di detto contraddittorio, grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza di condizioni tali da giustificare l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti, ai quali poter applicare gli standards ipotizzati, pur restando il giudice tributario in ogni caso libero di valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, quanto la controprova offerta dal contribuente (cfr. Cass. n. 769 del 2019);

che, nel caso in esame, la sentenza impugnata non ha applicato alla fattispecie i principi sopra enunciati;

che, invero, l’Agenzia delle entrate ha rilevato come i due principali argomenti valorizzati dalla CTR per escludere l’applicabilità degli studi di settore (il carattere stagionale dell’attività di frantoio oleario svolto dal contribuente; il modesto valore dei beni strumentali utilizzati) erano stati già tenuti presenti dall’Agenzia delle entrate negli studi di settore applicati, inoltre nessuna concreta valenza poteva essere attribuita al precario stato di salute del contribuente, trattandosi di attività produttiva che ben poteva svolgersi tramite altre persone; spettava quindi al contribuente fornire elementi idonei a paralizzare la pretesa dell’ufficio ed a superare la prova presuntiva nascente dall’accertamento standardizzato, nel quale erano stati già valutati gli elementi fattuali anzidetti;

che, pertanto, la CTR ha ritenuto inattendibile gli studi di settore sulla base di argomenti già tenuti presenti dall’ufficio nel delineare il c.d. “cluster” di riferimento, omettendo di considerare, da un lato, che il contribuente non aveva giustificato con altri elementi idonei e certi lo scostamento reddituale ipotizzato e, dall’altro, che l’ufficio aveva supportato la validità del proprio accertamento induttivo con ulteriori argomenti, quali, in particolare, l’evidente antieconomicità dell’attività imprenditoriale svolta del contribuente; ed, essendo stato regolarmente attivato nella specie il contraddittorio fra l’ufficio ed il contribuente, era quest’ultimo tenuto ad addurre elementi concreti, tali da confutare gli argomenti anzidetti e da giustificare in modo credibile lo scostamento fra gli studi di settore ed i propri effettivi introiti (cfr. Cass. n. 3415 del 2015); che la sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio alla CTR della Calabria in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Calabria in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 14 gennaio 2020

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