Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza Interlocutoria n.485 del 14/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sui ricorso 657-2018 proposto da:

G.F.P.M., G.A.L.M., quali eredi legittimi della Sig.ra D.C.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE MAZZINI 41, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO SEPIACCI, rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONINO TURTURICI;

– ricorrenti –

contro

COMUNE di MENFI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO 12, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TRAINA, rappresentato e difeso dall’avvocato LEONARDO GAGLIANO;

– controricorrente –

e contro

D.C.C.T., D.C.G., GI.AN., GI.FR., GI.GA., V.F.G., D.T.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2110/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 14/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARULLI MARCO.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti i consorti G. impugnano l’epigrafata sentenza della Corte d’Appello di Palermo – che ha confermato il rigetto della domanda a suo tempo proposta dal loro dante causa D.C.G. onde conseguire la retrocessione di taluni fondi oggetto di esproprio da parte del Comune di Menfi – e ne chiedono la cassazione con tre motivi.

2. Con il primo allegano la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo sotto il profilo della contraddittorietà della motivazione ovvero della motivazione apparente e/o perplessa di cui è stata fatta oggetto la pregressa sentenza pronunciata tra le parti dal Tribunale di Sciacca 24/1980.

3. Con il secondo deducono la violazione e falsa applicazione della L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 63, poichè, posto che i beni in questione erano stati irreversibilmente trasfonnati, l’espressione “fatta l’espropriazione”, figurante nella norma rubricata quale presupposto per far luogo alla retrocessione, non andava interpretata in senso stretto con riferimento al solo decreto di espropriazione, ma come acquisizione delle aree da espropriare al patrimonio pubblico.

4. Con il terzo motivo reiterano la censura afferente alla L. n. 2359 del 1865, art. 63, posto che la chiesta retrocessione, considerato che espropriazione ed accessione invertita siano equivalenti ai fini della retrocessione, andava disposta non solo se l’opera pubblica non fosse stata realizzata ma anche se fosse stata destinata ad una diversa finalità.

5. Al proposto ricorso resiste l’amministrazione intimata con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Ritenuta l’opportunità di rimettere l’esame del ricorso alla pubblica udienza a mente dell’art. 380-bis c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

Rimette la causa all’udienza pubblica avanti alla I Sezione civile.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 27 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 14 gennaio 2020

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