LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
T.E., rappresentata e difesa, per procura a margine del ricorso, dall’avv. Fabrizio Brochiero Magrone, e elettivamente domiciliata in Roma, via Ulpiano 29/B, presso il suo studio, con richiesta di invio delle comunicazioni relative al processo al fax 06/3724677 e all’indirizzo di p.e.c.
fabriziobrochieromagrone.ordineavvocatiroma.org;
– ricorrente –
nei confronti di M.C., elettivamente domiciliato in via Pierluigi da Palestrina 63, rappresentato e difeso, per procura speciale allegata ai controricorso, dall’avv. Mario Contaldi, unitamente agli avv.ti Claudio Pesce e Paolo Barbagelata, con richiesta di invio delle comunicazioni endoprocessuali all’indirizzo p.e.c.
paolo.barbagelata.ordineavvgenova.it e al n. di fax 010/5303872;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6/2018 della Corte di appello di Genova emessa in data 15.12.2017 e depositata in data 19.1.2018 R.G. n. 421/2017;
sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.
Giacinto Bisogni.
RILEVATO
Che:
1. Il Tribunale di Imperia, con sentenza non definitiva n. 373/2017, ha dichiarato la separazione dei coniugi M.C. e T.E. e disposto la prosecuzione del giudizio 2. La Corte di Appello di Genova ha respinto la impugnazione della sentenza non definitiva dichiarativa della separazione ritenendo smentita dallo stesso comportamento processuale della sig.ra T. la pretesa intervenuta riconciliazione e ritenendo rispettata la richiesta della stessa T. di rifissazione della udienza destinata al tentativo di conciliazione, respingendo pertanto il motivo di appello della sig.ra T. con il quale si era lamentata la mancata concessione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, richiesti all’udienza fissata per il tentativo di conciliazione.
3. Ricorre per cassazione la T. deducendo: a) la violazione e falsa applicazione dell’art. 154 c.c. Secondo la ricorrente l’intervenuta riconciliazione non costituisce un fatto impeditivo qualificabile come eccezione in senso stretto ma come una condizione dell’azione che il giudice deve verificare e rilevare d’ufficio sulla base delle deduzioni e allegazioni delle parti; b) l’omesso esame di un fatto decisivo e cioè la mancata contestazione della intervenuta conciliazione; c) l’omesso esame di un fatto decisivo e cioè le sue conclusioni per il rigetto della domanda di separazione nella memoria integrativa; d) la violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c. (nullità della sentenza di primo grado e di appello) per la mancata concessione dei termini previsti dall’art. 183; e) la violazione e falsa applicazione degli artt. 244 e 245 c.c., per apparenza e circolarità della motivazione della Corte di appello sulla irrilevanza dei mezzi di prova che invece sono del tutto rilevanti ai fini di provare la improcedibilità della domanda di separazione per intervenuta riconciliazione.
4. Si difende con controricorso M.C. che deposita altresì memoria difensiva.
RITENUTO
Che:
5. Il ricorso è inammissibile in quanto verte sulla circostanza non rilevante della contrarietà alla separazione da parte della ricorrente e contesta la decisione impugnata non condividendone la valutazione di merito asserendo una riconciliazione che risulta smentita oltre che dalla insistente richiesta del marito di pronunciare a separazione e di non essere disponibile a una riconciliazione dalla stessa posizione assunta con la comparsa di risposta in primo grado dalla T. mentre la pretesa intervenuta riconciliazione nel corso del giudizio è stata ritenuta non provata dalla Corte di appello sulla base di una motivazione non censurabile in questa sede. La prova per testi non ammessa legittimamente dalla Corte di appello perchè generica e irrilevante si riferisce a una vicenda fattuale che oltre ad essere contestata dal Mengarelli è stata ritenuta non rilevante dalla Corte di appello perchè inidonea a provare la pretesa riconciliazione che sarebbe intervenuta dopo la presentazione del ricorso e prima della udienza presidenziale di comparizione dei coniugi. La convivenza in tale periodo non attesta di per sè alcuna volontà riconciliativa prima della autorizzazione a vivere separati ed è smentita dal comportamento del Mengarelli che avrebbe potuto ritirare il ricorso mentre ha inteso proseguire nei giudizio opponendosi recisamente ad ogni richiesta di riconciliazione.
6. L’appello è inammissibile anche con riferimento ai pretesi vizi procedimentali che vengono riproposti senza scalfire minimamente le ragioni della decisione della Corte di appello che ha evidenziato come la richiesta di rifissazione della udienza destinata a un nuovo tentativo di conciliazione sia stata accolta e abbia dimostrato nuovamente l’impossibilità della riconciliazione. Nessun pregiudizio alla difesa della ricorrente è stato arrecato nel corso della fase del giudizio antecedente alla pronuncia della sentenza non definitiva dichiarativa della separazione e come tale automaticamente e implicitamente autorizzativa, nei confronti dei coniugi, a vivere separatamente.
7. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna della ricorrente alle spese processuali e la presa d’atto nel dispositivo della applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 6.100, di cui 100 per spese, oltre spese forfettarie e accessori di legge.
Dispone che in caso di pubblicazione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2020