LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
M.E.R., rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. Mario Manzi, presso il cui studio in Roma, viale Europa 98, è elettivamente domiciliata, con richiesta di ricevere le comunicazioni relative al presente procedimento al n. di fax 06/5910994 o all’indirizzo p.e.c.
mariomanzi.ordineavvocatiroma.org;
– ricorrente –
nei confronti di:
d.B.P., elettivamente domiciliato in Roma via Filippo Corridoni 23 presso l’avv. Enzo Antonucci che lo rappresenta e difende, per procura speciale in calce al controricorso, e richiede l’invio delle comunicazioni relative al presente procedimento al n. di fax 06/37892016 o all’indirizzo p.e.c.
enzoantonioantonucci.ordineavvocatiroma.org;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 327/2018 della Corte di appello di Roma emesso in data 18.1.2018 e depositato in data 1.2.2018 R.G. n. 50463/2016;
sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.
Giacinto Bisogni.
RILEVATO
CHE:
1. Il Tribunale di Roma sì è pronunciato, con decreto del 16/26 febbraio 2016, sul ricorso per la modifica delle condizioni della separazione proposto dalla sig.ra M.E.R., nei confronti di D.B.P., disponendo un assegno di mantenimento in favore della ricorrente di 850 Euro (in luogo del precedente che ammontava a 300 Euro) e in favore dei tre figli minorenni di 2.100 Euro (in luogo del precedente che ammontava a 1.200 Euro), oltre al pagamento dell’80% delle spese straordinarie.
2. Ha proposto reclamo il sig. D.B.P.. La Corte di Appello di Roma, in parziale riforma del decreto emesso dal Tribunale di Roma, ha disposto che il D.B. corrisponda a titolo di mantenimento un assegno mensile di 500 Euro in favore della Messone e un assegno di 1.500 Euro in favore dei tre figli, oltre al pagamento del 70% delle spese straordinarie.
3 Ricorre per cassazione la sig.ra M. e censura la motivazione siccome meramente apparente, perplessa e obiettivamente incomprensibile, contenente affermazioni tra loro inconciliabili e contraddittorie, in modo da non consentire l’identificazione della ratio decidendi sul punto della conoscenza da parte della moglie delle capacità economiche e del tenore di vita del marito dopo la separazione in contraddizione con la rivelazione di dette circostanze da parte del marito solo in sede di modifica delle condizioni di separazione.
4. Resiste con controricorso il sig. D.B..
RITENUTO
CHE:
5. Il ricorso è inammissibile perchè non risponde ai requisiti per l’impugnazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. civ. S.U. n. 8053 del 7 aprile 2014) e non deduce espressamente la nullità della motivazione nè la censura specificamente, ex art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 360 c.p.c., n. 4, in considerazione della affermata apparenza, perplessità e incomprensibilità o della sua intrinseca contraddittorietà. Tale rilievo non è solo formale perchè una tale censura, che la ricorrente non ha formalmente proposto, deve comunque basarsi su una specifica allegazione dei passaggi della motivazione che presentano tali vizi insanabili e deve spiegare specificamente le ragioni per cui si ritiene che essi siano tali da determinarne la nullità.
6. Al contrario il ricorso sembra non comprendere la ratio decidendi che è stata quella di dare per presupposta la conoscenza di una serie di cespiti e redditi del sig. D.B. già nel periodo precedente la omologazione della separazione e quindi di ritenere non scrutinabili tali elementi fattuali ai fini della deliberazione sulla domanda di revisione delle condizioni economiche della separazione. Laddove invece per il periodo successivo al 2013 la Corte di appello riconosce la valutabilità dei proventi rivenienti dalla disponibilità di capitali ulteriori e investiti all’estero, proventi che gli hanno effettivamente consentito, nonostante le numerose fonti di spesa cui li D.B.’ è soggetto, di effettuare rilevanti esborsi per spese voluttuarie che dimostrano l’incremento della sua condizione economica ma, conclude la Corte di appello, in misura più contenuta rispetto a quella prospettata invece dalla sig.ra M. in relazione a beni e a fonti di reddito di cui Ella non poteva non essere a conoscenza già da prima della omologazione della separazione consensuale. Coerente con tale motivazione è quindi la riduzione dell’entità dell’incremento dell’assegno di mantenimento in favore della moglie e di quello in favore dei figli.
7. Ora tale motivazione non può sicuramente definirsi apparente o perplessa o intrinsecamente contraddittoria nè soprattutto la ricorrente argomenta le ragioni per le quali la ritiene insufficiente a integrare quel minimo costituzionale che determina la soggezione o meno al sindacato del giudice di legittimità.
8. Ne deriva la inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione. Deve essere inoltre dato atto, nel dispositivo, della applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 3.100 Euro, di cui 100 per spese, oltre spese forfettarie e accessori di legge.
Dispone che in caso di pubblicazione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2020