Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.50 del 07/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31002-2018 proposto da:

T.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO SASSI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONE DI ***** SEZIONE DI *****, PROCURATORE GENRALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI CAMPOBASSO;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il 06/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO MARULLI.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti si impugna l’epigrafato decreto con il quale il Tribunale di Campobasso, attinto dal ricorrente ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ha confermato il diniego di protezione internazionale ed umanitaria pronunciato nei suoi confronti dalla Commissione territoriale e se ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9, 14 e art. 27, comma 1-bis, e del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 1, lett. e) e g), artt. 3, 5, 7, 14, art. 16, comma 1, lett. b) e art. 19, nonchè dell’omesso esame di un fatto decisivo e della mancanza di motivazione per aver il decidente escluso la sussistenza delle condizioni per far luogo al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria omettendo di valutare la vicenda personale del richiedente in relazione alla situazione interna del paese di provenienza (Costa d’Avorio) e senza confrontarsi con le ragioni del ricorso; 2) della violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, nonchè dell’omesso esame di un fatto decisivo per aver il decidente escluso la sussistenza delle condizioni per far luogo al riconoscimento della protezione umanitaria senza operare alcuna valutazione comparativa ed in particolare senza valutare la vicenda personale del richiedente in relazione alla situazione interna del paese di provenienza; 3) della violazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 74, comma 2, e art. 136, comma 2, per aver il decidente disposto la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato a motivo dell’assoluta infondatezza dei motivi di ricorso, ancorchè lo stesso decidente avesse riconosciuto la gravità della situazione interna del paese di provenienza.

Non ha svolto attività difensiva l’amministrazione intimata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2 Il primo motivo di ricorso è inammissibile essendo inteso a sollecitare una rivisitazione del quadro fattuale che ha indotto il Tribunale a rigettare entrambe le domande di protezione internazionale.

In particolare il decidente, rilevato che “le motivazioni addotte dal richiedente permangono in un alveo del tutto personale e non integrano alcuno dei gradi di tutela possibile”, così come “implausibile” deve reputarsi il racconto circa il timore di essere avvelenato nel caso di rientro nel proprio paese, ha proceduto, sul filo dell’insegnamento che raccomanda, segnatamente in rapporto alla protezione sussidiaria, di contestualizzare la situazione di pericolo rappresentata dal ricorrente (Cass., Sez. I, 31/05/2018, n. 14006), ad un’approfondita ricognizione della situazione interna del paese di provenienza sulla scorta delle informazioni tratte da fonti internazionali qualificate (Amnesty International), all’esito pervenendo alla conclusione che, pur se sono sussistenti problemi di criminalità, il paese non evidenzia “episodi di guerra civile o di attuale violenza” e, più in dettaglio, “una situazione di “violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno ed internazionale” che faccia presumere che, una volta rientrato in patria il richiedente possa essere sottoposto a violenza, minaccia, trattamenti disumani e digradanti”.

A fronte dell’assunto così declinato, il motivo si astiene dal dispiegare una critica in punto di diritto riconducibile nel perimetro dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e si risolve nella vacua perorazione a rinnovare il sindacato di fatto esperito motivatamente dal decidente di merito, in tal modo esponendosi alla premessa declaratoria di inammissibilità.

3. Anche il secondo motivo di ricorso è soggetto ad analoga declaratoria.

Osservato, in breve, che il Tribunale si è indotto a negare il riconoscimento della misura della protezione umanitaria, sul presupposto che il ricorrente non presenta “alcuna malattia, essendo in età adulta, privo di legami specifici e personali con il nostro paese”, va, a confutazione del motivo, pure considerato che, non sottraendosi la materia de qua all’onere di allegazione dei fatti costitutivi, nella specie il ricorrente si è astenuto dall’indicare a proprio favore quegli elementi di fatto che, anche nell’ottica attinta dal motivo, che di ciò per l’appunto si duole, dovrebbero veicolare la pronostica valutazione comparativa sottesa al riconoscimento della misura reclamata.

Dunque, alla luce di questo giudizio, la prospettazione operata con il motivo risulta inammissibile, risolvendosi, infatti, in base ad allegazioni di principio del tutto generiche, solo in una diversa lettura e interpretazione delle risultanze di causa e delle informazioni raccolte sulla situazione socio-politico-economica del paese di origine del ricorrente.

4. Inammissibile è pure il terzo motivo di ricorso.

Il Tribunale ha proceduto alla revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato direttamente all’interno del decreto impugnato e in uno, cioè, con la decisione sul merito della controversia piuttosto che con separato decreto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2. Ciò, tuttavia, non altera il relativo regime impugnatorio, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con il decreto che definisce il merito, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 113, (Cass., Sez. III, 8/02/2018, n. 3028).

5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

6. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Ricorrono le condizioni, ove il raddoppio del contributo sia dovuto, per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2020

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